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Crisi di governo “Whatever it takes”

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L’analisi della situazione politica italiana attuale dopo l’uscita dalla maggioranza dei 5stelle offre scenari interessanti ma in parte scontati. Il primo è che l’unica ad uscirne vincente sarà Giorgia Meloni. Nel caso in cui Mario Draghi, che si è dimesso senza essere sfiduciato in Parlamento, ottenesse nuovamente la fiducia, i partiti restanti si troverebbero di fronte a nodi diversi da sciogliere. La Lega e i Berluscones col Draghi bis si ritroverebbero poi tra pochi mesi a fare campagna elettorale alleati con Fratelli d’Italia che però risulterebbe, agli occhi dell’elettorato, la sola formazione credibile nel proporre discontinuità ed un’alternativa politica, mentre Salvini e “Silvio Tutankhamon” se lo facessero risulterebbero oggettivamente ridicoli.

Il Centro sosterrà Draghi la cui presenza garantirà loro la poltrona fino a fine mandato, trattandosi di formazioni politiche nate a mandato in corso e non abituate a presentarsi prima agli elettori e che oggi si fanno chiamare centro. Il PD di Enrico Letta votando la fiducia si ritroverebbe in un governo a trazione centrodestra con le relative riforme da dover sostenere. Sarà dura poi far ingoiare al proprio elettorato provvedimenti dal sapore di rospo. Leu si troverà tra l’incudine di affiancare i cugini del PD nel sostegno a Draghi e il martello di dover scegliere poi tra pochi mesi tra i 5stelle ed il campo largo di Letta, il tutto senza passare per opportunista.

La Meloni non voterà la fiducia se non sotto l’effetto di allucinogeni, continuerà quindi ad abbaiare alla luna crogiolandosi al sole dei suoi consensi. I 5stelle all’opposizione ritroverebbero un po’ di quei consensi da parte di chi non ha gradito l’entrata nel governo Draghi e il conseguente smantellamento parziale delle riforme fatte nei due precedenti esecutivi contiani. Peggio di come andava al governo, all’opposizione non potrà andare. Nel caso in cui fosse invece Draghi a confermare le dimissioni nonostante abbia ancora la maggioranza e non certo risicata, sarebbe lui il responsabile della caduta del governo. Infantile il migliore che se ne va “Whatever it takes” perché non ha la maggioranza bulgara e che si accorge solo ora come sia difficile fare politica e mediare tra partiti ed interessi politici diversi. Ma Draghi accettò l’incarico solo in prospettiva di fare poi il capo dello Stato, il famoso spirito di servizio dei migliori.

Se invece fosse qualche partito a far mancare la fiducia determinando la caduta del governo si ritroverebbe poi costretto a motivare le ragioni dell’aver mandato a casa il “Re Sole Mario”, proprio ora che erano finalmente usciti dall’esecutivo i peggiori della galassia. Va primariamente detto che dopo Draghi non ci sarà nessuno in grado di ottenere la fiducia da partiti così disomogenei, se non prospettando l’intento di vivacchiare fino alla primavera, ma questo credo il Presidente Mattarella non lo accetterebbe mai. I parlamentari con la riduzione delle prossime poltrone di un terzo invece sì. Con le elezioni anticipate la Meloni raccoglierebbe pienamente i frutti della sua opposizione a la carte.

Le basse percentuali di consensi dei 5stelle potrebbero solo migliorare anche se di poco, grazie ad una campagna elettorale con mani libere e forse grazie anche all’aiuto di quel genio di Letta. I pentastellati potrebbero rimarcare l’uscita dal governo e argomentare lo strappo con motivi discutibili ma elettoralmente forti: bonus, salario minimo, temi sociali ma anche maggiore credibilità nella transizione ecologica. A proposito dell’obbiettivo di governo fissato da “super Mario” alla voce transizione ecologica, è indubbio che inserire l’inceneritore in un decreto aiuti per umiliare i 5stelle e costringerli a votare “il loro anticristo” con le conseguenze elettorali che sarebbero seguite in materia di consensi, è stata l’ennesima miopia politica.

Bastava lasciarli al governo senza obbligarli a ripudiare sé stessi a garantire la continua perdita di consensi e la possibilità di rinfacciare loro comunque contraddizioni politiche emerse durante il governo. Poi costruire un inceneritore, che sarà pronto tra anni, per risolvere il problema romano attuale dei rifiuti, conferma quanto la politica ambientalista del PD sia inadeguata e finta e quanto Draghi volesse umiliare i pentastellati. Come risuscitare un po’ un movimento moribondo! Con le elezioni sia la Lega che Forza Italia si ritroverebbero a condurre una campagna elettorale surreale dominata dal verbo di Giorgia Meloni. Rilegati al ruolo di gregari contribuirebbero involontariamente al continuo travaso dei loro voti. E dopo aver vinto le elezioni dovrebbero lasciare a Fratelli d’Italia i ministeri più importanti.

Capitolo Centro: gli ectoplasmi che riusciranno ad oltrepassare la soglia di sbarramento del 4% si accaserebbero dove li porta il cuore e cioè dove più converrebbe, resterebbe comunque difficile in campagna elettorale offrire all’elettorato cosciente una proposta politica credibile, soprattutto ora che il messia Draghi non è più disponibile e Gesù non è disponibile a scendere dalla croce. Ma in cambio di sostegno parlamentare un piatto caldo ed una seggiola i “centristi all’amatriciana” la troveranno senz’altro.

Il PD ha una grossa gatta da pelare, persa l’alleanza pentastellata dopo lo strappo governativo di Conte non potrebbe far altro che perseguire l’ideona lettiana del famoso campo largo o “alla valenciana” quello cioè che prevede carne, pesce, verdura e volta gabbana. Presentarsi agli elettori con un progetto politico credibile come questo è un ossimoro: Calenda, Renzi e Bonino tutti entrati con il PD in Parlamento e subito dopo, a poltrona acquisita, usciti. Con Toti e le sue frattaglie di centrodestra risulterebbe numericamente inutile. Ci sarebbe la carta “Faccia di pongo Di Maio”, sempre che la sua formazione politica raggiunga il 4% dei consensi. Il “Campo alla valenciana” dunque non farebbe altro che spingere un po’ dell’elettorato di sinistra nelle braccia di Conte, di Leu e nell’astensione da vomito. Ma il PD ama l’autolesionismo e coinvolgere politicamente chi ha fatto dell’inaffidabilità il suo marchio di fabbrica è masochismo, ma ognuno ha le sue perversioni e ogni partito il suo segretario.

Giorgio Venturi