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“Pensavo peggio”: la danza contemporanea racconta il tumore al seno

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Trasformare il personale percorso di cura oncologico in uno spettacolo di danza contemporanea e hip hop, carico di musica ed ironia: Cristina Drei, paziente faentina di 43 anni, ha scelto la strada dell’arte per fronteggiare i demoni di 13 anni di lotta contro il cancro, ma soprattutto «per affrontare argomenti e problematiche di cui, secondo me, si parla troppo poco, finendo per diventare un tabù».

La perdita dell’identità e della femminilità di fronte a capelli e peli che cadono a causa della chemioterapia; le difficoltà di accettare un corpo che muta a causa dei farmaci e menomato in seguito all’operazione chirurgica; l’induzione della menopausa, con tutto il carico di effetti collaterali che ne conseguono; l’ansia mista all’esigenza di non rinunciare a socialità e sessualità: sono tutte tematiche che rientrano all’interno di “Pensavo peggio”, una raccolta di frammenti di vita della ragazza riadattati al linguaggio del teatro grazie alla collaborazione del coreografo Cristiano Buzzi, in arte Kris, ed Alimah Grasso, che ha aiutato nella stesura dei testi.

Lo spettacolo sarà presentato al Teatro Testori di Forlì a partire dalle ore 21,00 di mercoledì 1 febbraio. L’ingresso sarà a offerta libera, con i contributi che saranno utilizzati a sostegno dell’Istituto Oncologico Romagnolo per l’assistenza gratuita dei pazienti che soffrono di cancro: è consigliabile la prenotazione del posto all’indirizzo https://www.eventbrite.com/cc/pensavo-peggio-a-teatro-1563859.

Nonostante gli argomenti, “Pensavo peggio” rifugge il facile dramma o il vittimismo: sebbene il racconto dei momenti di sofferenza sia inevitabilmente presente, grazie ad una sapiente scelta musicale la malattia riesce ad assumere contorni più ironici e surreali. Paradigmatico, in questo senso, il momento dell’intervento di mastectomia, che si tramuta in un’allegra coreografia in cui chirurghi ed infermieri danzano sulle note zigane delle sinfonie balcaniche di Goran Bregovic all’interno della sala operatoria intorno a Vittoria Markov, allieva della sedicesima edizione della fortunata trasmissione di Canale 5 “Amici” di Maria De Filippi che presta il volto alla paziente.

«L’intenzione di questo spettacolo non è certo quella di minimizzare l’esperienza di una malattia come il tumore al seno: ho provato sulla mia pelle cosa significhi avere paura di morire e cercare la guarigione attraverso momenti traumatici come la deturpazione del proprio corpo o la perdita dei capelli – spiega – ma è nella mia natura guardare alle cose che mi succedono con ironia e leggerezza, che come spiega Italo Calvino “non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto senza macigni sul cuore”. Il titolo della rappresentazione è già di per sé un manifesto in questo senso: “Pensavo Peggio” è ciò che mi sono sentita dire più volte dalle persone che mi incontravano e sapevano della mia malattia, come se una frase del genere possa effettivamente risollevare la persona che se la sente dire».

«Intendiamoci: so perfettamente che chi proferisce queste parole lo fa con le migliori intenzioni, ma affrontare una malattia così invalidante da un punto di vista morale e fisico, sentirsi a terra e sapere che gli altri si sarebbero aspettati di vederti ancora più devastata non è il massimo. Per questo motivo insieme ad una mia amica d’infanzia, Ilaria, che si è ammalata nello stesso periodo della mia medesima patologia e a cui questo spettacolo è dedicato, avevo avuto l’idea di creare un blog satirico incentrato sulle cose assolutamente da non dire ad una paziente oncologica: questo progetto si è poi tramutato in qualcosa di molto diverso, grazie all’incredibile lavoro di Cristiano Buzzi e anche in ossequio ad una promessa che le feci prima che il tumore se la portasse via. L’auspicio è che chi sta attraversando la medesima esperienza possa comprendere come si possa “normalizzare” anche una situazione di angoscia e dolore con ironia e, appunto, leggerezza: ma soprattutto l’obiettivo è quello di parlare di argomenti ancora oggi un po’ tabù, che non fanno che rendere ancor più pesante il percorso di cura oncologico. La priorità dev’essere sì guarire, ma anche garantirsi la miglior qualità di vita possibile anche durante le terapie, senza rinunciare a nulla di ciò che amiamo».