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L’arcangelo sindacalista del Fascismo forlivese

Basta poco a sollecitare una ricerca storica, è sufficiente la curiosità di volerne sapere di più, convinti che la conoscenza approfondita di un personaggio o di un avvenimento possa allargare l’orizzonte della nostra visuale. Curiosità e amore della storia costituiscono il binomio fondamentale per scovare, ovunque, nuovi spunti, motivi di ricerca, magari pure in luoghi, come i cimiteri, che, anche se solitamente consacrati alla memoria dei cari defunti, sono davvero un archivio monumentale di protagonisti e vicende, glorie e vergogne, vittorie e sconfitte, innanzitutto delle comunità locali e, poi, perlopiù di riflesso, della complessiva storia nazionale.
D’altronde, bastano i versi foscoliani Dei Sepolcri, carme di splendida architettura compositiva, per comprendere quanto una sepoltura possa, fra l’altro sollecitando la nostra riflessione ed il nostro giudizio critico, rievocare, a volte celebrare valori, ideali e momenti epocali, significativi della vita umana, quindi del corso della storia. Cosi, nel Cimitero Comunale Monumentale di Forlì mi ha spinto a saperne di più una tomba, diciamo un po’ particolare, segnalata da un cippo squadrato in travertino e di media altezza, sormontato dal busto bronzeo del defunto. Sulla faccia frontale, con caratteri sempre in bronzo, l’identità essenziale dello scomparso: Aurelio Gellini e, subito sotto, 1895–1934, l’inizio e la fine, nulla di più.
Tomba particolare, ho detto, perché estrema dimora di un fascista, celebrato a tutto tondo da quanto inciso nella pietra del cippo: su ogni faccia laterale un fascio littorio stilizzato e allungato; su quella frontale, al di sotto dell’identità del trapassato, un’epigrafe inequivocabile:
COMBATTENTE FASCISTA – CAPO AMATO DEI LAVORATORI FORLIVESI – PADRE AFFETTUOSO – CITTADINO ESEMPLARE DEDICO’ IL SUO FRESCO INTELLETTO E IL SUO SPIRITO GENEROSO ALLA CAUSA DELLA PATRIA.
Inevitabile la curiosità chi mai sia stato costui, destinatario di parole tanto celebrative e intrise di retorica in camicia nera. Così, con la collaborazione di Matteo Filipelli di Predappio e quasi con l’impazienza di un cane Lagotto che fiuta e cerca la trifola ho provveduto ad orientarmi nella ricerca sul forlivese Aurelio Gellini. Innanzitutto, una vita breve, soltanto 39 anni, dal 1895 al 1934, vissuti però intensamente, partecipi dei grandi, anche tragici avvenimenti nazionali come delle difficili, tumultuose vicende forlivesi nell’immediato primo dopoguerra sino all’avvento del Fascismo. Ancora fresco di diploma presso la Sezione Agronomi e Agrimensori del Regio Istituto Tecnico di Forlì, da qui il suo titolo professionale di geometra, Aurelio Gellini, poco più che ventenne, è fante combattente in prima linea nel fango della trincea, partecipando appieno alle campagne di guerra degli anni ’16, ’17, ’18 della Prima Guerra Mondiale, così risulta dal suo “stato matricolare militare”.
Inoltre, presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma, fondo relativo al Ministero dell’interno, Aurelio Gellini figura in un allegato della relazione trimestrale (1 gennaio-31 marzo 1920) del prefetto Francesco Carandini sull’ordine pubblico nella Romagna forlivese: l’ex combattente forlivese, pure fregiato di medaglia al merito, figura incluso tra alcuni nomi sospetti del cosiddetto “reducismo di marchio nazionalista”, sobillato pure dal malcontento popolare per la grave crisi sociale ed economica, seguita alla fine del primo conflitto mondiale. Non solo, Aurelio Gellini viene anche segnalato come “prossimo ad ambienti e persone dei Fasci di Combattimento, costituitisi in quel di Milano lo scorso 23 marzo 1919”. Di fatto, Gellini risulta ufficialmente iscritto ai Fasci di Combattimento il 1° aprile 1920, quindi transita subito nel Partito Nazionale Fascista (PNF), appena quest’ultimo viene fondato a Roma il 9 novembre 1921, quale inevitabile evoluzione del movimento fascista stesso.
