Leggilo in 4 minuti
Cinque minuti di marchetta in tv di Roberto Benigni

Roberto Benigni, istrionica icona della sinistra che non c’è più, ha fatto una nuova comparsata in tv con una spudorata marchetta a favore dell’europeismo, quello peggiore perché indiscutibile, dogmatico e scriteriatamente impositivo, testardamente sostenuto proprio dalla stessa sinistra, sempre più disorientata, divisa e divisiva, soprattutto contraddittoria, ancora di più adesso dopo l’ultima Caporetto dei 5 referendum, spernacchiati dagli elettori, compresi tanti dei suoi. Ieri sera, Benigni è andato a Cinque minuti, ruffiana e cortigiana trasmissione siparietto-tappabuchi di Bruno Vespa, logoro anchorman, sicuramente non attrattivo e coinvolgente quanto il terrier Gennarino, simpatico cagnolino del successivo intrattenimento Affari tuoi.
Così, di nuovo in diretta il nostro Benigni a deliziarci con una sua ennesima buffonata, solito misero cazzeggio, architettato a bella posta a tavolino, questa volta sul tema, appunto, dell’europeismo. “Sono un europeista estremista, è l’ultimo sogno che ci resta” ha proclamato ai quattro venti il giullare della sinistra, presuntuosamente convinto che tutti noi italiani fossimo nell’attesa di tanto suo verbo. Anzi, giusto per darla a intendere, ha persino giustificato la sua salvifica apparizione e parola in tv da Vespa con il pretesto di aver pubblicato sul tema dell’Europa un libro onirico, titolo, appunto, Il Sogno, scritto assieme a Michele Ballerin ed edito da Einaudi.
Dunque, non tutta farina del suo sacco, resta da scoprire, ma non sarà difficile, quanta la farina dal mulino delle sue meningi di guru di quella sinistra che non c’è più e per questo si affida ad un comico vero rispetto ai propri esponenti, perlopiù inclini a far piangere. Boccalone e saputello predicatore come sempre, Benigni ci ha rivelato di conoscere a menadito il Manifesto di Ventotene, magna carta dell’Europa e dell’europeismo, più che mai persuaso della personale missione di condurci fuori dall’ignoranza verso la sola salvezza possibile, quella europea.
Ha sproloquiato a bischero sciolto, come quando di botto si ferma l’auto e si scende di corsa verso il ciglio della strada per l’intrattenibile urgenza di un bisognino: ha parlato contro il nazionalismo, prodromo soltanto di autoritarismo, invece si è dichiarato ferventemente patriottico. Quale confusionale baggianata, una bischerata quella di Benigni che potremmo colpire in volo solo se universalmente fosse riconosciuto che l’ignoranza ha le ali e si libra alta a spaziare nei cieli. Per fortuna, non è così e Benigni, ieri sera, è davvero volato basso, nulla di che.
Il nazionalismo è un insieme di nobili valori e ideali, nessuno dei quali aprioristicamente deprecabili, quindi rappresenta un complesso ideologico che giustamente, ancora oggi, sostiene e tutela il concetto di patria, ponendo al centro l’idea di nazione e il concetto di identità nazionale. Non si può essere patrioti senza essere al tempo stesso nazionalisti: con il significato pieno e autentico del nazionalismo non si devono confondere le sue diverse, contrapposte interpretazioni e applicazioni, questa e’ tutt’altra cosa. Credo che Benigni farebbe bene a rinvigorire la sua abborracciata cultura con la lettura di un classico: L’idea di nazione di Federico Chabod, un vero toccasana contro l’ignoranza sul tema del nazionalismo.
Dall’immarcescibile Vespa il nostro Benigni ha battuto invano le ali, al pari di un paperottolo che non decolla, seppur tuttora tronfio dell’oscar al suo La vita è bella, fortemente voluto, come fondatamente tanti hanno scritto, dalle grandi major del cinema: film apprezzabile, ma nulla di che; solo stupenda la musica di Nicola Piovani. Alla fine, ieri sera, Roberto Benigni ha concluso la sua marchetta tv per la sinistra in affanno, rievocando, sfottendo Berlusconi e il suo patto con gli italiani, una vergogna: aveva ragione Togliatti, importante, storico segretario del PCI, sono sempre i pidocchi, pure quelli della memoria, a infestare le criniere dei cavalli di razza.
Franco D’Emilio