Leggilo in 4 minuti
Ciambellano alla corte forlivese del sindaco Zattini
Oggi, mi pesano l’uggia del tempo, nuvoloso e carico di pioggia, e l’indotto, consapevole malumore, per dirla alla Ennio Flaiano, quanto sempre più sia inutile chiedersi dove andremo a finire perché già ci siamo ampiamente finiti. È la condizione ideale per un cazzeggio ironico, magari perspicace, sagace, mordace, persino rapace di puntute spigolature forlivesi ovvero notizie o argomenti, apparentemente di interesse marginale, ma sotto sotto molto significativi come, in fondo, vadano le cose a Forlì. Orsù, partiamo, una sola la spigolatura.
Un tempo, le corti dei re annoveravano il ciambellano e un seguito di favorite: il primo aveva cura della residenza del sovrano e del cerimoniale regio; le seconde elargivano loro grazie, segrete e nuove, al monarca, sollevandolo un po’ dall’onere degli affari stato e dalla noia che ogni notte fosse la solita zuppa. Adesso, in tempi repubblicani, anch’essi non privi di cortigiani leccapiedi in parità di genere, allo stesso modo sopravvivono corti, cerchi magici, codazzi e, più meno ristretti, entourage, ciascuno col proprio ciambellano e i propri favoriti o favorite politici.
Succede anche nel citadon forlivese, alla corte del sindaco Zattini, primo cittadino d’impronta destrorsa, spesso con sotteso, malizioso avvitamento, diciamo pure scappellamento a sinistra, degno della supercazzola monicelliana di Amici miei: ciambellano efficiente, solerte e plaudente è il vicesindaco Vincenzo Bongiorno (nella foto in primo piano a sinistra con gli occhiali), perfetto nel suo physique du role e nel suo tratto istituzionale; favoriti e favorite taluni miracolati, di giunta e non solo, brillanti ed originali quanto un fondo di vetro e una goccia d’acqua bagnata. Mi onora, sino al dubbio del mio senno, aver contribuito col voto a questa corte municipale.
Bravo e impareggiabile il vicesindaco ciambellano Bongiorno: davvero abile nei selfie a futura memoria dei posteri e davvero versatile nel rispondere ad interrogazioni di competenza di altri assessori; poi, attento promotore di tanta cultura di banali luoghi comuni e temi vacui: insomma, unico e insostituibile, purtroppo anche per l’irrevocabile volontà divina che ne fosse gettato via lo stampo, come per ciascuno vivente. Quindi, godiamoci, finché possibile, la preziosa disponibilità di tanto amministratore, fedele portavoce ed impeccabile facente le veci: chi, come lui, sempre pronto a pontificare ciecamente ogni batter di ciglio del sindaco?
Chi, come lui, ubiquo prezzemolino culturale, così fermo nella piatta conferma di progetti dei precedenti assessori alla cultura oppure soddisfatto organizzatore di minimi eventi culturali con la finalità di dare ampia visibilità ad autori e librucci locali, persino vecchi di stampa e di argomento trito, nulla di che? Chi, come lui, entusiasta anfitrione di una “cena a impatto zero” in via Giorgio Regnoli con “tanta convivialità all’insegna del buon cibo, tanta Comunità e buona musica” sino al punto di sbracarsi in un azzardato “Ad maiora …. Per il centro storico della meravigliosa Forlì”? Chi, come lui, allora così sicuro di crescenti, promettenti premesse con le gambe sotto una bella tavolata per la rinascita sociale ed economica dell’abbandonato e problematico centro cittadino?
Davvero un vicesindaco giusto con la faccia giusta, le argomentazioni giuste, dotato del giusto appeal istituzionale, persino con la giusta empatia, dispensatrice di cuori e cuoricini sui social. Se non esistesse, bisognerebbe inventarselo e non sarebbe facile: in che modo, infatti, dare pari sembianze umane a tanta materia ed energia, a tanto valore e merito? Peccato che a questo pensiero un nefasto, violento, tuonante scroscio di pioggia si sia abbattuto su Roma, forse un segno.
Franco D’Emilio