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Professione critico d’arte: chiariamo meglio la sua figura

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Ricevo da un architetto toscano un messaggio su Facebook esattamente per come segue: «Onestamente sono un po’ confusa… visto che le recensioni si pagano… come possono essere oggettive? Poiché mi trovo con molto imbarazzo nel mondo degli artisti, delle mostre e dei critici, davvero mi ha sgomentato scoprire che sulla vanità e il desiderio di emergere di aspiranti artisti, che ovviamente ci tengono ad essere apprezzati c’è un mondo complesso di galleristi curatori di pubblicazione, critici che sull’ambizione degli artisti ci campano. Francamente sono rimasta dell’idea un po’ balzana che l’attività creativa su faccia soprattutto per piacere personale. Non mi dispiacerebbe il parere disinteressato di esperti del mio lavoro, ma francamente non trovo simpatico comprare un posto nel firmamento, secondo le tariffe che mi vengono via via proposte… Spero mi perdonerete la consapevole ingenuità della domanda».

Effettivamente anche a me le sue idee sembrano confuse: lei ha dimenticato i produttori delle tele, quelli dei telai, quelli dei colori, quelli della carta, quelli dei pennelli e tanti altri ancora. Dimentica pure che legittimamente gli artisti, al pari degli altri, vendono le loro opere, e vorrei chiederle: visto che i quadri si pagano… come possono essere oggettivi senza prestarsi ad allettare le attese di un potenziale acquirente o della moda corrente? E vorrei chiederle per che cosa un gallerista dovrebbe sostenere i costi di una attività commerciale se per essere oggettivo non le deve chiedere nessuna contropartita?

E per quale ragione qualcuno dovrebbe recensire le sue opere, impiegando giorni di lavoro e della propria vita, se non è remunerato del suo onorario? Stia pur certa, e mi sento di rassicurarla in tal senso, che nessun critico d’arte, seppur remunerato, scriverà mai che le opere di quell’artista sono pari a quelle di Giotto. La critica d’arte è una disciplina seria basata su parametri certi, oggettivi e poco opinabili. È come se lei fosse assunta per riferire sullo stile di qualcosa che potrebbe essere egizio, o ellenico, o etrusco, o romanico, o gotico: sarà lei con le sue competenze, nel rispetto dei disciplinari professionali, a stabilire di che si tratta, e non certo il suo committente in quanto la paga.