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Se una penna maleducata graffia

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Ultimo aggiornamento:

Alcuni lettori, partecipi della solita, per fortuna ridotta schiera dei cortigiani adulatori e galoppini, sono stizzosamente insorti contro il mio ultimo “A Forlì eccellenti assessori-animatori di villaggio turistico” del 20 giugno scorso, sempre su questa testata che con tanta pazienza e tolleranza mi ospita. Apriti cielo! Incredibile la profusione di mali epiteti all’indirizzo della mia persona ovviamente nelle vesti di “mediocre scribacchino”, come ho letto in un corrosivo commento al vetriolo.

Maleducato, livoroso, insensatamente privo di argomenti: questi i giudizi più benevoli. Mia colpa quella di aver colpito, criticato l’immagine dell’assessore forlivese Kevin Bravi, quasi questi fosse di principio un intoccabile, al pari di un bramino indiano del quale neppure l’ombra deve calpestarsi. Manco lo stesso assessore fosse l’immagine di un iconico santino, soprastante l’avvertimento “Noli me tangere!”.

Eppure, mi sono sentito orgoglioso, onorato di tanti cattivi epiteti che nell’inconsapevolezza dei loro autori mi hanno affiancato a scrittori, giornalisti, sicuramente sommi rispetto alla mia piccolezza di “mediocre scribacchino”. Infatti, i trascorsi e indimenticabili Indro Montanelli, Giovanni Guareschi, Vittorio Gorresio, Roberto Gervaso e Mario Melloni, quest’ultimo il caustico Fortebraccio, tutti uomini di diverso orientamento politico e culturale, mi hanno preceduto col graffio eccelso della loro penna fustigatrice, critica, pure satirica, capace sempre di memorabili, micidiali stoccate contro il potere e taluni suoi detentori: da De Gasperi ad Andreotti, da La Malfa a Togliatti, a Nenni ed altri ancora. Pare che persino Benito misurasse la sua popolarità e quella del regime dal livello della satira sui giornali.

Da tempi antichissimi la satira è praticata e ritenuta legittima, come tanta letteratura e tanto giornalismo continuano tuttora a dimostrarci con autori che, da destra o da sinistra, non mancano di beffeggiare, se ve n’è ragione, chi governa, amministra e, magari nel suo piccolo, si propone “enfant prodige” della politucola forlivese. Sui nostri giornali, qualunque sia la loro inclinazione politica, si esprime liberamente una critica, più o meno mordace e variabile dal sarcasmo alla caricatura, nei confronti di avvenimenti, personaggi e problematiche della nostra vita contemporanea.

Spesso, pure i giornalisti illustri, da me ricordati, sono stati oggetto degli stessi cattivi giudizi, oggi rivolti a me, oscuro e microbico autore di provincia. Da qui il mio orgoglio di subire lo sprezzante “pollice verso” della corte ruffiana del potente di turno, da me criticamente irriso e denudato. Chi ricopre un ruolo pubblico deve sempre mettere in conto di poter finire nel mirino di chi pronto a colpirlo con cartucce, cariche del sale pizzicante della satira. La penna graffia e a volte batte dove duole il dente del potente che deve farsi credere bravo, senza pecca, davvero unico.

Personalmente, poi, sono di penna graffiante e di doppietta caricata a sale solo dopo essermi a lungo documentato su chi o cosa possa risultare oggetto delle mie screanzate parole o delle mie fulminanti fucilate. In fondo, fottendomene, ringrazio, comunque, dei loro malevoli, sprezzanti giudizi le fini menti critiche del mio ultimo articolo: grazie di avermi negativamente sopravvalutato, equiparandomi nella mia piccola sorte a quanti gloriosamente più grandi di me nell’esercizio del diritto di satira.

Franco D’Emilio