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Romagna: un modello turistico da ripensare

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Siamo ormai alla fine della stagione turistico balneare e al di là dei consueti bilanci di fine stagione che quest’anno sono stati condizionati dal post alluvione, c’è una domanda di fondo che estate dopo estate continua a non trovare risposte: siamo ancora competitivi? O il modello turistico offerto andrebbe ripensato? È una domanda alla quale alcuni politici locali ed addetti ai lavori hanno coraggiosamente provato ad affrontare sui quotidiani locali i giorni seguenti la Notte Rosa. Alcune premesse generali però è giusto farle: sono stati tanti negli anni i cambiamenti che hanno migliorato la nostra offerta turistica, sia dal punto di vista delle opere pubbliche che da quello operato dai privati.

Ma il modello, per chi ha un minimo di lungimiranza, è comunque da ripensare, perché il mondo del turismo è cambiato alla velocità della luce. Per farci un’idea di dove la nostra offerta turistica stia andando, o meglio sia costretta ad andare per essere ancor a appetibile, basta guardare le città sul tabellone degli arrivi degli aeroporti di Forlì e Rimini. A chi stiamo proponendo il nostro prodotto turistico? Preso atto che se ti rivolgi a turisti dal limitato budget economico c’è un motivo e che il modello rivierasco del “divertimentificio” non raccoglie più risorse come 30 anni fa, è opportuna una riflessione. Ibiza ma la Spagna in generale e le isole della Grecia ci surclassano da anni. Mete dove i giovani pagano 100 euro per entrare in disco senza fiatare. Quindi giochiamoci le nostre carte. Ma vediamo alcune criticità della nostra offerta seppure in maniera generale:

• Partendo dall’evento clou dell’estate, la Notte Rosa, i dubbi non possono mancare. Un modello da ripensare visto che si basa sull’idea che la “quantità” possa ancora pagare. Emblematico il fatto che l’offerta musicale di decine e decine di eventi si traduce proprio in questo: i concerti delle band “buone” sono a pagamento mentre tutte le altre, la maggior parte, sono gratuite perché musicalmente gli artisti o sono finiti o sconosciuti. Ma l’idea è proprio quella di aggiungere più verdure possibile al minestrone evento, inclusa l’erba dei fossi. Tutto fa brodo.

• Il cicloturismo ormai è di fatto l’eterna cartuccia non sparata. Le piste ciclabili continuano a perdere battaglie nelle scelte politiche urbanizzative che privilegiano ancora le 4 ruote. I manti stradali gruviera dell’entroterra e non solo, tra l’altro non adeguatamente valorizzato, sono le principali ragioni di un’opportunità gettata al vento. Settembre e pure ottobre rappresenterebbero un’opportunità ideale per questo tipo di turismo per allungate la stagione.

• Le spiagge si sono modernizzate in questi anni, anche se il mare continua a essere il nostro punto debole anche per colpa degli operatori balneari che da anni mettono la testa sotto la sabbia rimandando i soliti problemi endemici di decennio in decennio. Bere l’acqua del mare a favore di telecamere non paga.

• Gli hotel in gran parte si sono modernizzati ma restano insoluti due problemi: menù a buffet modello grandi catene alberghiere, dove la qualità per mantenere il prezzo competitivo lascia al quanto a desiderare ma soprattutto dove si perde la nostra originalità culinaria: la pasta fresca sarebbe improponibile visti prezzi a cui poi vengono vendute le camere, il pesce (fresco) ancor meno. Ma la cucina deve tornare ad essere caratterizzante, ma davvero. La seconda pecca è un’offerta di mezza pensione ragionevole che non sia inferiore di soli 5 euro alla completa, allargando in questo modo l’offerta ad una tipologia turistica deversa.

• Riguardo alla ristorazione, quella in collina ancora si distingue ma lì i turisti non arrivano, mentre in riviera quando va bene, è un monologo di calamaretti dell’atlantico e gamberi argentini, orate e branzini da acqua cultura croata, insalata di polipo (in Romagna?). Quando va male, catalane, salmone e crostacei vari in un cocktail del quale, oltre alla perdita caratterizzante la nostra offerta culinaria tradizionale, nessuno distingue più il sapore. A parte poche eccezioni, nella maggior parte dei casi è una musica di sapori monocorde dove il congelato inevitabilmente regna. Il sardone non è chic e il brodetto macchia la camicia.

• Legato alla ristorazione non può mancare certo una considerazione sulla professionalità degli addetti ai lavori, ma in questo caso servirebbe un capitolo a parte perché si toccano problemi inerenti agli stipendi, le qualità professionali, il lavoro in nero. Ma una cosa la si può dire, il problema riguarda ormai l’intera Italia, nonostante ciò resta ignoto ai più.

• Capitolo patrimonio naturale, o meglio quel che ne resta: la perdita di alberature e spazi verdi è direttamente legato alla cementificazione del territorio, del quale ci siamo ormai assuefatti. Guardando Milano Marittima dal satellite con Google Maps il problema è lampante. Adesso immaginate tutta la riviera con quel verde e pensate se non sarebbe più competitiva la nostra offerta oltre che più bella. Non siamo la Croazia ma neanche Dubai. Continuare a costruire nuovi alveari abitativi alti 40 metri sul lungomare è la dimostrazione di quanto sia inadeguata la politica in materia di urbanizzazione in località turistiche. Mentre nelle vie parallele dietro i marciapiedi sono del 1960 e la fognatura del ‘50.

Un modello, quello romagnolo, che andava rivisto già 30 anni fa attraverso una logica metamorfosi rispetto alle esigenze moderne del turismo. Metamorfosi che tenesse conto del fatto che da decenni ci sono paesi che offrono agli stessi prezzi un patrimonio naturale più bello, a cominciare dal mare, spazi, possibilità di mangiare a qualsiasi ora e ovunque, il tutto con 150 euro di volo. Cucina tipica, cicloturismo, i borghi dell’entroterra, storia e cultura (ma noi asfaltiamo siti etruschi e ci facciamo sopra una rotonda) e la nostra ineguagliabile operosità garantirebbe ancora alla Romagna la possibilità di distinguersi e quindi di competere non solo sul prezzo. Qualcosa va ripensato al più presto, il ritardo è colossale, in caso contrario il modello turistico romagnolo potrà solo sopravvivere, ancora per un po’.

Giorgio Venturi