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Il tramway Forlì – Rocca San Casciano

Breve introduzione storico-economica.
Attorno alla metà del XIX secolo, l’economia della Romagna è caratterizzata da un’agricoltura prevalentemente tradizionale, con una scarsissima industrializzazione e un sistema commerciale assai limitato. L’amministrazione pontificia non si preoccupava minimamente dello sviluppo economico della regione, così come la viabilità dello Stato era ancora legata a quello che rimaneva dell’antica rete stradale romana.
Il modello socio-economico, chiamato della “Romagna asciutta”, era la mezzadria, definita come un sistema ad alta integrazione e a bassa produttività; due caratteri, peraltro, che ne avevano assicurato una stabilità plurisecolare anche con l’inserimento delle Legazioni di Romagna nel sistema napoleonico. Iniziato il periodo della Restaurazione con i successivi mutamenti e sconvolgimenti, al soglio pontificio nel 1846 sale Pio IX, che dopo soli due anni è costretto all’esilio. Nonostante questo, qualcosa si era però mosso in campo riformistico: è un momento di “grandi riforme” per lo Stato Pontificio, per altro malato di immobilismo da secoli. In particolare per quanto riguarda la viabilità si comincia a parlare di ferrovie (incredibile!), al contrario del predecessore Gregorio XVI che considerava la locomotiva, il treno, una manifestazione del demonio (!).
Nell’aprile del 1860 cadono le Legazioni, nel settembre le Marche e l’Umbria sono annesse al Regno d’Italia, nato il 17 marzo 1861. Si avvicina inesorabilmente la fine dello Stato della Chiesa, causata semplicemente… perché viene a mancare l’esercito austriaco, da sempre suo protettore! La Romagna soffre non poco, soprattutto durante i primi anni della Restaurazione, per gli effetti di una politica economica protezionistica. I tempi sono tali però che nessun paese d’Europa può sottrarsi alle trasformazioni economiche in atto. Manca però, in Romagna, una borghesia imprenditoriale, e continua ad esistere la mezzadria nelle campagne, cosa che costituiva un ostacolo oggettivo all’affermazione di un sistema proto-industriale. in cui si passa da un sistema di produzione prevalentemente artigianale a uno più complesso e organizzato.
Forlì manterrà a lungo le caratteristiche di una città da antico regime con una popolazione ancora in larga parte dedita ad attività agricole: ben 6.000 forlivesi intorno alla metà del secolo traevano la propria sussistenza come braccianti e operanti a giornata; mentre il resto della popolazione urbana era formata soprattutto da piccoli artigiani e negozianti al dettaglio e da una fascia molto ristretta di funzionari, professionisti e burocrati. L’Italia unita, è però in grado di originare un mercato unico che determina un forte aumento della produttività.
Perché abbiamo già sottolineato la viabilità dello stato papalino? Perché era sostanzialmente un disastro! Abbiamo ricordato il suo legame con quello che rimaneva della struttura viaria romana e con il treno considerato ormai elemento di viaggio diffuso e dominante, ma non dal papato. Però se riforma deve esserci ben venga e così anche il papa Pio IX si rende conto che non è possibile andare contro la civiltà e il progresso. In Inghilterra si viaggiava in carrozza ferroviaria già dal 1830. In Italia niente. La prima linea ferroviaria emiliano-romagnola giunge a Forlì il 1° settembre 1861. Anche se l’onore dell’inaugurazione spetta al Regno, l’idea, la preparazione, gli espropri, insomma tutto lo studio a monte di questa linea ferroviaria, che non era mai esistita, è tutto merito dello stato papalino in procinto di scomparire.
Il treno a Forlì.
L’arrivo del treno a Forlì nel 1861 apre un orizzonte completamente nuovo. Questa città che contava dentro le mura una popolazione dai 30 ai 40.000 abitanti cambia stile di vita. Infatti le distanze e i tempi vengono dimezzati e soprattutto i produttori locali vedono la possibilità di commerciare con maggiore tempestività e celerità. L’impianto entra in funzione il 15 ottobre del 1861 e dimostra subito la sua importanza per lo sviluppo della città e della Romagna. Il traffico dei convogli sull’unico binario esistente cresce a tal punto, da indurre il Governo Sabaudo a studiare il raddoppio della linea. Nel frattempo si autorizza la costruzione di un nuovo scalo merci cosiddetto a piccola velocità (Viale Vespucci) che, popolarmente, ancora oggi viene definito “la piccola”. Da questo momento viene riconosciuta l’importanza della rotaia e il relativo trasporto, sì dei passeggeri, ma molto di più delle merci.
