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Tra gli ultimi nell’attesa del Papa che verrà

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Ogni giorno, dal primo mattino al crepuscolo, lungo via della Conciliazione verso piazza San Pietro è un afflusso continuo di pellegrini e turisti di tutte le lingue, le razze, una folla sempre tanto multicolore e spesso anche bizzarra sino alla stravaganza; una moltitudine varia nella quale si mescolano e confondono differenti ambiti sociali, livelli culturali, sicuramente pure differenti modi del sentire religioso. È il popolo di Dio che quotidianamente accorre e s’incontra, prega ed esulta nell’ampio abbraccio consolatorio del Colonnato del Bernini, quasi rappresentazione del grembo materno della Chiesa che accoglie i suoi figli.

Se, però, del popolo di Dio vogliamo incontrare gli ultimi, così cari a Papa Francesco, distinguendoli dai primi, coloro più fortunati, allora in piazza San Pietro dobbiamo andarci di notte, quando tutto si dirada, la Citta Eterna dorme e con lei riposano le migliaia di visitatori, stremati dal lungo procedere “pedibus calcantibus”. Solo allora in piazza San Pietro e nei suoi paraggi, anche in questi giorni di blindatura per la sicurezza del conclave, si notano davvero gli ultimi, solitamente invisibili nella folla diurna dei più fortunati, appunto i primi.

Senzatetto, poveri, anime sventurate per diverse ragioni si aggirano errabondi nella notte tra le mura vaticane e i vicini borghi, rioni romani, riuscendo a spingersi e sparpagliarsi sui sanpietrini dei punti più nascosti di piazza San Pietro o tra le ombre più cupe del colonnato berniniano. Un tempo, erano di più, poi alcuni sono stati accolti in una struttura messa a disposizione proprio da Papa Francesco, ma resta saldo il monito dello zoccolo duro di questa esigua, permanente rappresentanza notturna della vasta umanità infelice degli ultimi del mondo.

Per questo, stanotte, pungolato dalla mia insonnia, sono andato a San Pietro per incontrare proprio gli ultimi con i loro occhi febbricitanti, ansiosi, disperatamente rassegnati che improvvisamente, però, ti si parano davanti e sono ancora capaci di sorriderti, quale loro possibile benefattore, anche soltanto con pochi spiccioli. Un miserevole, sparuto gregge notturno di pecore nere, perché sempre nero è il colore di ogni povertà, che s’aggira inquieto nei pressi dei lussuosi palazzi vaticani, delle prestigiose università cattoliche o pontificie, e, perché no, dei rinomati ristoranti in Borgo Pio, dove piatti di cacio e pepe, carbonara e ghiotta gricia planano su tavolate di preti e pretini, innaffiate da bianco di Marino che tanto induce alle chiacchiere e alle ultime sul conclave.

Proprio in Borgo Pio ho conosciuto Marcello, accovacciato con Jolly, il suo cane, nella rientranza di un muro, ai suoi piedi il cartone di una pizza e un brik di vino: 68 anni d’età, 12 da barbone, così lui stesso si definisce, e “una trascorsa, terribile caduta libera sino a trovarsi col culo a terra, senza un tetto, costretto a chiedere panni e cibo alla Caritas e alla Comunità di S. Egidio”. Gli ho chiesto dell’opera di Papa Francesco per gli ultimi e di cosa s’aspetti dal nuovo pontefice, lui non ha risposto, ma sollevato il brik in un brindisi alla mia salute. Mi sono allontanato, incrociando sguardi ammiccanti e procacità, a stento contenute, di signore disponibili a colmare altrui solitudini; mi ha presto raggiunto anche l’offerta sussurrata di “robba bona da viaggio in paradiso”; mi ha tallonato per un po’ un pataccaro per rifilarmi a 500 euro! un Rolex Daytona vero, “che scotta”, manco avessi scritto in fronte giocondo.

In un vicolo una donna anziana spingeva imprecando un carrello da supermercato, colmo delle sue poche e povere cose, infagottate in buste di plastica; verso rione Prati un trans trascinava un trolley rosso come il suo tubino mozzafiato, richiamo di alcuni col bicchiere in mano sulla soglia di un bar di tiratardi. Alla fine, sono tornato sui miei passi verso piazza San Pietro, superando anche un controllo. Mi sono guardato attorno, ma ho incrociato solo un gruppo di pingui americani, alcuni di loro con la spilletta della bandiera stelle e strisce e la bocca spalancata in entusiastici Wow! o Wonderfull!, rimirando la basilica papale. Davvero pochi gli ultimi a San Pietro, la loro moltitudine nel mondo è davvero lontana dalla sede petrina della Chiesa, però non muore mai la speranza nel Papa che verrà, Spirito Santo permettendo.

Franco D’Emilio