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Festa del Papà: chi dei due?

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Quanto mi accingo a scrivere non sarà molto condiviso, anzi sarà osteggiato fino ad alienarmi la simpatia di tanti, ma poco importa: non mi è mai interessato fare il piacione, rinunciando, anche solo parzialmente, alla mia libertà d’espressione. Domenica 19 marzo ricorre in tante nazioni la Festa del Papà e, forse, un bambino, suo malgrado figlio di una famiglia omosessuale maschile o femminile, preso da dubbi, si chiederà “Chi dei due o delle due è il mio babbo?

Non solo, analogo interrogativo potrà, sempre negli stessi paesi, riproporsi il prossimo 14 maggio, Festa della Mamma, per l’indecisione dello stesso bimbo a chi attribuire il ruolo materno: nel primo caso, due maschi, sono già di per sé improbabili protagonisti di maternità; ancora di più, nel secondo caso, nonostante la presenza di due femmine, entrambe potenziali genitrici, resta difficile a chi attribuire il duplice ruolo di genitrice e madre oppure solo quello di amorevole figura materna.
Non finisce qui: pensate, nell’una e nell’altra ricorrenza, alla ridda di dubbi del bambino, invece figlio di famiglia omogenitoriale, quindi un solo genitore, uomo o donna, che potrebbe interrogarsi se per lui sia fortuna o sfiga, lascio a voi la conclusione, avere avuto in sorte un solo genitore, ibrido di papà e mamma.

Certo, un bel casino questa intricata pretesa di assurdi, infondati diritti civili, reclamati da adulti contro il destino, il futuro e, non esito a scriverlo, sulla pelle di bambini ignari, costretti ad una “diversità familiare”, discriminante rispetto a quella normale, per fortuna ancora dominante, di tanti loro coetanei.
Già in diverse nazioni, penso, ad esempio, agli Stati Uniti, alla Francia, Olanda e Svezia, questi bambini sfortunati pagano l’egoismo di adulti che, per soddisfare la loro impropria inclinazione e conseguente visione edonistica della vita, buttano all’aria i fondamenti naturali della comunità umana, ricorrendo ad artifizi, ammantati dal reclamo di diritti civili, e, addirittura, a surroghe e surrogati del ruolo materno e paterno.

Non sempre le decisioni, assunte da tali nazioni sul tema dei diritti civili, sono indice di civiltà e progresso, modernità, liberazione da chissà quali costrizioni della tradizione: spesso, in tali realtà, tanto progresso nella considerazione del genere, quindi di nuovi ambiti familiari, insomma di innovative prospettive giuridiche nel campo dei diritti civili, convive con la permanenza vergognosa della pena di morte o di marcato razzismo oppure forte intolleranza religiosa. Dunque?

Questi nuovi diritti civili a tutela di una diversa, atipica dimensione familiare, possono solo generare contraddizioni sociali, confondere valori etici, frenare la finalità della procreazione e della crescita demografica, ma, soprattutto, creare diseguaglianze di crescita personale, sia umana che educativa: sono sicuro che col tempo misureremo i danni di questi emergenti diritti civili sulla pelle di bambini che, davvero, hanno subito e subiscono soltanto l’appartenenza a famiglie “spurie”.
Questo pericolo sempre più incombe anche sulla realtà sociale e culturale dell’Italia, frantumandone punti essenziali di riferimento.

Da sempre, per la loro crescita i bambini hanno necessità di una famiglia, intesa come nucleo formato da un padre e una madre, ciascuno espressione di un distinto ruolo biologico e ciascuno con una propria identità, un netto profilo genitoriale, soprattutto psicologico.
Ora, pure in Italia, si persegue l’intento di strumentalizzare, adattare i bambini all’esistenza di famiglie omosessuali o monogenitoriali, dunque fittizie, infondate; ora, pure in Italia, c’è il proposito di assecondare questo egoismo adulto di genitorialità innaturale, magari con la maternità surrogata o altri espedienti in barba alla contrarietà della legge. I bambini non si acquistano, né si scelgono su un catalogo in internet, neppure possono importarsi per adozione riconosciuta in altre nazioni.

Una cosa, però, è certa: da sempre, indimenticabile, al riguardo, il bellissimo film drammatico “I bambini ci guardano” del 1944 per la regia di Vittorio De Sica, tutti i bimbi del mondo si guardano attorno, considerano e giudicano il mondo degli adulti, sono in grado di percepire la pienezza o l’artificiosità del loro ambiente familiare.
Eppure, li rendiamo vittime di scelte contrarie alla nostra cultura, ai nostri valori, alla nostra stessa Costituzione, Parte I, Titolo II Rapporti etico-sociali, laddove l’art. 29 non lascia dubbi con “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, marcando, non a caso, la caratteristica di “società naturale”. Non possiamo e non dobbiamo stravolgere l’istituto familiare per assecondare condizioni altrui, espressione di disagio e/o disordine personale. Si obietterà che i tempi cambiano e tutto evolve, ma è pur vero che i mutamenti non sempre valgono l’opportunità di essere ben accolti. Per me, credente, eppur laico, valgono le parole di Papa Benedetto XVI: “Non è l’uomo che decide, è Dio che decide chi è uomo e chi è donna”.

Franco D’Emilio