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Corrado Augias campione del “chiagnere e fottere”

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Avere la faccia come… le terga, suvvia non voglio risultare scurrile, vuol dire sostanzialmente non vergognarsi di nulla e, contro ogni evidenza, continuare a dire, fare cose sbagliate, pure contraddittorie, come nulla fosse: al massimo della sua espressione significa la faccia tosta di chiunque sia cosi superbo, spocchioso, tracotante, quindi certo di potersi collocare nell’aura di un indiscutibile, autorevole, intoccabile prestigio personale.
È il caso di Corrado Augias che, appena licenziato dalla RAI dopo, attenzione bene, ben 63 anni di ininterrotto servizio, subito si è sentito leso nella sua personale intangibilità di grande intellettuale di sinistra, al di sopra del giudizio, delle critiche di tanto popolo di grossolana cultura.

Subito, però, il fine intellettuale Augias non ha esitato a correre a frignare in un’intervista di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera e a consolare le sue terga della perduta, comoda poltrona Rai, accomodandosi sulla più spartana cadrega de La7 nella trasmissione diMartedi’, condotta da Giovanni Floris, alfiere di una sinistra sinistrata dagli elettori, ma non affatto rassegnata al boccone amaro della sconfitta, a valere appena un misero due di briscola.

Così, dopo aver mangiato per decenni pane e companatico Rai l’eccelso Corrado Augias, astioso e velenoso, ha morso la mano generosa dell’emittente pubblica, sparando bordate micidiali contro la destra ed il suo attuale governo, addebitando a questi la sua cacciata dalla Rai per realizzare un piano radiotelevisivo più conforme alla propria povertà ideologica e culturale. Eh, già, solo a sinistra, e Augias ci ha campato sopra da tempo, si fa cultura! Questa la pretenziosa pretesa, sostenuta da decenni di impero politico della sinistra nel mondo editoriale, nell’informazione, nella radiotelevisione.

Proprio per questo, Augias si è convinto per decenni non tanto di essere necessario, quanto addirittura indispensabile, senza di lui in Rai solo pochezza, vuoto: una convinzione perlopiù accompagnata da un inconfondibile sorriso compiaciuto, vanitoso, che, però, se contrariato, non esita a trasformarsi in un ghigno sprezzante e stizzito, a denti serrati.
Sempre immancabile in Augias lo sfoggio di tanta vanità personale, un esempio la giustificazione data del suo repentino passaggio, armi e bagagli, a La7: “ho ceduto al corteggiamento di Cairo”.

Eppure, questo fine intellettuale, ormai si fa per dire, con tanto spirito volpino dominante sui valori dello spirito e della conoscenza, non ha poi esitato a scrivere una pagina insolitamente grottesca della sua persona: dopo aver frignato e sparso fiele contro la Rai, ha accettato la proposta di quest’ultima per una nuova conduzione del programma “La gioia della musica”. Che dire? W l’incoerenza, il permaloso doppiogiochismo, il fine esercizio di quel comportamento che a Napoli si riassume nel “chiagnere e fottere” (piangere e fottere), la condotta tipica di chi si lamenta quando tutto o qualcosa gli va male, ma al tempo stesso è pronto a trarre dal marcio qualunque vantaggio alla sua persona. Che dire, il fine intellettuale Augias campione del “chiagnere e fottere”?

Franco D’Emilio