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L’inquieto viale del tramonto di Lauro Biondi

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Prima o poi, anche i politici imboccano il viale del tramonto perché alla fine della loro carriera, magari in evidente declino per l’inefficacia o l’inattualità del loro ruolo, della loro proposta politica. Certo, può pure accadere che cada in disgrazia e sia sollecitato a levarsi di torno un politico giovane, però solitamente il viale del tramonto più inquieto, triste, persino inglorioso è, perlopiù, quello di quanti invecchiati in anni e anni di politica attiva, sempre sul pezzo, e protagonisti sotto le luci della ribalta, non riescono affatto a rassegnarsi all’idea di levare il disturbo e lasciare spazio a nuove leve. In quest’ultimo caso si assiste a storie personali deludenti, addirittura patetiche.

È un po’ la vicenda di Lauro Biondi, dagli anni Novanta mattatore della politica forlivese nelle fila di Forza Italia, sicuramente con tanto impegno, attenzione e, all’occorrenza animosità, ma ora caduto ciecamente nel tombino di un comportamento contradditorio, pure sconcertante che incrina la sua intelligenza, la sua simpatia, spesso arguta e colorita. Che delusione: una vita, una lunga militanza propositiva e, se necessario, critica nel partito berlusconiano e zac, all’improvviso un taglio netto con i forzisti ed un veloce cambio di casacca, passando alla Lega, ormai a Forlì come altrove, in evidente affanno e aggrappata alla salvezza delle greche di un generale al contrario; una Lega, di conseguenza disponibile refugium peccatorum di grossolani politici locali errabondi, muniti di un presunto panierino di votucci, utili a conquistare una cadreghina da consigliere o, magari da assessore comunale, dopo essere scappati di casa, come appunto Lauro Biondi.

Quali i motivi di tanta decisione che, comunque, segna un malinconico viale del tramonto? Innanzitutto, una certa conflittualità tra lo stesso Biondi, forse sentitosi relegato al modesto ruolo di peone, bracciante del campo berlusconiano, e Rosaria Tassinari, anch’essa di Forza Italia, già assessore a Forlì dal 2019 al 2022, poi parlamentare, dunque coordinatrice emiliano-romagnola del partito e adesso in corsa per il parlamento europeo, insomma una bulimica asso piglia tutto: come non comprendere l’orgoglio ferito di Lauro Biondi, impavido ardito berlusconiano della prim’ora, ora ridotto a voce inascoltata con la sola risposta della sua eco? Ecco, allora che spunta il risentimento, l’indispettito sentimento di rivalsa dinanzi a tanto affronto, tipo “adesso lo faccio vedere io chi è Lauro Biondi”, nemmeno fosse un irriducibile fante giapponese mai arresosi alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Eppure, una rivalsa al vento, inutile perché molto è cambiato in Forza Italia e il nostro protagonista ha fatto il suo tempo, non è più politicamente significativo: allora subentra il dispetto di volgere le spalle, mettere le corna all’antico, amato, ma ingrato partito, quindi lanciarsi con spudorata giravolta in volo carpiato tra le braccia leghiste. D’altro canto, Lauro Biondi è stato ape mellifera assai incauta perché indecisa se lasciar correre o posarsi su un fiore qualunque oppure scegliere quello che gli assicurasse il nettare migliore: nel febbraio scorso pareva intenzionato a non candidarsi più per Forza Italia; poi, a fine aprile riproponeva la sua candidatura nello stesso partito, quando quest’ultimo già aveva definito le sue candidature al Comune di Forlì, originandosi così tra i due uno strascico di vane polemiche; infine, il salto della quaglia ovvero l’improvviso trasferimento alla Lega per diventarne candidato alle prossime elezioni comunali forlivesi.

Il forlivese della strada si chiede cosa sia sotteso a questo salto della quaglia, avvenuto senza minimamente badare la diversa connotazione politica tra Forza Italia e la Lega: Lauro Biondi leghista convinto o piuttosto ad essa prossimo per interessi particolari, quindi solo legaiolo? Sicuramente, il triste canto di un cigno che delude, avvilisce la politica locale. Credo che Lauro Biondi dovesse presagire e comprendere il suo inevitabile tramonto di combattente politico a lungo tenace e fedele: il fatto, invece, del suo cambio di casacca per sopravvivere solo temporaneamente nell’agone della politica mi richiama le parole di Paulo Coelho “Quando il guerriero non si sente felice davanti al tramonto, allora in lui c’è qualcosa di sbagliato”.

Franco D’Emilio