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Santa Maria della Ripa a Forlì: a dire si fa presto
Proprio così, a dire si fa presto, soprattutto dimentichi quanto mai convenga dire gatto prima che quest’ultimo sia davvero nel nostro sacco: è il rischio che inevitabilmente si corre quando il clamore e l’uso strumentale della propaganda politica prevalgono sulla considerazione obiettiva della realtà, soprattutto facendo i conti senza l’oste, nel nostro caso la concreta e sicura disponibilità di risorse finanziarie da parte del Ministero della Cultura. È il caso a Forlì del recupero del complesso edilizio del Monastero di Santa Maria della Ripa per realizzarne un innovativo, utile polo culturale polivalente, finalmente allocativo, in modo sicuro e organizzato, del patrimonio archivistico cittadino.
Progetto, dunque, lodevole che può recuperare alla città di Forlì l’uso di una vasta area del centro storico, da tempo inutilizzata, abbandonata all’incuria, ancora di più con maggiore sconsideratezza dopo recenti cedimenti o, addirittura, crolli parziali dell’antica struttura muraria. Adesso, però, gira tanto ottimismo: dal sindaco Zattini agli amministratori e parlamentari del territorio, sino ai vari prezzemolini, onnipresenti saputelli culturali di ogni pulce forlivese, ecco tutti sono garruli di speranzosa certezza che il cadente complesso sia presto recuperato a una finalità importante per la vita forlivese. Al contrario, penso che si debba andar cauti, una cosa sono le intenzioni, i buoni propositi, altra cosa è la concretezza con cui misurarsi.
Vola la doppia cifra di ben 13 milioni di euro di finanziamento nelle intenzioni del Ministero della Cultura, ma, al momento, tenuto conto dei vari passaggi deliberativi e di controllo di un tale impegno, si tratta più di una possibilità insicura di risorse che di una assicurazione fondata, sulla quale poter veramente contare. Chiunque conosca il macchinoso funzionamento, centrale e periferico, del Ministero della Cultura comprende perché sia fuori luogo lasciarsi andare a facili entusiasmi, ancora di più considerando come il bilancio complessivo dello stesso dicastero ammonti a soli 4 miliardi di euro, tutto compreso, gestione ordinaria e straordinaria, insomma neppure l’0,18% del Pil nazionale.
Dunque, possiamo sparare 13 milioni come 15 o 20 milioni di euro per l’ex Monastero di Santa Maria della Ripa di Forlì, sono tutte soltanto boutade propagandistiche di facile accatto: il Ministero della Cultura non basta, si dovrà ricorrere ad altre, eventuali fonti di finanziamento, magari anche includendo sponsorizzazioni private. Qualcuno dirà “l’ha garantito l’ex ministro del MIC Sangiuliano”, ma come dare fede a chi, seduttore ministeriale, ha già disatteso con grande clamore la promessa di mari e monti alla sua collaboratrice? Suvvia! Il nuovo ministro Giuli lo misureremo prossimamente, anche sulla faccenda del monastero forlivese. Né si sbilanci troppo, come risulta dalla cronaca, il vicesindaco forlivese Vincenzo Bongiorno, così sicuro di avere già in tasca i 13 milioni promessi ovvero la certezza del recupero del cadente edificio di via della Ripa: quasi lo stesso entusiasmo del somigliante Andrea Guidi, l’artigiano calvo con occhiali dalla montatura scura, protagonista dell’assillante pubblicità di Poltrone & Sofà per divani di qualità!
Eppoi, come dimenticare l’analogia con la ex Casa del Fascio di Predappio: tutto pareva partito per il restauro del monumentale edificio del Ventennio, i primi fondi assicurati, ma lavori nisba e, addirittura, ora, carte in tribunale, una storia tragicomica, pure di tanta pochezza amministrativa locale. Se, ancora, consideriamo che potrebbe aggirarsi attorno agli 8-9 milioni il costo complessivo del restauro predappiese, fra l’altro su un edificio, comunque, di maggiore stabilità e felice conservazione; se, ancora di più, consideriamo come la già sola destinazione a fini archivistici del restaurando monastero forlivese debba prevedere il costoso adeguamento delle strutture ai valori di carico per piano del materiale documentario, poi l’altrettanto onerosa e particolare sistemazione degli ambienti di conservazione ai fini di un microclima, compatibile con il patrimonio cartaceo, infine la collocazione del razionale castello di scaffalatura, compresi i moderni scaffali compatibili mobili su rotaia, beh, allora, credo ci si intenda che tutto sia più facile a dire che a farlo, che di soldini ne occorrano davvero tanti e sicuri: insomma non si va a nozze con i fichi secchi di tanta vana, parolaia propaganda di partito.
Franco D’Emilio