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Anche il degrado è figlio dell’odio. Forlì, un appello alla responsabilità

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Nella ventosa notte tra lunedì 11 dicembre e martedì 12 ha fatto la sua comparsa questa scritta nel Parcheggio di Piazza Igino Lega sugli sfolgoranti pannelli murali dell’adiacente sede del Campus universitario (un bene pubblico!) a firma “anarchica”: sbirri e fascisti sicari di stato! Liberiamocene! Quanti di questi obbrobri reclami tappezzano gli angoli della città senza distinzioni tra stabili privati o pubblici, specie nel Centro Storico? Una piaga, siano essi a sfondi politici o meno, a cui nemmeno la poliziottesca “squadra anti-degrado” è riuscita a porvi un rimedio. Questa scritta però si colloca temporalmente tra due episodi indipendenti l’uno dall’altro ma ravvicinati ed in due contesti urbani attigui, con un filo logico comune: lo spettro nero.

Da un lato, la conferenza Alle porte di Damasco di martedì 5 dicembre organizzata dal laboratorio studentesco Nucleo Universitario presso l’aula 1 del Campus di Forlì in Viale Corridoni con il giornalista e fotoreporter di guerra Sebastiano Caputo, la quale ha visto il dispiegamento imponente delle Forze dell’Ordine all’interno ed all’esterno degli spazi accademici giacché considerato preventivamente un evento “sensibile” dal punto di vista della sicurezza dei partecipanti, studenti e cittadini, dal momento che il 9 ottobre scorso si era verificata l’occupazione della facoltà di giurisprudenza a Bologna per le medesime ragioni da parte di sedicenti libertari; dall’altro, gli incresciosi episodi di Piazzetta della Misura di venerdì 8 dicembre che hanno visto fronteggiarsi davanti ad una raccolta firme del dipartimento femminile di Forza Nuova “Evita Peron” (piantonata dal servizio d’ordine delle Forze dell’Ordine come previsto dalla prassi con la Questura) i rinforzi di quest’ultimi e antifascisti di ogni estrazione “progressista” in un luogo sensibile per il tradizionale commercio natalizio cittadino.

A cui si congiunge il capitolo postumo, ovvero la manifestazione indetta dalla Cgil nella serata di lunedì 11 dicembre. Tanti i “perché” su una tacita e dibattuta autorizzazione dagli organi competenti al banchetto nel giorno dell’Immacolata la quale ha scatenato – a mio avviso – il tipico rimpallo delle responsabilità. Ritengo, pertanto, che si sarebbe potuto valutare, in ogni caso, la “transitabilità” della ristretta area demaniale tra Piazzetta e Via Mameli ed apporre l’eventuale diniego con modifica del luogo e dell’orario considerato l’alto rischio del presidio per motivi di ordine pubblico. Ed arrivo al punto. L’intero circolo mediatico di “sistema” ha riaperto la stagione della demonizzazione del “nemico” e sta usufruendo dell’oramai spogliato termine di “fascista” o del neo costrutto “onda nera” per rievocare un odierno fenomeno solo nominale, irripetibile alle parimenti condizioni storiche e antropologiche, “archeologico” – per dirla alla Pasolini – ; per liquidare chi, entro il circuito della legalità sia esso di destra o di sinistra, non si omologa al pensiero unico dominante di orwelliana memoria ed in ultimo, ma non ultimo, per spostare l’attenzione dai fallimenti sulle grandi discussioni pubbliche che riguardano ognuno di noi senza settarismi.

Viene inasprita la dialettica ed esacerbata la collisione tra le parti secondo una logica puramente interclassista attingendo la “forza-scontro” in ogni rivolo della società: dall’Università sino alla fabbrica. Indubbiamente anche la nostra Forlì ed il nostro comprensorio non sono immuni all’impetuoso fluire di questa benzina. Il dilemma maggiore è dipeso da chi detiene finanche i fiammiferi e negli ultimi giorni, di questi, ne ha accesi abbastanza. Tra prese per i baveri, minacce verbali e fisiche, provocazioni di ogni genere, l’ambiente è saturo di istinti animaleschi e taluni si ritengono perfino “soddisfatti”.

E se questa emotiva e personalissima “soddisfazione” avesse come esito conclusivo l’emanazione di regolamenti censori e liberticidi, ambiguamente in contrasto anche per via giurisprudenziale da quanto sancito dalla Legge Fondamentale della Repubblica Italiana all’art 21? E se questi potenziali provvedimenti discriminatori si ritorcessero nei confronti dei legislatori, taluni griderebbero poi alla loro libertà di espressione? Ho sempre saputo che sono i crimini a dover essere prevenuti e puniti, non le idee. Ciononostante, in questi tempi cupi, devo esser franco ed il dubbio mi è sorto. Allora Forlì, per favore, diamoci una calmata. È un accorato appello che rivolgo a tutti indistintamente dall’origine politico-culturale e dal ceto sociale, in particolar modo a coloro che ricoprono incarichi amministrativi e ruoli di rappresentanza. Torniamo a parlare responsabilmente dei reali problemi che affliggono la nostra Comunità umana, patrimonio sì, e di tutti.

Cristian D’Aiello