Nasce l’idea di un tramway.
A parte la linea ferroviaria principale, si pensa anche al congiungimento veloce di varie località dei diversi circondari con l’uso di piccole ferrovie che vengono chiamate tramway. Qui nel forlivese il più famoso a vapore è quello Meldola-Forlì-Ravenna. Nel 1881 viene inaugurato il tratto Meldola-Forlì e nel 1883 quello Forlì-Ravenna. I promotori di questa operazione sono Giovanni Brusaporci di Meldola, Giulio Romagnoli di Forlì e la Banca torinese Tachis-Levi che danno origine alla società belga Societé Anonyme des Tramways des Romagnes. Questo tramway cesserà per il trasporto merci nel dicembre 1929 e per i passeggeri nel gennaio 1930. La distanza Meldola-Ravenna veniva coperta in 1 ora e mezzo, la velocità andava dagli 11 ai 18 km/h. In giro per la Romagna troviamo diversi altri tramway, ma qui nel forlivese esisteva solo quello che qui abbiamo brevemente descritto.
Quindi attorno al 1880 si comincia a pensare al tramway in modo concreto. Troviamo un’infinità di progetti che illudono tanti personaggi importanti o meno che rappresentano la vita politica e sociale di quest’ultimo squarcio di secolo. E’ da tener presente un’economia dove merci e servizi vengono commercializzati, inseriti in una dimensione politica dove si trovano gruppi di potere e partiti che esigono questi servizi nell’interesse delle loro clientele. La realizzazione di queste tramvie dipendeva prima di tutto dalle necessarie autorizzazioni: in sede nazionale quella del ministero dei LLPP. e in sede locale quella della Amministrazione Provinciale. Proprio qui, in questa dimensione ridotta politicamente e geograficamente, si ritrovano in conflitto fra loro, tutte le problematiche locali: prima di tutto le ambizioni, non solo personali, ma anche delle varie municipalità (… ah! i vari campanilismi!). Da tener presente il vuoto legislativo esistente in questa materia e che verrà colmato solo nel 1896.
Il tramway Forlì (FO)- Rocca S.Casciano (FI).
La vicenda del tramvai Forlì-Rocca inizia nel 1882 e col passare del tempo, tanto tempo, è contrassegnata da un’infinità di lungaggini, inutili trattative, attriti personali e non solo. Comunque nasce in quel momento il desiderio di dotare anche la valle del Montone di un sistema viario simile a quello del Bidente. Soprattutto i maggiorenti di Castrocaro, vedendo la rapidità con cui la tramvia suddetta aveva superato tutte le difficoltà burocratico-amministrative pensano che sia possibile realizzare con lo stesso metodo e la stessa celerità anche il tramway del Bidente. I ben pensanti dimenticano però che si parla della valle del Bidente e non del Montone.
Che cosa c’è di diverso? Innanzi tutto il Bidente faceva parte del Collegio elettorale di Forlì, mentre la valle del Montone si divideva fra Forlì e in massima parte Firenze. Non era cosa da poco. Era poi necessario trovare i personaggi politici che potessero interessarsi del problema. Nell’area forlivese il nome più famoso è quello dell’Avv. Alessandro Fortis nato a Forlì. Area Repubblicana con partecipazione anche a fatti d’arme: 1866, 3° guerra d’indipendenza, 1867, battaglia di Mentana dove trova la morte suo cugino Achille Cantoni. C’è però un fatto che segnerà la sua vita politica e non è glorioso, è l’episodio che va sotto il nome di Villa Ruffi. Nell’agosto del 1874 alti esponenti repubblicani si riuniscono in questa villa nel riminese e vengono tutti arrestati. Fra gli altri Saffi, Fortis, Valzania.
In questa riunione nulla di rivoluzionario, solo fare la scelta se partecipare o no alle elezioni successive. Questo fatto rimarrà impresso nella memoria dei repubblicani perché quando Fortis farà le sue scelte politiche in netta contrapposizione con quella di quel passato e cioè passerà dalle posizioni della Sinistra storica a quelle della destra, e in più, come Crispi diventerà filomonarchico. Così verrà pesantemente accusato di doppiezza e di tradimento. I repubblicani forlivesi non lo dimenticheranno e non lo perdoneranno mai. Quando morirà nel 1909 al suo funerale a Roma parteciperà il Sindaco Repubblicano di Forlì Giuseppe Bellini che sarà costretto per questo suo gesto alle dimissioni.
