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Il Santo, gli emigrati e due forlivesi

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Ultimo aggiornamento:

Oggi la Chiesa Cattolica proclama santo Giovanni Battista Scalabrini (Fino Mornasco 1839-Piacenza 1905), vescovo di Piacenza, fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo e della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo. Principe della Carità, Apostolo dei Migranti, Apostolo del Catechismo, Vescovo Missionario, con questi appellativi viene ricordato Giovanni Battista Scalabrini che con i suoi “Scalabriniani” si distinse nell’ apostolato e nell’ assistenza ai nostri migranti. Tutto questo sin dall’inizio della migrazione “biblica” che dopo l’Unità d’Italia portò milioni di italiani alla ricerca di un futuro migliore all’estero, anche in paesi lontani come gli USA e il Sudamerica.

C’è però un legame che unisce questo nuovo santo a Forlì, in particolare con due personalità forlivesi che tra la fine dell’ Ottocento e i primi decenni del secolo successivo furono attivi nel sostegno ai nostri migranti.
La prima, più nota, è madre Clelia Merloni (Forlì 1861-Roma 1930 nell’immagine in alto), proclamata beata dalla Chiesa nel 2018, fondatrice delle Suore del Sacro Cuore di Gesù che entrò in relazione con monsignor Scalabrini in un momento cruciale per lo sviluppo della sua opera. Fu proprio il vescovo piacentino che il 10 giugno 1900 approvò le Costituzioni della nuova congregazione, con le finalità di garantire il servizio ai migranti e propagare il culto al Sacro Cuore di Gesù. Così nel duomo di Piacenza, il 12 giugno, venne celebrata la prima professione di nove suore, compresa madre Clelia. Un paio di mesi dopo le prime suore partivano in missione per il Brasile mentre nel 1902 altre Apostole raggiunsero Boston, a supporto dei Missionari di San Carlo che reggevano la parrocchia del Sacro Cuore. Oggi le figlie spirituali di Madre Clelia sono presenti, oltre che in Italia, in Svizzera, Irlanda, Portogallo, Brasile, Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay, Stati Uniti, Mozambico, Benin, Albania e Filippine, particolarmente attive in ambito socioeducativo, in ospedali e case di cura.

Meno conosciuta la vicenda di padre Pietro Bandini (Forlì 1852-Little Rock, USA 1917) che pure contribuì a scrivere una importante pagina italoamericana della storia degli USA. Proveniva da una agiata famiglia borghese forlivese e, dopo la formazione al seminario di Bertinoro allora retto dai Gesuiti, entrò nella Compagnia di Gesù. Fu mandato in USA nella Missione delle Montagne Rocciose in Montana dove dal 1882 con altri Gesuiti italiani partecipò all’opera di evangelizzazione ed assistenza di varie tribù indiane (Flathead, Kalispel, Pend d’Oreilles, Crow e Cheyenne). Rientrato in Italia nel 1889, Bandini, dopo un breve incarico come vicerettore del collegio dei Gesuiti di Cuneo, per motivi non chiari, ma, probabilmente dovuti a sua impulsività e scarsa disciplina, fu costretto a lasciare la Compagnia di Gesù nel 1890. Don Bandini era assolutamente determinato a tornare in America e l’incontro con Scalabrini fu decisivo. Il vescovo aveva costituito nel 1889 l’Associazione di Patronato per l’Emigrazione Italiana della quale sarebbe stato il braccio operativo a New York la Società San Raffaele. Di essa fu nominato direttore proprio Bandini che nel 1891 ritornò così in America. Qui il sacerdote forlivese si dedicò con energia all’assistenza spirituale e materiale dei nostri emigrati tanto che nel suo primo anno di attività la Società garantì l’aiuto ad almeno ventimila connazionali sbarcati.

Nelle lettere inviate a Scalabrini da Bandini abbiamo anche la prova che il sacerdote forlivese non ebbe paura di denunciare pubblicamente lo sfruttamento e i soprusi subiti dai nostri connazionali da parte di malavitosi e trafficanti di manodopera. Il rapporto tra padre Bandini e monsignor Scalabrini nel 1895 si interruppe con grande dispiacere del vescovo perché il forlivese lasciò la Società San Raffaele con lo scopo di organizzare all’interno degli USA l’insediamento di emigrati italiani in zone agricole.

Fu così che nel 1898 Bandini fondò una comunità agricola in Arkansas con un gruppo di emigrati dal Veneto e dalle Marche ispirata ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa.
Fu così che nacque il paese di Tontitown (il nome è da ricollegare alla figura dell’italiano Enrico de Tonti, artefice della colonizzazione per conto della Francia delle pianure americane alla fine del Seicento), ancora oggi esistente, che si distinse per l’eccellenza delle produzioni agricole e dei relativi impianti di trasformazione nonché per la qualità della vita dei suoi abitanti. Nel 1913 Bandini ne divenne il primo sindaco e per la sua opera meritoria ottenne significativi riconoscimenti sia dal governo italiano che da quello USA.

Se oggi padre Bandini non è molto conosciuto in Italia, in USA ha avuto fama e popolarità tanto che sembra che John Fante, illustre scrittore italoamericano del Novecento, abbia chiamato Bandini il suo personaggio letterario più noto, ricordando il racconto fattogli dai suoi genitori emigrati dall’ Italia relativamente a un sacerdote italiano che così si chiamava e che tanto bene aveva fatto ai connazionali arrivati in Nord America. Ricercatori e storici americani si sono occupati della figura di Bandini e uno dei saggi più completi è Pietro Bandini: Missionary, Social Worker, Colonizer, 1852-1917 dello storico americano Edward C. Stibili, già docente di storia al Calumet College of Saint Joseph di Withing nell’Indiana, edito dallo Scalabrini International Migration Network di New York.
Da sottolineare che in questi giorni è in Italia un equipe dell’University of Arkansas guidata dal prof. Larry Foley, docente alla School of Journalism and Strategic Media, per la realizzazione di un progetto di produzione di un docufilm nel quale verrà ricordata la figura di padre Bandini.

Paolo Poponessi