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La bufala leghista “La Romagna siamo noi”

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Davvero triste la vicenda delle mascherine, motivo di vitto, alloggio e sole a scacchi, tutto gratuito in carcere per l’ex parlamentare leghista romagnolo Gianluca Pini: sarà la giustizia attraverso il lavoro paziente dei magistrati a far luce su una storia che tanto ha colpito, sdegnato tutta l’opinione pubblica italiana. Ancora di più colpiti i romagnoli, soprattutto i leghisti romagnoli per lo scapaccione politico e morale, inferto loro dall’ex compagno di partito. In questi giorni i giornali, le televisioni rimandano la vicenda umana e politica di Pini, bolognese di nascita ma forlivese d’adozione: lo definiscono ex autista di Umberto Bossi, il fondatore e padre tutelare della Lega; poi parlamentare senza gloria e senza infamia per qualche legislatura; successivamente imprenditore nel settore della ristorazione e quant’altro utile a fa soldi, tanti e presto. Tutto sempre sfruttando, visti i suoi trascorsi, il proprio accreditamento presso i vertici della Lega, quindi la possibilità di entrature ovunque, anche oltre usci solitamente chiusi ai normali cittadini.

Anche fuori dalla politica attiva Pini era rimasto un parvenu, ostentando oltre misura qualità e poteri non posseduti: avevano abboccato tanti elettori in buona fede, figuriamoci se alla stessa esca non fossero accorsi ambiziosi arrampicatori! In fondo giovava a Pini stare nel cono d’ombra della politica, quasi dimenticato, ridotto alla figura di un carneade qualunque, ma libero di scorrazzare, in lungo e largo, il sottobosco politico degli affari e dei maneggi, delle “palle al balzo” o dei treni che passano una volta sola nella vita e bisogna saperci saltare sopra al volo.

Gianluca Pini, come si dice a Firenze, “l’era diventato un’acqua cheta che rompe i ponti”, zitto faceva e disfaceva, certamente dimentico di tanti slogan leghisti farlocchi, da “Roma ladrona, la Lega non perdona” a “La Lega ce l’ha duro”, dichiarazione di virilità nordica, fino al fermo “Più lontani da Roma più vicini a te!” Pini, invece, è diventato subito buon allievo di Roma ladrona, si è illuso di aver le palle del più furbo, infine è rimasto nel giro della politica romana perché, si sa, anche dal nord tutte le strade portano nella città eterna.

Leggo oggi che il nostro eroe, ora al gabbio, spero ancora poco per lui, la pietà cristiana non mi abbandona, avrebbe avuto mire persino sui locali, un tempo di Eataly in piazza Saffi a Forlì, e sull’ex sede Enel prossima al Museo del San Domenico, per ricavarne un confortevole albergo stellato per i visitatori delle grandi mostre forlivesi. Addirittura, sulle orme di Oscar Farinetti o dei Baglioni Hotels!

Proprio vero che l’appetito vien mangiando e nessuno è mai pago, come Edoardo Nottola, protagonista del film Le mani sulla città di Francesco Rosi nel 1963! Poco fa, tanto per chiudere in bellezza, mi si è parata in video una foto con il primo piano di Gianluca Pini sullo sfondo di una scritta “La Romagna siamo noi”, quindi l’immagine di una trascorsa manifestazione nella quale il politico romagnolo richiamava la forte identità leghista dei romagnoli. Quanto indecoroso e falso, alla luce degli ultimi avvenimenti, quello slogan: solo una bufala, adesso miseramente finita al pettine della storia, del giudizio dei cittadini e dell’esame dei giudici.

Franco D’Emilio