Superiamo questo inciso che caratterizza il personaggio Fortis, e torniamo al caso che stiamo trattando: la tramvia. Per il Bidente l’interesse di Fortis partiva dalle necessità di favorire il Setificio Forlivese ora in piena ripresa e che aveva bisogno di un collegamento sicuro e veloce con le piccole filande di Meldola e Civitella. Appare chiaro che le pressioni degli imprenditori e commercianti avevano ampliato la base dei consensi cosiddetti borghesi che già favorivano il deputato della destra Fortis.
L’avventura burocratico-amministrativa della tramvia bidentina con il suo intenso intreccio di natura politico-affaristica era finita del migliore dei modi. Addirittura non era successo nulla anche con la cessione dell’impresa da Brusaporci, il padre dell’iniziativa, alla Societé Anonime de Tramways des Romagnes. Allora tutti quelli interessati ad operazioni del genere e cioè far nascere una tramvia, si ponevano la domanda perché tutto quello che era riuscito nel Bidente non poteva riuscire anche nel Montone? L’abbiamo già detto più sopra, ci si dimenticava dei confini politici e amministrativi che separavano Rocca dal resto della Romagna.
La valle del Montone era allora totalmente toscana. Cadeva così l’elemento che nel caso Bidentino era stato vincente e che invece in questo caso complica tutto il meccanismo già di per sé molto farraginoso. Si lascia così campo libero alle lotte di potere per una affermazione personale ed anche sociale e per il controllo del territorio dal quale emergono nuovi personaggi politici che sono l’espressione della borghesia urbana legata alle professioni e ai commerci. Castrocaro già dagli anni 70 era riuscito ad avere un discreto successo con la pubblicizzazione delle sue cure termali e la stranezza della sua collocazione toscana (27 Km da Forlì, 80 da Firenze). Per questi ambienti romagnoli era necessario avere una qualche copertura governativa, avevano bisogno di un interlocutore politico, Fortis direte voi? no, non Fortis bensì il deputato del collegio di Firenze Cirillo Monzani. Non Fortis, perché per lui non è un momento fortunato, per la politica di Depretis a livello locale e la repressione sulle giunte rosse romagnole. Nel 1884 abbiamo un lungo momento di stasi con elezioni estive ed anche suppletive. Bisogna arrivare all’autunno per avere una condizione di tranquillità politica. Compare in questo frangente un altro personaggio che entra nella vicenda del nostro tramvai. E’ Adolfo Brunicardi, toscano, per il momento non è deputato, ma lo diventerà. E’ un personaggio legato agli ambienti ferroviari, grande mediatore e intrallazzatore fra i sogni di modernità delle comunità appenniniche e gli ambienti ministeriali.
Castrocaro tenta di realizzare un progetto di minima.
Sempre in questo autunno dell’84 un decreto del ministero dei LLPP autorizzava la costruzione e l’esercizio di una tramvia da Forlì a Castrocaro. Tentavano gli abitanti della cittadina termale di risolvere il loro problema in modo autonomo. Così se da una parte (Castrocaro) si cercava di realizzare un progetto di minima, dall’altra (Forlì-Rocca) si tentava di ottenere la modifica della strada nazionale e la concessione della tramvia Forlì- Rocca.
Il gioco come si vede era doppio. Fortis non era certo convinto dell’idea di un treno limitato. Non sarebbe stato d’aiuto all’economia forlivese, in più avrebbe prodotto una serie di fenomeni negativi come gelosie, vendette, desideri di rivalsa dei notabili della valle del montone contro il suo (di Fortis) gruppo politico. All’on. forlivese interessavano di più i rapporti con il mondo radicale toscano e il consenso di un ampio gruppo di tosco romagnoli che non la realizzazione di un tramvai mutilato. E’ altresì vero che le mire del nostro, tendevano a superare questi insignificanti confini e limiti territoriali puntando più in alto e cioè a Roma e al governo nazionale. Ma tornando al progetto di minima del nostro tramvai appare subito chiaro che lo stesso non porterà da nessuna parte.
