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Elezioni 2018. Chi ha vinto chi perso e chi pareggiato

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I risultati delle elezioni politiche, sebbene frutto di una legge elettorale che non garantisce governabilità certa, parlano chiaro: i pentastellati che 5 anni fa avevano sorprendentemente ottenuto il 25% dei consensi catapultando il Movimento tra i protagonisti della politica italiana, oggi dopo quella legislatura all’opposizione, sono riusciti ad aumentare ulteriormente i consensi di 7 punti. Quanto sia colpa degli altri, e quanto merito loro, lasciamolo alle valutazione personali di ognuno di noi ma questi numeri dovrebbero essere valutati con onestà intellettuale.

Di rimpetto a questo risultato storico abbiamo quello del Pd a trazione renziana che invece crolla sotto il 20%. Così basso nessuno se lo sarebbe aspettato e se pensiamo che all’arrivo nella stanza dei bottoni, Renzi aveva l’Italia ai suoi piedi, questa débâcle è oggettivamente tutta sua. Sorprendente pure la vittoria interna nel centrodestra da parte della Lega su Forza Italia che nei sondaggi era stata data sempre in avanti. Molti pensarono che di fronte ad un “cadavere politico” come Berlusconi sarebbe stato sufficiente dimostrare che la salma fosse ancora calda per poter almeno primeggiare sul Carroccio. Matteo Salvini sorpassa quindi lo “smandibolatore tonante” che tra amnesie fiscali e promesse in lire, conferma il proprio tramonto politico, in maniera però davvero umiliante.

Nella battaglia per ottenere la leadership c’è stato spazio pure per il “porta un amica”; ed ecco che Giorgia Meloni, da sempre sottomessa ad un ruolo politico passivo, si è fatta succhiare voti dalla Lega riducendo ulteriormente il peso di una destra italiana che in realtà non esiste più da decenni. Comparsa eri comparsa sarai, ma ai fallimenti dovrebbero seguire decisioni conseguenti. Il partito degli ex Pd, Liberi e Uguali è stato sconfitto malamente ma senza certamente sorprese. Un partito che prima delle elezioni afferma che ne farà un altro subito dopo è un partito di bolliti. Ma attenzione, non stracotti, visto che i big si sono posizionati capilista nei seggi giusti a garanzia di poter sedere con buone probabilità in parlamento, alla ‘facciaccia’ del 50% di quei giovani politici candidati per mostrare il finto rinnovamento.

Già candidare leader “Nonno Grasso” nonostante la presenza nel partito di quarantenni, era già un messaggio chiaro, ma solo per chi con la falce non si è ancora tagliato le palle e col martello menato in testa. Un paio di considerazione sono doverose per la lista di “Emma Poltronesofà Bonino” che non sfonda il 3%. Evidentemente la credibilità di una professionista della politica entrata in parlamento nel 1976, dopo 7 mandati oltre ai 3 in Europa, non ha convinto quasi nessuno. “Dopo 50 anni in politica non debbo dimostrare di esistere” dichiarava Emma per giustificare la mancata raccolta delle firme. Nel gioco del Monopoli saresti costretta ad andare a casa ma “senza passare dal via” invece siederà in parlamento. Ma vediamo cosa è successo negli “scontri diretti”: A Bologna Pierferdinando Casini ha battuto Vasco Errani, parte dei bolognesi ha quindi scelto di turarsi il naso spalancando le porte però al centrodestra.

Luigi Di Maio ha asfaltato nel suo collegio “l’insultatore seriale” in cerca esclusivamente di un posto da Ministro. È vero però che Sgarbi, l’intellettuale degli ovini, in un paese normale non verrebbe candidato nemmeno capoclasse all’Istituto tecnico professionale tornitori non vedenti. “Meno male che Silvio c’è! “Boschi Uber Alles” salva la poltrona grazie al “Partito popolare sudtirolese”, da sempre un partito di “bocca buona” pur di salvare il proprio piatto di canederli. “Fuoritempomassimo D’Alema” non pervenuto cosi come, Grasso, Boldrini e Bersani i quali adesso, dovrebbero prenderne atto dei risultati elettorali e scomparire in modo originale, non più in Africa come Veltroni ma in Asia.

Battuti nei propri collegi pure Franceschini e Minniti così pure Orfini che arriva terzo. Due parole anche per quelle che possiamo definire “le ultra destre”, rappresentate da Forza Nuova, Casapound e Italia agli italiani, le quali non sono riuscite nemmeno a raccogliere elettoralmente le “frangole” (briciole in romagnolo), dimostrando che le soluzioni agli enormi problemi del paese non passano certo dai saluti romani, il razzismo e la xenofobia. Rimandati quindi in storia moderna. Infine una breve considerazione su cosa sarebbe successo in un qualsiasi paese occidentale, ai protagonisti di sconfitte politiche così rilevanti. Beh è molto ma molto semplice: “gli asfaltati” si sarebbero dimessi lasciando l’incarico della ricostruzione politica ad altri.

Chi perde clamorosamente, dopo aver avuto la propria occasione, se ne va lasciando spazio al rinnovamento. Quindi non solo Matteo Renzi, che ha appena annunciato le sue dimissioni da segretario del Pd, ma anche “Silvio Tutankhamon Berlusconi” dovrebbe lasciare il passo da capo politico, così come la patriota “de noantri” Meloni e “Valium Grasso”, per non parlare dei leader di “partitucoli usa e getta” raccoglienti micro risultati raschiando un barile vuoto pur di poggiare su una poltrona un culo ormai senza riga: Bonino e Lorenzin, Cesa e Fitto, Nencini e Bonelli, Lupi e Formigoni per fare qualche nome. Beh ex ragazzi, all’Ipermercato cercano 3 cassieri part time, un pizzaiolo nel reparto gastronomia, 2 addetti alle pulizie e 4 parcheggiatori ma per favore, non pretendete un contratto a tempo indeterminato.