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Storia di un’immagine in bronzo della Madonna del Fuoco
Per il periodo dal 1940 al 1944 don Carlo Zauli (1909-1995), parroco di San Giorgio, tenne un diario degli avvenimenti della parrocchia che redigeva giornalmente in modo puntuale ed esaustivo. Nei giorni precedenti al 4 febbraio 1944, Festa della Madonna del Fuoco, scrive: “La necessità di evitare eccessivi agglomeramenti, per il pericolo dei frequenti allarmi aerei, ha suggerito una felice iniziativa allo scopo di ottenere una più intima unione dei forlivesi in questa circostanza e per accendere maggiormente nel cuore di tutti l’amore alla Madre celeste. Perciò a cura della Direzione del Santuario della Madonna del Fuoco, con l’aiuto del consiglio diocesano della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, è stata distribuita in tutte le case della città un’immagine della Madonna con alcune brevi preghiere adatte alla circostanza che si dovranno recitare in ogni famiglia durante la novena, possibilmente alle ore 20.00 di ogni sera, affinché il coro di voci si elevi simultaneamente con amore figliale e fiducioso alla Madonna del Fuoco perché voglia proteggere la nostra città e salvarla dagli orrori delle incursioni aeree. L’iniziativa ha dato motivo di dimostrare ancora una volta quanto sia grande la fiducia dei forlivesi nella loro celeste patrona“.
Purtroppo i fatti andarono diversamente, come annota don Zauli, già pochi giorni dopo, il 9 febbraio, riporta la notizia della morte a San Martino in Villafranca, presso la sorella, di mons. Vincenzo Scozzoli, Vescovo di Rimini. Don Zauli scrive che l’alto prelato: “Era rimasto sotto le macerie, assieme ai vescovo ausiliare, del suo palazzo vescovile in seguito alle incursioni aeree su Rimini. Il Seminario, la Curia, l’antica Cattedrale e moltissime Chiese sono rimaste distrutte. Il dolore immenso per la sua diocesi, che ha governato per più di 40 anni, ha affrettato la morte di questo santo vescovo onore e gloria del clero forlivese. I funerali saranno celebrati nella nostra Cattedrale e la salma verrà tumulata nella tomba di famiglia nel cimitero della parrocchia di San Martino in Villafranca“.
La salma di monsignor Scozzoli fu portata effettivamente in Cattedrale, in forma privata, alle ore 17,00 del 10 febbraio, accolta dai componenti del Capitolo del Duomo e dai seminaristi. Fu quello un altro giorno drammatico e non solo per l’evento luttuoso. In quei giorni Forlì stava attraversando un periodo burrascoso, in tutti i sensi, preludio di mesi che sconvolsero la città. Infatti alle ore 13,30, sempre del 10 febbraio, a San Varano, di fronte alla sua abitazione, fu ucciso da appartenenti al locale Gruppo di Azione Patriottica (GAP) il federale di Forlì Arturo Capanni. Capanni, ufficiale dei bersaglieri, era appena stato nominato a quella carica con grande sorpresa di tutti perché apparteneva a una famiglia di sentimenti repubblicani e un suo fratello era stato ucciso dagli squadristi fascisti.
La temuta rappresaglia da parte dei nazifascisti in seguito al delitto non si verificò grazie all’intervento della vedova di Capanni, la quale sostenne l’inutilità di versare altro sangue, e per il sopraggiungere di una vera e propria burrasca di vento e di neve che distolse l’attenzione di tutti su quanto era successo a San Varano. Si trattò di una vera e propria tormenta che il giorno successivo impedì perfino la celebrazione dei funerali in tutte le chiese, come racconta anche don Zauli. Alla data dell’11 febbraio il parroco di San Giorgio annota: “Dopo una stagione che prometteva bene, alternata da giornate primaverili e da burrasche di solo vento, stamattina ci siamo alzati mentre nevicava con vento impetuoso“. Il tempo pessimo impedì, aggiunge il parroco, lo svolgimento di un funerale perché né i sacerdoti né i familiari poterono intervenire e continuò per tutto il giorno causando danni, come l’abbattimento dei pali delle linee elettriche e telefoniche che furono stroncati e buttati a terra.
Dalle poche parole di don Zauli si capisce l’importanza della figura di mons. Vincenzo Scozzoli, un personaggio che vale la pena ricordare più diffusamente. Egli nacque nel 1858 a San Martino in Villafranca da una famiglia di modesti proprietari agricoli. Entrò in seminario a Forlì nel 1871 dove si distinse subito per le capacità di apprendimento e per la brillante intelligenza. Il vescovo dell’epoca, mons. Pier Paolo Trucchi, capì che il giovane Vincenzo disponeva di qualità che dovevano essere indirizzate e perciò lo inviò a perfezionare la formazione sacerdotale presso il Seminario Pio di Roma, dove rimase dal 1879 al 1886 e dove si laureò in Teologia e in Diritto civile e canonico. Dopo il rientro a Forlì si dedicò all’insegnamento, presso il seminario diocesano, e agli impegni sacerdotali. In particolare si distinse per l’attività di educazione dei giovani e per la predicazione. La carica di Canonico Teologo gli riconosceva formalmente l’autorità dottrinale che aveva acquisito con lo studio e l’abilità oratoria gli permetteva di tenere corsi e di predicare in tutta la Romagna.