Sia Fortis che Ghinassi f.f. di sindaco e zio dell’on. affermano a chiare lettere che nessun patto avrebbe modificato il progetto globale della linea. Così si stabilisce di mettere a riposo il tutto fino a quando si fosse corretta la strada per il collocamento dei binari. Passano così anni su anni dall’inizio di questa vicenda e a parte delibere comunali, incontri fra vari più o meno importanti personaggi, non è successo nulla! Neppure la sistemazione della strada. Solo delusioni e profondi dissidi. Qualcuno come l’imprenditore Aristide Conti (è presente alle Terme il suo busto bronzeo scolpito dal famoso Giuseppe Casalini) aveva pensato di fare investimenti sui titoli della società del tramvai di Castrocaro, ma tutti i personaggi legati alle banche (Brasini, Bordi Matteucci, Pantoli) si dichiaravano contrari perché il tutto era contraddistinto da un significato meramente locale. Abbiamo anche altre elezioni che segnano il successo di Fortis. Nell’ottobre del 1886 Castrocaro (ancora una volta, tentava una mossa individuale) stabiliva di contrarre un debito per la tramvia. Questa delibera viene però bloccata dalla Deputazione Provinciale e nel maggio 1887 la scelta di campo di Fortis: o tutto o niente, risulta vincente e così Castrocaro deve rinunciare ai suoi propositi. La tramvia doveva essere completa oppure era da abbandonare. E così si spense, più o meno fino al 1892, anche la tensione, la passione che aveva sorretto per anni i maggiorenti della valle del Montone.
Dagli amministratori locali a quelli nazionali.
Il progetto di questa tramvia, in piena sofferenza, riprende ad avere un suo interesse quando l’impegno passa dalle mani delle amministrazioni locali a quelle dei vari deputati come Fortis e Brunicardi che sono mediatori di tutto rispetto fra la periferia e il centro romano. Compare anche un altro personaggio che offre la sua esperienza per uscire dall’impasse in cui è finiti. Si tratta dell’Ing. Antonio Zannoni di Bologna che presenta uno schema di concessione a nome di una società anonima. Si continua a votare e a fare tentativi i più diversi come quello di partecipare ad un Consorzio fra vari enti, le due province e tutti i comuni interessati, esclusi Premilcuore e Portico per i vincoli troppo rigidi del consorzio.
In più dobbiamo ricordare anche l’atteggiamento di Firenze alquanto riluttante a questa partecipazione. Anche Zannoni estremamente prudente si ritrae non consegnando il materiale richiesto. Il consorzio romagnolo tenta di riuscire almeno ad ottenere le correzioni stradali che non saranno, però, mai fatte. E così stancamente per i soliti approcci fra notabili, sindaci, ed altri, soprattutto politici, si giunge ad un momento grave per la vita del paese ed anche, diremmo noi, soprattutto per la Romagna, con il fallimento di importanti istituti bancari come la Banca Popolare di Forlì che scompare definitivamente nel 1896. Anche a livello nazionale da Crispi si passa all’esperienza giolittiana. e Fortis e Brunicardi che sono stati due protagonisti della modernizzazione delle infrastrutture sono anche loro sorpresi da questo mutamento degli assetti politici. Per loro però si apriranno nuove porte per il potere.
E così verso la fine del secolo il sogno del tramway Forlì- Rocca S.Casciano svanisce. Nel 1907 si ripresenta un’occasione per riprendere le trattative per ottenere la concessione. Ma le cose sono profondamente cambiate e il disastroso bilancio comunale di Forlì (vedi le municipalizzazioni del 1903-1906) non consente nulla, proprio nulla. E così anche questa volta il tutto viene lasciato cadere. Nel frattempo il fascino del tramway è rimasto inalterato. Dal vapore si è passati all’elettricità. Contemporaneamente nascono diverse idee che però rimarranno per sempre nel limbo dei sogni irrealizzati: esempio: Tramvia elettrica Cesena-Cesenatico 1927, Tramvia elettrica Forlì-Cesena 1929, Tramvia elettrica Forlì-Predappio 1934 e tante altre. E’ chiaro che più trascorre il tempo più il trasporto su gomma con l’avvento inevitabile del motore a scoppio trasforma tutto il concetto di viabilità. E così il tramway lascia il posto all’autobus o meglio ancora all’automobile. Infatti se il tramway a vapore che circolava anche in piazza Saffi, faceva tanta puzza, oggi si è costretti a creare le isole pedonali per salvaguardare i pedoni dai mezzi su gomma.
Agostino Bernucci