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Confesso, sono omofobo
Da alcuni giorni passa in televisione un nuovo spot pubblicitario di una nota società italiana di compravendita immobiliare: due giovanottini, non so di quante possibili belle speranze, chiaramente omosessuali, intenti a scambiarsi effusioni amorose, tutelano la loro intimità, tirando le tendine sullo sguardo curioso di due anziani, coppia banale di un uomo e una donna, da un balcone del palazzo dirimpetto; un giorno, però, sorpresa delle sorprese, i due maschietti notano come i due anziani abbiano steso al balcone un bucato arcobaleno, gli stessi colori della bandiera del cosiddetto “orgoglio Lgbt+”, a sostegno del movimento per i diritti di quanti non si riconoscono nell’eterosessualità, così i due comprendono, sorridono mentre compare una didascalia, ruffiana e complice, più o meno “L’Italia ti è vicina più di quanto pensi”.
Bene, l’Italia è vicina pure agli omosessuali, perfino quella degli anziani, solitamente poco indulgente verso nuove prospettive sessuali e passionali perché, si sa, da che mondo è mondo, se lasci la via vecchia sai quel che lasci, ma non quel che trovi. Comunque, la comunità omosessuale comprende consumatori, possibili acquirenti, c’è un potenziale mercato immobiliare delle coppie omosessuali e la società immobiliare, fiutando l’affare, ci mette sopra le mani. Altra pubblicità quella di una famosa industria svedese del mobile componibile: anche qui due giovanottini, visti di spalle, mano nella mano, uno con la borsa gialla del marchio, presumo per premurosa attenzione al diverso ruolo altrui, infine, sopra di loro, la scritta “Siamo aperti a tutte le famiglie”. Qui, forse, prevale un messaggio più ampio, ecumenico, insomma rivolto a tutte le famiglie, comprese le unioni omosessuali, ma, per fortuna, non principalmente a quest’ultime.
Però, c’è una forzatura ovvero una coppia omosessuale non costituisce, anzi non può mai costituire una famiglia: l’art. 29 della nostra Costituzione definisce la famiglia “come società naturale fondata sul matrimonio”, quindi con riferimento all’unione di un uomo e una donna perché, diversamente, nemmeno si spiegherebbe l’origine e l’uso stesso del vocabolo matrimonio dal latino mater per garantire la cosiddetta “maternità legale”, quindi designare il ruolo e la finalità della donna nell’unione matrimoniale. Questo intendevano i nostri padri costituenti e concordi sulle loro conclusioni furono tutti i partiti, dalla Democrazia Cristiana al Partito Comunista; poi, i tempi sono cambiati, si è registrata una insana involuzione dei costumi sessuali, un azzardo, infatti, parlare di evoluzione, e, patatrac, la famiglia tradizionale, unica di sicuro futuro sociale e certo valore umano, oltre che morale, è stata avversata a tutela della minoranza, seppur crescente, degli omosessuali.
Assurdo! Quest’ultimi pretendono che due donne o due uomini costituiscano una famiglia, non vogliono più accontentarsi della cosiddetta legge Cirinnà del 2016, a disciplina e tutela delle convivenze di fatto e delle unioni omosessuali. Eppure, la famiglia è unicamente quella di una donna e un uomo, diversamente è tutt’altra cosa, solo un’unione, un vano, improprio surrogato familiare: infondato discuterne o assecondarlo, ancora di più se vogliamo contrastare talune possibili nefaste conseguenze come la “maternità surrogata o utero in affitto”. Intanto, l’art. 29 della Costituzione resta invariato! Ancora resto sgomento all’ipotesi quale fine possano fare nell’unione omosessuale l’amore materno e quello paterno, quale orientamento possa prendere l’amor filiale; intravedo solo tanto disordine, sicuramente della stessa matrice, umana e morale, spesso in alcune famiglie all’origine dell’omosessualità dei figli.
Io lo confesso, sono omofobo, sento avversione verso il mondo omosessuale, ma senza ostilità o avversione, anzi lo tollero nel rispetto della legge; il mio politically correct, però, si ferma qui: resto fermo sull’unicità della famiglia naturale donna-uomo con la sua esclusiva potenzialità genitoriale, proprio come l’hanno conosciuta i miei genitori, come l’ho apprezzata io stesso, come tanti italiani ancora la vivono nella continuità del passaggio di testimone da genitori a figli a nipoti. Mentirei se, cedendo ad un diffuso atteggiamento di conformismo compiacente verso il mondo omosessuale, tacessi di essere omofobo, per questo rivendico il diritto di dichiararlo, fuori da ogni intento discriminatorio e di violenza che può farmi incorrere nel reato di omofobia, in base alla legge Zan, dal nome dell’omonimo deputato del Partito Democratico.
Eh, già, un tempo la sinistra si raccoglieva all’appello “Proletari di tutto il mondo unitevi!”, oggi, più striminzito e grottescamente colorito, vale “Orgoglio Lgbt+!” e alle bandiere rosse, inequivocabili e senza indugi, si sono sostituite i drappi arcobaleno con l’ambiguità di fartene vedere di tutti i colori in un mondo particolare, tanto diverso, dove nessuno sa se essere carne o pesce o chissà mai quale altra diavoleria. Resto omofobo, dunque reazionario, retrogrado e quant’altro possano indirizzarmi i vessilliferi del movimento omosessuale, ma, credetemi, non posso tacitare la voce della mia coscienza: piccola, miope o sbagliata che sia.
Franco D’Emilio