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Samorì: «Per il progetto dell’ex Casa del Fascio si deve coinvolgere il tessuto economico e imprenditoriale»

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«È notizia già di qualche settimana fa, ma difficile non intervenire in un dibattito così significativo non solo per Predappio, ma per il nostro territorio. Mi riferisco evidentemente all’annuncio – ancora piuttosto pallido – dell’avvio del primo lotto di circa 3,5 milioni destinato all’ex Casa del Fascio entro la fine dell’anno da parte del primo cittadino di Predappio. La notizia fa sospirare, in molti, perché in molti non dimenticheranno che una prospettiva ben più strutturata e articolata venne fatta nel corso dell’ultima Amministrazione di centro-sinistra, guidata dal sindaco Frassineti, quando molta polvere fu sollevata da decenni in stato di abbandono, presentando l’idea di un progetto che avrebbe riqualificato una delle aree simbolo della comunità di Predappio, il quadrilatero compreso tra Piazza Sant’Antonio e Palazzo Varano, e restituito nuova identità attraverso un recupero che puntava a realizzare un centro culturale, dedicato alla storia dell’Italia nella prima metà del ’900, e uno spazio espositivo permanente, cioè un centro di documentazione dedicato alla storia del Fascismo» è il commento di Sara Samorì consigliera comunale di Forlì del Gruppo Misto.

«Al contrario oggi – continua – le incognite rimangono. Incognite temporali, ma rivolte soprattutto al volto e all’identità di quel progetto che non possono sottacerne il portato simbolico, ma allo stesso tempo l’indotto prevalentemente storico ma anche economico, di riqualificazione urbanistica, di una comunità che non può rimanere una semplice “cartolina” perché rappresenta ed esprime, ancora oggi, molto di più. Incognite perchè il progetto del centro di documentazione è stato accantonato favorendo una destinazione d’uso più prevedibile, forse meno “rischiosa”, ma decisamente meno audace e filologicamente adeguata rispetto al grande valore architettonico del bene e alla sua portata simbolica.
Il tema, a mio avviso, non è solo quello di rinnovare con determinazione la ricerca delle risorse necessarie (in fondo, questo è uno dei precisi compiti di un amministratore) ma riuscire poi a coinvolgere in modo efficace le tante competenze che sono necessarie perché un progetto del genere possa diventare non solo un’occasione di dibattito aperto sulle forme migliori per raccontare e conoscere il passato in modo più complesso e maturo, ma anche coinvolgendo il tessuto economico ed imprenditoriale di Predappio, così brillante ed eterogeneo, trovando insieme il modo per anticiparne, anche tangibilmente, una funzione vivace ed attuale».

«Non dimentichiamo che quella che fu una tra le case del fascio più grandi d’Italia con una torre littoria di oltre 40 metri, non fu solo meta di pellegrinaggi nel corso del Ventennio, ma “vissuta” nell’immediato dopoguerra fino ad almeno agli anni Sessanta. Ricorre oggi più che mai la necessità di farlo, per evitare che in occasione di un anniversario così fondativo per la nostra Costituzione, anche il 25 Aprile, quasi ritualisticamente, torni a rappresentare il campo di battaglia delle divisioni, dell’affermazione di una (apparente) storia politica sull’altra e che, al contrario, ci ricorda l’importanza di valori come la fratellanza, la pace, la solidarietà, il senso di identità civile e culturale e, soprattutto, la libertà. Nonostante, infatti, in Italia la libertà non sia più a rischio come un tempo, nella nostra vita quotidiana continuano a verificarsi circostanze che dovrebbero mantenere alta l’attenzione sul tema della libertà individuale, circostanze di cui non sempre siamo consapevoli. Più semplicemente, la storia è la storia di tutti noi. Per attualizzarla, avvicinarla, va approfondita senza strumentalizzazioni di parte e adeguata al suo contesto, rispettandola. Se non si vuole raccontare tutta la storia ma una parte di essa, forse la verità è che non ci siamo ancora “perdonati”. Ma è una responsabilità, alla quale non possiamo più sottrarci» conclude Sara Samorì.