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Contro la storia “Il Miglio Bianco” dell’assessore Melandri

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Ultimo aggiornamento:

Il miglio terrestre è unità di misura della distanza nei paesi anglosassoni, pari a 1.609,34 metri ovvero poco sopra 1 Km. e 500 metri: bene, a Forlì, la distanza tra la stazione ferroviaria e i giardini pubblici di piazzale della Vittoria, viene segnalata da Google Maps pari a 800 metri, percorribili in 3 minuti d’auto e in 10 minuti a piedi.
Per sincerarmi ancora di più della cosa, stamani sono partito in auto alle ore 11.11 proprio dalla stazione e alle 11.14 ho sostato dinanzi all’ingresso del citato giardino pubblico, con il contachilometri che segnava ancora 25.715 Km., lo stesso dato registrato alla partenza!
Dunque, non corre alcun miglio terrestre lungo viale della Libertà, ma solo poco più di 800 metri per cui la conclusione s’impone: l’assessore alla cultura di Forlì, Valerio Melandri, ha dato a bere una panzana, cosa davvero grave, perché incauta, ai tempi dell’informazione e della cultura minimalista di Wikipedia.

Forse, l’assessore Melandri voleva stupire nel coniare l’astrusa definizione de “Il Miglio Bianco”, utile sia per la promozione culturale del patrimonio urbanistico-architettonico lungo viale della Libertà sia per sostenere presso l’Unesco la candidatura di questo stesso “museo a cielo aperto” forlivese a patrimonio dell’umanità.
Peccato che per tanto nobile intento abbia perso la bussola creativa, confondendo un calzino lungo con uno corto! Forse, e la cosa può persino comprendersi, in un soprassalto di rigore estetico da “arbiter elegantiae” o alla Lord Brummel il nostro assessore, vessillifero della cultura forlivese, ha ritenuto più chic che Forlì, sempre lungo il viale della stazione, indossasse un calzino lungo, anche se bucato in punta da una balla, tanto, si sa, la scarpa nasconde ogni magagna.

In conclusione, pur arrotondando gli 800 metri reali, sarebbe stato più giusto, opportuno definire “chilometro” il percorso in questione: invece no, l’assessore Melandri, ancora succube della perfida Albione, ha misurato, sbagliando, con una lunghezza inglese la storia italica della ricchezza architettonica ed urbanistica di viale della Libertà.
Eppoi, perché bianco questo falso miglio nell’originalissima definizione assessorile “Il Miglio Bianco”?

Già il vocabolo “miglio” non suscita il mio entusiasmo, richiamando anche il nome di un cereale minore, utile contro la celiachia e la stitichezza, oltre che becchime per uccelli, tutte virtù, certo, poco consone a celebrare la monumentalità e l’audacia architettonica di viale della Libertà; poi, però, pure l’aggettivo bianco mi sa di sciapo, niente di che, anch’esso a sproposito perché erroneamente, forse per una particolare forma di daltonismo, ritenuto richiamo al colore dominante del marmo di travertino, usato negli edifici che insistono su viale della Libertà: non mi pare che lungo detto viale vi sia tanto dominante, particolare, inusitato candore marmoreo da farne peculiarità unica.
In realtà, il bianco del travertino convive con il rosso dei mattoni o diffuse tinteggiature esterne chiare.

Se l’assessore Melandri, al pari di altri, come scriveva Beppe Fenoglio, non avesse paura della storia come della propria ombra, quindi non fuggisse dalla verità e dai valori della cultura, allora dovrebbe scrivere e parlare di “chilometro fascista o del Ventennio o della Forlì fascista”, invece no, gira al largo da ogni riferimento esplicito al periodo mussoliniano e, pavido, cita solo, bontà sua, la prima metà del ‘900, il razionalismo e grandi architetti come Cesare Valle, Arnaldo Fuzzi e Cesare Bazzani.

Perché non dire, anzi ribadire la verità storica che lungo il viale forlivese dalla stazione a piazzale della Vittoria è stato il Fascismo a dar vita ad un nuovo polo eccentrico di sviluppo cittadino con opere pubbliche destinate alla scuola e all’educazione, all’edilizia residenziale e alla mobilità ferroviaria, allo sport e alla tutela antinfortunistica?
Perché non dire che viale della Libertà, un tempo viale Benito Mussolini, è espressione a Forlì della modernità della città fascista, ancora oggi segno tangibile di indiscusso valore architettonico e urbanistico?

Non sono un nostalgico né un neofascista: solo non temo le ombre, compresa la mia, dunque neppure quelle della storia: la verità va guardata fissa in volto, mai si deve volgere lo sguardo altrove, lontano da essa!
Il Miglio Bianco? “Che c’azzecca?” si chiederebbe l’ex giudice Antonio Di Pietro!
Che c’azzecca il miglio con ottocento metri: solo tanta voglia di arrivare più lontano, rimanendo fermo al punto di partenza! Ancora di più, che c’azzecca quel bianco che sa tanto di neutro neocerchiobottismo DC “biancofiore” in salsa zattiniana, tatticamente equidistante da tutto e tanto piacione a destra come a sinistra.
Tutto per qualche voto in più alle comunali del ‘24, anche mentendo sulla reale distanza dalla storia dell’attuale politica forlivese?

Franco D’Emilio