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La Romagna infiltrata

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Ultimo aggiornamento:

La notizia uscita ieri sui quotidiani nazionali riguardo all’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico e sociale romagnolo è un fatto molto grave che però, potrebbe aggiungersi a quelli del passato senza destare l’auspicabile preoccupazione nell’opinione pubblica. Un’inchiesta del pubblico ministero Marco Forte della Dda di Bologna ha portato all’esecuzione di misure cautelari a carico di 23 persone ritenute affiliate o contigue alle ‘ndrine dei Piromalli di Gioia Tauro e ai Mancuso di Limbardi. L’indagine è partita dalla segnalazione del sindaco Pd di Cesenatico, Matteo Gozzoli riguardo vari investimenti anomali nel campo della ristorazione. I reati contestati ai 34 indagati sono associazione a delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, bancarotta fraudolenta, usura, lesioni personali e minacce. Tutto ruota attorno ad una serie di investimenti illeciti, soprattutto nelle province di Ravenna e Forlì Cesena che hanno riguardato nel tempo negozi, bar e società nel campo dell’edilizia, della ristorazione e dell’industria dolciaria. In totale sono stati sequestrati circa 30 milioni di euro.

Non so quanto la gravità di questi fatti siano davvero compresi dalla comunità romagnola e non continuino invece ad essere percepiti solo come qualcosa di marginale. Qualcosa che riguarda qualche attività commerciale e che quindi l’inquinamento criminale del territorio romagnolo sia di fatto di poco rilievo. A porre una costante lente d’ingrandimento sul problema criminalità organizzata nel nostro territorio esiste però da anni un’organizzazione no profit che segue i processi e i misfatti della mafia nella nostra regione. Una peculiare attività informativa offerta alla comunità anche attraverso incontri e dibattiti pubblici. Sulla relativa pagina Facebook l’avvocato ed ideatore del GAP – Gruppo Antimafia Pio La Torre, Patrick Francesco Wild riguardo alla suddetta inchiesta ha espresso una riflessione che ci dovrebbe far riflettere:

Quando circa 15 anni fa iniziammo ad occuparci di legalità ed antimafia, prima a Bologna e poi nella provincia di Rimini, fondando il GAP – Gruppo Antimafia Pio La Torre, avemmo da subito a che fare con un numero considerevole di amministratori locali e pubblici, di varia estrazione politica. C’era però un minimo comune denominatore, all’epoca: la minimizzazione della presenza mafiosa sul proprio territorio (faceva danni al turismo, siamo un’isola felice e via dicendo… potrei raccontarne a fiumi, e sto parlando di diversi anni prima del processo Aemilia, per intenderci). Si minimizzava e si stigmatizzava l’attività di denuncia di questo fenomeno, oltre che di chi ne parlava pubblicamente”.

La sottovalutazione delle infiltrazioni mafiose da parte della politica “nordista” è un problema di stretta attualità se pensiamo alle aste delle concessioni balneari che si terranno i prossimi anni. Le concessioni demaniali delle spiagge potrebbero essere invece un’occasione per la criminalità organizzata di investire, come loro consuetudine ormai da decenni, in territori ricchi. E la Romagna lo è. Senza protocolli antimafia adeguati potrebbero infiltrarsi prestanomi dei clan rendendo poi di fatto i profitti degli stabilimenti balneari candidi come le piume di una colomba. Bingo. Chi invece tra i politici continua a paventare il pericolo vittoria delle aste da parte delle multinazionali sta vaneggiando. Basta una regolamentazione che vieti l’accumulo di concessioni ad impedirlo, ma soprattutto ricordarsi che la riviera romagnola non è più così appetibile nel soddisfare investimenti multi milionari ormai da 40 anni. I veri concorrenti dei bagnini, lo sa anche il mio gatto, saranno gli albergatori, perché è strategico e funzionale per loro l’accorpamento spiaggia-hotel, binomio fondamentale per un’offerta turistica del tutto compreso.

Sarà quindi opportuno regolare i dettami della legge Bolkestein in maniera che non ci siano infiltrazioni mafiose sperando che le parole alla Camera pronunciate dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni vengano tradotte adeguatamente a difesa dell’inquinamento della criminalità organizzata del tessuto economico balneare italiano:
Affronteremo il problema partendo da una strutturale semplificazione e deregolamentazione dei procedimenti amministrativi per dare stimolo all’economia, alla crescita e agli investimenti. Anche perché tutti sappiamo quanto l’eccesso normativo, burocratico e regolamentare aumenti esponenzialmente il rischio di irregolarità, contenziosi e corruzione, un male che abbiamo il dovere di estirpare. Abbiamo bisogno di meno regole, ma chiare per tutti.”

Meno burocrazia può significare anche meno controlli negli appalti e in questo caso nelle concessioni demaniali. In passato, solo per citare due esempi, i protocolli di controllo antimafia, anch’essi facenti parte della burocrazia, fecero scoprire infiltrazioni mafiose nella ricostruzione del ponte di Genova e all’Espo di Milano.
La foto in copertina inerente i rapporti mafioso criminali tra Riviera romagnola, San Marino e Campania è frutto di un passato lavoro del GAP – Gruppo Antimafia Pio La Torre.

Giorgio Venturi