Nel 1887, nella parrocchia di San Mercuriale, dove aiutava il parroco mons. Antonio Vitali, don Scozzoli organizzò un gruppo di giovani al fine di promuovere un’opera di educazione che facesse crescere una nuova generazione di laici. Di fatto fu l’inizio dell’attività del Ricreatorio San Luigi, che ebbe un notevole sviluppo tanto da aver bisogno di nuovi ambienti che furono acquistati nel 1893 in una zona nei pressi della Chiesa di San Biagio. Insieme a un altro prete, don Piero Saccomandi, ebbe la possibilità di sviluppare un’istituzione che ha segnato la vita del cattolicesimo locale e ancora oggi è un punto di riferimento per la città.
Don Scozzoli dimostrò anche in questo modo di essere vicino a tutte quelle realtà che promuovevano una più incisiva presenza della Chiesa nella società. Nel contempo acquisiva un ruolo sempre più importante nel contesto della Diocesi. Nel 1895 fu nominato Vicario capitolare in seguito al trasferimento del vescovo monsignor Domenico Svampa a Bologna, essendo quest’ultimo stato proclamato cardinale. Scozzoli resse la curia forlivese fino all’arrivo del nuovo vescovo mons. Raimondo Jaffei, il quale gli assegnò il ruolo di vicario, carica che resse fino al 1900 quando venne nominato a sua volta vescovo di Rimini. Fece l’ingresso ufficiale nella diocesi rivierasca l’8 dicembre 1901 dando vita ad un lungo periodo di magistero ecclesiastico, fino al 1944, lasciando un’impronta indelebile del suo operato.
Approssimandosi la Festa della Madonna del Fuoco occorre ricordare che monsignor Vincenzo Scozzoli fece dono alla sua famiglia, dove tuttora viene conservata con grande devozione, di un’immagine in bronzo della patrona di Forlì che ha una storia particolare. Sul retro si può leggere che si tratta di un’unica riproduzione della sacra immagine della Beata Vergine eseguita dalla Fonderia Clemente Brighetti di Bologna che prese come esemplare quella impressa nel 1880 al momento della fusione, effettuata dalla stessa ditta, sulla campana maggiore della Cattedrale di Forlì, dedicata alla Madonna del Fuoco. L’opera fu donata al cardinale Domenico Svampa, vescovo di Forlì dal 1887 al 1895. La sacra immagine pervenne poi “come prezioso ricordo dell’illustre porporato estinto, nelle mani di monsignor Vincenzo Scozzoli, vescovo di Rimini, che volle restasse presso la famiglia di San Martino in Villafranca a segno di perpetua devozione e di stimolo fiducioso verso Maria”.
Come sappiamo il campanile del Duomo fu minato dai tedeschi in ritirata unitamente alla torre civica, alla torretta degli Uffici Statali e al campanile di San Mercuriale. La quattrocentesca torre della Cattedrale, non toccata dalla ricostruzione della chiesa operata nel 1841, fu abbattuta quasi interamente per la follia della guerra con le sue quattro campane, nella notte fra l’8 e il 9 novembre 1944, cadendo sulla cappella di San Valeriano e su parte del presbiterio, della sacrestia e della cappella della Madonna del Fuoco. Siccome anche le campane si sgretolarono quanto viene conservato oggi dagli eredi di monsignor Scozzoli assume una valenza ulteriore.
La ricostruzione dei danni subiti dal Duomo iniziò prontamente grazie all’impegno dell’allora vescovo monsignor Giuseppe Rolla e di monsignor Ettore Sozzi, rettore del Santuario della Madonna del Fuoco dal 1940 fino alla morte, avvenuta nel 2007.
Nel Diario degli avvenimenti di Forlì e in Romagna dal 1939 al 1945 redatto da Antonio Mambelli, alla data del 21 maggio 1945, è scritto che venne “eretto un castello di legno sul troncone del campanile del Duomo e appeso in esso due campane di diametro medio per i servizi religiosi: le originarie andarono travolte ed i loro avanzi si vedono nel piccolo spiazzo delimitato da un cancello, all’ingresso posteriore della chiesa”.
Quattro anni dopo sulla torre rimasta in piedi e livellata alla sommità fu installata una incastellatura a cui applicare le campane e un moderno meccanismo di movimento. La collocazione e la consacrazione di quattro campane provenienti dalle Fonderie Bianchi di Varese, peso complessivo 36 quintali, avvenne il 4 ottobre 1953.
Dopo la riedificazione del campanile completata nel 1970, mentre la guglia fu aggiunta nel 1976, le quattro campane furono collocate sulla sommità del campanile. La maggiore è sempre dedicata alla Madonna del Fuoco, oltre che a San Valeriano e San Pellegrino,
Negli anni Ottanta del secolo scorso monsignor Livio Lombardi, parroco del Duomo, fece realizzare con le schegge bronzee recuperate dalle vecchie campane, il busto di monsignor Giuseppe Rolla, vescovo di Forlì dal 1933 al 1950, che è conservato in Cattedrale.
Gabriele Zelli