Dunque, fascista della prim’ora, anche responsabile di squadra nella Marcia su Roma, ma soprattutto, dalla primavera del 1920, impegnato fortemente nella fondazione ed organizzazione del Fascismo nella Romagna forlivese: da Cattolica a Saludecio, da Mondaino a Montegridolfo, da Cesena nel febbraio ’21 a Forlì subito nel mese successivo, qui in collaborazione con Romolo Fowst, capitano di cavalleria, e i fratelli Arrigo e Angelo Casanova, capitano di fanteria il primo, avvocato il secondo. Sicuramente, Aurelio Gellini e’ protagonista della cosiddetta “corrente movimentista” per il proselitismo e il radicamento organizzato del Fascismo sul territorio romagnolo, ma non fa parte della sua ala più radicale ed estrema perché fermamente convinto che l’ideale fascista per vincere debba affidarsi ad una prassi, ad una strategia politica molto pragmatica di ampio consenso sociale.
Nel camerata Gellini questa ferma convinzione matura nell’ammirazione e condivisione dell’impegno di Filippo Corridoni, il celebre “arcangelo sindacalista” dell’immaginario popolare, profeta del sindacalismo rivoluzionario di matrice nazionalista. Su questa via il nostro protagonista si sente interprete di un sindacalismo fascista che sui temi del lavoro, dei salari e dell’economia sappia armonizzare gli interessi dei lavoratori con quelli dell’impresa: per questo già nel 1921 si prodiga nella costituzione di primi nuclei sindacali fascisti sul territorio forlivese, testimoniando un impegno continuo e di valore, presto riconosciutogli, a fine ’22, con la nomina a responsabile dell’Ufficio Provinciale di Forlì della Confederazione Nazionale del Sindacato Fascista: nomina fortemente voluta da Edmondo Rossoni, segretario generale nazionale della stessa organizzazione sindacale e, cosa non da poco, già sostenitore e sodale di Filippo Corridoni.
Sempre in veste sindacale, come si rileva da relativa documentazione presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma, Aurelio Gellini è membro permanente di commissioni nazionali sia per il riassetto della previdenza, dell’assistenza sociale e della prevenzione degli infortuni sia per la stesura della Carta del Lavoro, nel 1927 definitiva summa delle norme e dei valori ispiratori dell’organizzazione sindacale-corporativa del Fascismo. Tanto impegno risulta testimoniato, sempre a Roma, anche da documentazione in carico all’Archivio Storico di Confindustria, l’organizzazione rappresentativa delle imprese italiane, fondata a Torino nel 1910, ma dal 1919 con sede centrale nella capitale. Comunque, per Aurelio Gellini il lavoro nel sindacato fascista è sempre parallelo a quello politico nel PNF e nell’amministrazione comunale forlivesi.
Fino al 1927 figura quale componente effettivo del direttorio della litigiosa Federazione dei Fasci di Combattimento di Forlì, più volte sottoposta al commissariamento di ras di spicco, come Leandro Arpinati, Italo Balbo e Carlo Scorza. In questo ruolo Aurelio Gellini si prodiga per la composizione del contrasto tra l’ala radicale e quella moderata del Fascismo forlivese; con questo stesso spirito lavora quando assessore e prosindaco al Comune di Forlì, prima con Corrado Panciatichi, ultimo sindaco, poi con Ercole Gaddi Pepoli, primo nella carica di podestà. Dopo il ’27 il nostro protagonista si dedica prevalentemente all’impegno sindacale e all’organizzazione sul territorio dell’Opera Nazionale Balilla, istituita nel 1926, di cui ricopre anche l’incarico di vice commissario, fra l’altro scoprendo un grave caso di malversazione, uso improprio dei fondi pubblici assegnati. Dunque, complessivamente la vita breve, ma intensa di un fascista fermo e schietto, ancora testimoniato da un cippo funebre nel Cimitero Comunale di Forlì: un cippo mai in ombra, solo e sempre nella luce del “Sole che sorgi libero e giocondo …” dell’Inno a Roma, musicato da Giacomo Puccini tra il ’18 e il ’19, quindi adottato dal Fascismo come inno nazionale. Sic transit gloria mundi, cosi passa la gloria del mondo, così trascorrono effimere le azioni umane.
Franco D’Emilio