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La savarnata

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In dialetto, “savarneda” – che nel linguaggio dei ‘boomer’ romagnoli è stato italianizzato in “savarnata” – significa cannonata. Lo utilizzavamo negli anni Ottanta per definire le punizioni alla Di Bartolomei, bandiera della Roma e poi mitico capitano del Cesena, o come quelle del brasiliano Eder. Pur non conoscendo l’etimologia della parola, per assonanza l’ho sempre associata a qualcosa avvenuto nel paese di Savarna, vicino a Ravenna. E in queste ore la tromba d’aria con grandinata che ha devastato anche Savarna ha dato forma meteorologica a quella parola meticcia. A Savarna, Alfonsine come in altre località della nostra terra (peraltro già funestate dall’alluvione); ma pure in aree dell’Italia e dell’Europa, dal Tirolo alla Grecia.

La furia degli elementi continua a imperversare a queste latitudini come mai è avvenuto, effetto del cambiamento climatico in atto. Un cambiamento che è innegabile e del quale siamo corresponsabili oltre che vittime. Eventi eccezionali si ripetono, perdendo così il rango dell’eccezionalità, e continuano a coglierci impreparati, nella prevenzione come nella gestione di emergenze ricorrenti.

Negli ultimi 10 anni circa, solo nell’arco di 50 chilometri da Forlì, abbiamo avuto gelicidi, nevicate oltre il metro e mezzo di coltre, varie siccità, tempeste di vento, trombe d’aria, alluvioni (nella lughese tre in 6 anni!), eventi franosi e, come ha detto qualcuno, anche inedite invasioni di insetti. Il clima manda segnali che non sono più avvertimenti. E allora? Allora bisogna reagire pensando che siamo nell’ora delle responsabilità, individuali e collettive. Come ci ricorda l’epigrafe sepolcrale della Rocchetta Mattei, l’universo andrà avanti lo stesso, secondo coordinate e dimensioni che ci sfuggono.

Per vedere stelle lontanissime, ricorda la scritta, ci vogliono lenti giuste, tempi giusti e consapevolezze appropriate della precarietà umana. Nella scritta c’e’ speranza come speranza emerge anche delle cronache sportive che raccontano di come anche la più forte savarnata può essere respinta e sventata da un portiere preparato o da un difensore che non permette di tirare.

Mario Proli