In dialetto milanese “maghet” può dirsi una persona stravagante, strana oppure dotata di particolari doti e abilità, magari la preveggenza, la capacità divinatoria: in quest’ultimo caso, proprio come Luca Bartolini, assessore comunale all’urbanistica, edilizia privata e grandi opere per l’attuale centrodestra forlivese Zattini bis, che, stamani, con le dichiarazioni a commento del nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG), approvato mercoledì scorso con delibera di giunta, ha dato prova con tanta rara immodestia di saper leggere il futuro della Forlì nel 2050, molto più di quanto solitamente sappia fare nel leggere, sempre con rari, obiettivi risultati positivi, l’incombente presente e l’imminente domani della stessa città.
Beato lui che, in realtà, riesce solo a sapere, a vedere ciò che assolutamente Forlì non sarà nel 2050 perché non ve ne sono affatto le premesse nella nostra attualità, ma s’illude di dare ad intendere e a bere il contrario, confidando nella credulità altrui, quella dei forlivesi ancora disponibili a farsi buggerare. Beato lui, che stamani con le sue dichiarazioni sul nuovo PUG, le ho lette su questa testata sotto il titolo “Per la Forlì del 2050: sviluppo economico, rigenerazione urbana e tutela del territorio” ha disegnato l’utopica Forlì del 2050, quasi posseduto da un fioco fuoco intellettuale, ambizioso, però, di essere pari a quello di Tommaso Campanella nel tratteggiare la sua ideale Città del Sole nel 1602.
Da oggi al 2050 corrono 25 anni, cinque lustri o un quarto di secolo, fate voi, certamente non un tiro di schioppo nel tempo: credere di avere la capacità politica di elaborare ora le linee strategiche da qui al 2050 è come la pretesa di far credere che prossimamente le balene voleranno e le aquile nuoteranno. Ma, soprattutto, 25 anni risultano ancora più lunghi e impegnativi, se si pensa al fatto come qualunque progettualità odierna a lungo termine debba fare i conti con la rapidità tecnologica e digitale in continua progressione. In passato, nella storia politica e amministrativa italiana al massimo ci sono stati piani decennali, più o meno riusciti ed efficaci, e tanto per citarne qualcuno: il Piano INA-Casa di Amintore Fanfani del 1949, in verità due piani settennali continui; il Piano decennale per l’istruzione del 1950; il nuovo Piano decennale per la casa del 1978; il Piano decennale rinnovabile per le reti del gas; il Piano regionale dei trasporti.
Eppure, a quel “maghet” dell’assessore Luca Bartolini dieci anni non bastano, sono poca roba. Con lui bisogna proiettarsi oltre, vedere e volare lontano, anche dove solitamente osano le aquile; erroneamente crede che la definizione, attribuita a Platone, “l’uomo è un “bipede implume” comprenda una conseguente, umana attitudine naturale al volo: proprio lui, assessore della città con una statua di Icaro in piazza, scolpito con le sue ali posticce. Proprio lui, così incautamente dimentico come pure alla sua Forlì convenga volar basso, ma davvero costruttivamente, seppur solo con lo svolazzo di un pollo Amadori. Ho letto e riletto la lunga dichiarazione di Bartolini sulla Forlì del 2050: solo fuffa, fumo di chiacchiere a perdere; cose vaghe, trite e di circostanza; il trionfo di tanta scontata ovvietà lapalissiana del tanto per dire. Gli consiglio una buona visita oculistica per curare la sua ipermetropia politica: vede poco e male le cose forlivesi vicine dei nostri tempi, vede benissimo solo quelle lontane che verranno nel futuro 2050. Il futuro di Forlì, quello vero, va costruito mattone su mattone e a piccoli passi, mai col gioco di prestigio di tante parole soltanto inutili, da qui all’anno che verrà, tanto per dirla con le parole di Lucio Dalla.
Franco D’Emilio