Leggilo in 4 minuti
Francesco partigiano a 14 anni a Belluno
La notizia è stata diffusa dall’agenzia nazionale di stampa ANSA, quindi da una fonte credibile, autorevole nel campo dell’informazione: notizia che fa stupire, riflettere e lascia sgomenti dove possa giungere la sconsideratezza degli adulti, in particolar modo, in questo caso, quella di taluni genitori. A Belluno un quattordicenne, dunque un ragazzino di terza media, al massimo prima superiore, è stato tesserato, quale più giovane nuovo iscritto, all’ANPI, Associazione Nazionale Partigiana d’Italia.
Ohibò, “chi ben comincia è a metà dell’opera”, tanto per ricordare una locuzione dalle epistole del poeta latino Orazio, ora davvero azzeccata riguardo a Francesco, così si chiama il novello partigiano, tralascio il cognome, pur se noto, per ovvia opportunità verso un minore; non resta che attendere qualche anno per conoscere qualche sua impresa da epico resistente: contro chi e perché, non importa, l’ANPI per quasi ottanta anni è riuscita a spacciare la fuffa del molino a vento del suo antifascismo come baluardo contro un inesistente, incombente pericolo fascista.
Forse il giovinetto, precoce partigiano e bandito nella storica definizione degli odierni pericolosi fascisti in agguato per tutta Italia, dovrà presto esercitarsi, pure solo con qualche pietra, però di particolare significato, magari le cosiddette “pietre resistenti”, ideate a Fiumana di Predappio, delle quali gli ideatori potrebbero fornire adeguata fornitura.
Nella sua precocità partigiana il compagno Francesco entra nel guinness dei primati per la sua capacità di intendere, conoscere il Fascismo e per la sua scelta determinata di volere ad ogni costo la sospirata tessera ANPI, quasi sulle orme del “volli, sempre volli, fortissimamente volli” di Vittorio Alfieri.
A 14 anni si può intendere e volere appieno, relativamente al Fascismo e alla Resistenza, soprattutto riguardo al tema, alle cause di una drammatica, trascorsa guerra civile fratricida italiana?
Non credo neppure che la scelta del promettente partigiano sia stata agevolata da un’esaustiva trattazione storica del Fascismo a scuola: Belluno può, forse, contare scuole migliori sul piano organizzativo e dell’edilizia, ma per quanto riguarda i programmi d’insegnamento, quello della storia compreso, valgono gli indirizzi ministeriali, roba da mettersi davvero le mani nei capelli, persino nelle scuole superiori, dove, se va bene, davvero grasso che cola, la storia arriva all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.
Lo sbarbatello bellunese ha motivato la sua inclinazione partigiana, sollecitata “ascoltando i racconti di alcuni amici di mio papà. Fin da piccolo mi parlavano delle battaglie combattute in queste zone e del ruolo dei partigiani”. Insomma, cresciuto a Bella ciao e Ora e sempre Resistenza, magari tra un piatto di casunziei, tortelli di rapa rossa, e perché no, si spera il giusto, qualche sorso di gagliardo pinot nero.
Veramente triste la storia di questo ragazzino, vittima innanzitutto di genitori che, invece di educarlo alla scoperta e difesa del bene, lo hanno fatto crescere nella fissa che, comunque, c’è un male, un nemico, una mala erba da combattere, estirpare alla radice.
È una storia grave che ci insegna quanto poco facciamo tesoro di certe, passate storie analoghe: anche Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle terroristiche Brigate Rosse, sin da giovanissimo era cresciuto a Reggio Emilia nel mito partigiano della Resistenza tradita della Federazione Provinciale del PCI, ne abbiamo conosciuto le tragiche conseguenze.
Al giovanissimo Francesco di Belluno, potrebbe essere mio nipote, mi permetto solo di rivolgere un benevolo augurio: amplia i tuoi orizzonti, ben oltre i crinali dolomitici, teatro di guerra tra partigiani e fascisti; cresci libero, soprattutto critico, costruttore di un mondo nuovo, non già diviso a priori, come nel caso partigiani contro fascisti; se vuoi essere davvero Francesco in tutta la tua autenticità, guardati bene dentro per essere te stesso e per conoscerti.
Franco D’Emilio