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Incorruptio, la mostra di Cristian Casadei al castello di Mesola
Grazie alla decisione del Comune di Mesola di prolungare l’apertura fino al 17 dicembre, ci saranno altre due settimane per visitare la mostra dell’artista forlivese Cristian Casadei allestita nelle sale del Castello della località ferrarese. Incorruptio, questo il titolo del percorso espositivo, concentra riflessioni ed emozioni sul tema della incorruttibilità – della materia e oltre la materia – ponendosi come nuova tappa nel percorso dell’autore.
Insegnante al Liceo Canova, con docenze all’Accademia di Bologna nel curriculum, pittore, scenografo, perito d’expertise, membro di prestigiosi sodalizi, critico e responsabile di collezioni e musei: con questo “bis”, il Maestro suggella un anno ricco di soddisfazioni raccolte a livello nazionale, dalla Romagna all’Emilia (oltre all’esperienza ferrarese va ricordato il suo contributo alla valorizzazione del Museo d’arte sacra di Fiumalbo), fino a Roma dove ha partecipato a una mostra sui ritratti dei Papi.
Stando al calendario, Incorruptio avrebbe dovuto concludersi a ottobre ma viste le richieste di proroga da parte di appassionati e mondo scolastico la direzione del Castello ha deciso di andare avanti fino alle porte del Natale. Al centro dell’azione creativa che ha visto nascere i pezzi in esposizione, Casadei ho posto lo studio del particolare anatomico, l’approfondimento della conoscenza dei tessuti, degli apparati cellulari degli organi umani. Un tema sviluppato tra riproduzione e interpretazione, sempre con rigore rispetto al dato di realtà, che prosegue lungo la strada aperta nel 2013 con la mostra curata da Marilena Pasquali nella chiesa di Santa Cristina a Cesena.
In quell’occasione, Cristian Casadei si era misurato con la corruzione della materialità del corpo. A provocarla erano le ferite inferte alle carni da aghi e stiletti d’oro, lancinanti, che penetravano e oltrepassavano epiteli e muscoli, come in un martirio. Ora, nell’allestimento al Castello di Mesola, la prova della vulnerabilità e del dolore sembra superata. Le nuove icone vanno dal bianco e nero che immortala singoli elementi del corpo fino alla sublimazione nel colore che alimenta il movimento e la vita, per raggiungere un ultimo grado, superiore, che attraverso lo studio sull’occhio punta a dialogare con l’anima dell’uomo e dell’ambiente, superando i confini tra forme degli organi e paesaggio. Dalle linee delle palpebre ai paesaggi delle valli ferraresi il passaggio e’ delicatissimo ed emozionante. Io, almeno, l’ho letta così.
Certo è che il percorso, per dichiarazione dello stesso autore, non ha una sentenza di lettura ma si presta, come la grande arte, all’interpretazione di chi si pone in dialogo con essa. Apprezzata dal pubblico e dalla critica, la mostra è accompagnata da un elegante catalogo con presentazione curata dal professor Roberto Balzani. Una bella mostra, in un luogo magnifico: Mesola, col castello che assurge al rango di “delizia estense”, il bosco, le valli. Da non perdere.
Mario Proli