«Dalla cultura classica alla cultura woke, un’offerta al ribasso che non fa certo onore a un liceo che in passato ha formato generazioni di studenti, aiutandoli a sviluppare uno spirito critico libero e orientato alla verità. Chiunque ha svolto gli studi classici non può dimenticare il momento in cui, non senza un certo fastidio, si studiavano e si traducevano i filosofi sofisti, maestri di capziosità e di relativismo, definiti “falsi sapienti” da due giganti come Platone e Aristotele. Vedere ora un dirigente scolastico inseguire il pensiero dominante e piegarsi alla cultura woke è davvero sconfortante. Soprattutto a pochi giorni dalla strage di Minneapolis, la terza avvenuta in una scuola americana in cui l’attentatore “si identificava come transgender”; un fatto terribile scaturito dal disagio irrisolto di un giovane illuso da una narrazione ingannevole e falsamente buona che a parole predica inclusione e accoglienza, ma che nei fatti si dimostra violenta verso i “nemici” da cancellare. È davvero compito di un preside promuovere un’ideologia che esalta l’autodeterminazione veicolando l’idea di un’identità fluida e intercambiabile, e che per il suo carattere di contrapposizione ha un potenziale di violenza incontrollabile, come raccontano i fatti americani? La tragedia di Minneapolis dimostra la sconfitta degli slogan sull’inclusione predicati dalla cultura “woke”, che distrugge i punti di riferimento in nome della libertà assoluta, alimentando un clima di confusione identitaria che fa leva sulla fragilità dei giovani e finendo per lasciarli pieni di rancore verso tutto il resto del mondo. Al professor Lega diciamo che non ci si può nascondere dietro la presunta necessità di intercettare le disforie di genere, questa è propaganda mascherata da buonismo che si vuole imporre con il consenso del consiglio d’istituto. La scuola italiana già sforna milioni di giovani ignoranti e ideologizzati, con i tassi più bassi di capacità di comprensione di un testo o capacità di far di conto, secondo i dati comparati nei Paesi a maggiore industrializzazione. Per non rischiare di incamminarsi su questa triste china, il liceo classico di Forlì resista alle sirene woke e si concentri su un’istruzione di qualità. Questo chiedono le famiglie che iscrivono i loro figli a scuola» si legge in una nota del Popolo della Famiglia.
“Ancora una volta siamo costretti a constatare quanto, troppo spesso, gli istituti scolastici siamo soggiogati dalla deriva ideologica imperante a sinistra“. A denunciare la situazione, in riferimento alla decisione del liceo Morgagni di Forlì di introdurre sul registro i nomi “alias”, non legati al sesso accertato degli studenti ma alla loro percezione, è Nicholas Pellegrini, responsabile di Gioventù Nazionale per Forlì-Cesena: “La scuola dovrebbe lavorare nell’interesse della crescita formativa degli studenti. L’introduzione dei nomi ‘alias’ è un’operazione presentata come inclusiva, ma in realtà rappresenta l’ennesima mistificazione della realtà“.
Sulla stessa lunghezza d’onda è Giacomo Ceseni, responsabile di Azione Studentesca per Forlì-Cesena: “La scuola dovrebbe essere un luogo in cui si coltivano la verità, l’educazione e la crescita, non un laboratorio di inganni linguistici e sociali. Il compito di un liceo è trasmettere conoscenza, radicare i giovani nella loro identità culturale e nazionale, non assecondare fragilità passeggere. Ci auguriamo che il liceo Morgagni torni su i suoi passi e ad occuparsi di problemi reali“.