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Di un fiume, un mulino e anse tagliate

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Tra i mille guai causati dall’alluvione del 16 maggio figura anche una doppia frana che ha sfarinato la sponda destra del fiume Rabbi, nell’ansa di Donegaglia, poco prima di Predappio. Cosa rilevante ma, ovviamente, di minor conto rispetto ai lutti e agli sfracelli avvenuti in altre zone della Romagna. Comunque: oggi, durante un sopralluogo per la conta dei danni, è emerso che la furia delle acque ha riesumato un antico tratto della paratia, in pietra, del canale che portava l’acqua al Molino Tomba. Il mulino della Trivella.

Secoli fa era appartenuto ai Marchesi Albicini, gli stessi che nel ‘700 costruirono l’imponente Villa Pandolfa. Poi fu dei Lombardi e quindi di Benito Mambelli. Il Molino della Trivella era tutto al piano terra perchè piuttosto che in altezza concentrava l’attenzione all’interno, lungo il salto in profondità dell’acqua che azionava la ruota e le macine. Aveva un tetto in coppi rossicci, bellissimo e grande quasi come come un campo da tennis. Prima di diventare l’eterno cantiere attuale, quando vi abitavano ancora i Mambelli (i nonni del mitico Gaddo), le macine non funzionavano più ma nella stagione estiva la corte esterna si riempiva di camomilla posta ad essiccare.

Sotto il sole, i petali bianchi svanivano, il giallo brillante virava in ocra e tutto intorno trionfava un profumo intenso. Del Molino oggi non resta praticamente nulla, come del canale che portava l’acqua, ad eccezione di questo tratto di parete che l’alluvione ha rianimato, svelandone la forma malconcia sopravvissuta sotto una coltre di vegetazione, terra e sostegni. Pur nella preoccupazione per la frana, molto vicina alla Molinaccia – la casa colonica dei nonni Lombardi e della zia Tina – la scoperta del relitto ha suscitato emozione.

Pensare alla vita delle generazioni remote e delle loro lotte per sopravvivere in queste terre difficili; alla fatica del lavoro nei campi e nelle stalle, sotto padrone; all’ingegno col quale furono costruiti, pietra su pietra, strumenti innovativi come un’opera idraulica che trasformava i grani in farina e aiutava a sfornare il “pane quotidiano”.

Seguendo verso monte il corso del Rabbi e avendo a mente le mappe catastali (dove il passaggio è ancora segnato), si vede che il canale captava l’acqua proprio sotto “Dungaia” perchè l’ansa del fiume aveva un arco molto più ampio rispetto a oggi e la corrente arrivava dritta all’imbocco. Poi e’ stata realizzata la “Curva del Bersagliere” che ha dimezzato l’ansa e cambiato il letto del fiume. Anche poco più a monte, all’altezza del Taglio del Fiume (il nome già dice tutto) con la modernità è stata “tagliata” un’altra ansa, in questo caso ancora più grande. Quante cose possono accadere durante un sopralluogo. Si parte con l’intento di verificare il dissesto, ci si imbatte nella storia di un vecchio Molino e si rimane con una domanda: ma quante anse sono state tagliate nei nostri fiumi?

Mario Proli