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La via Felice Orsini… e non solo

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Guardiamo per un attimo questa foto nella quale notiamo nella lunga prospettiva un grande albero che chiude la vista, a  sinistra una serie di abitazioni e a destra un lungo muro (detto muraglione) nel quale spicca la vista a cielo aperto di un vespasiano che non esiste più né qui, né in nessuna altra parte di Forlì. All’inizio della foto a destra il varco ad esedra che oggi dà inizio a Via Bentivoglio, a sinistra Via Paolo Bonoli. Vedremo in seguito i dettagli di tutto questo. Dentro la cerchia delle mura (quando esistevano) questa strada segue parallelamente l’andamento delle stesse anche se non ci sono più, salvo qualche frammento qua e là. E’ dal 1905 che le mura sono state eliminate. Infatti il 6 aprile 1905 viene dal Municipio di Forlì indetta un’asta per la vendita al migliore offerente del materiale proveniente dalla demolizione delle mura comprese fra le barriere V. Emanuele e quella Mazzini.

La foto presenta una parte di Via Orsini, quella verso Via Palazzola.

Voglio però cominciare con ordine. Partiamo dunque dall’inizio e cioè da Via Palazzola, che per me rappresenta l’inizio della strada, perché in leggera discesa verso Corso Mazzini (borgo S.Pietro). Palazzola, un nome da sempre presente nella toponomastica forlivese. Un nome antico che nel passare del tempo non è mai stato cambiato. Uscendo da piazza Cavour, già Garibaldi e un tempo S.Francesco entriamo in questa via e girando a sinistra entriamo proprio in Via Palazzola. Una strada che porta, col senso di marcia di oggi, verso l’uscita da Forlì, l’altro ieri invece era in entrata. Nell’antichità, in fondo alla strada, esisteva una porta detta Portone, in seguito Portone della Rotta.

Fino agli anni ‘70 si contavano una decina e anche più botteghe: mesticheria, vestiario, ricambi per bici (Paganelli), concessionario della Vespa, alimentari, un macellaio, un tabaccaio, ed anche artigiani, soprattutto ramai e in fondo un elettrauto, ma anche un armaiolo!. Oggi appare deserta, a parte tre attività nell’edificio, un tempo, del Calzaturificio Battistini. Poco dopo il suo inizio abbiamo un incrocio con altre due vie. A sinistra Via Paradiso (anche questo un nome antico rimasto da sempre e per sempre) e a destra Via Felice Orsini che invece ha cambiato più volte il suo nome. Infatti nel passato era Via Muraglione delle Domenicane, poi nel 1901 solo Muraglione, poi Felice Orsini. Entriamo dunque in questa via che con una leggera pendenza giunge fino a Corso Mazzini. Faceva parte di quella circolare o fascia degli orti della quale ha parlato con passione Giuliano Missirini. Oggi quella zona verde che circondava l’abitato è completamente scomparsa.

All’inizio di Via Orsini, colpisce subito lo sguardo un grande parco con alberi (ecco la pianta della foto) anche di alto fusto che si prolunga per quasi 50 metri nella strada dalla parte sinistra e  rappresenta il giardino di una casa addossata ad altre di via Palazzola. A destra di fronte abbiamo una basso e lungo edificio dove un tempo esisteva un mobilificio (Valpondi e Albertini) e dopo questo, arretrato di qualche metro dalla linea della strada, il solito condominio anni 60/70 che fa parte a sé, perché a differenza di tutte le altre costruzioni che sono di due o tre piani, questo si innalza di ben sei piani! Per fortuna è l’unico in tutta la strada!

Dopo di lui un lungo muro di cinta di mattoni a vista che arriva fino all’incrocio con Via Panieri, altro nome antico dedicato ad un mestiere. In questo muro si aprono, oggi, due portoni, il primo di ferro, il secondo di legno. Racchiudono due grandi giardini il primo di una proprietà privata, il secondo del Convento delle Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Palagamo (Mo). Questo ha l’ingresso principale sulla strada parallela verso l’interno della città e cioè Via Achille Cantoni, un tempo via Diamante. Ha sede nell’antico palazzo del ramo dei Bezzi o Becci di Forli. Nel 1878 le Terziarie Francescane acquistarono il palazzo dal Senatore Pellegrino Canestri Trotti e vi fondarono l’Istituto con orfanotrofio, asilo e un laboratorio per le fanciulle esterne. Negli anni ‘60 il grande portone di ferro si apriva su un orto e un deposito di biciclette gestito da tale Minghinin, per tutti gli operai/ie che lavoravano nei più o meno grandi laboratori di calzature. Il più importante era il calzaturificio Battistini, seguito dal Bondi che aveva un’entrata secondaria in una traversa di via Orsini (che vedremo) e da un più piccolo laboratorio per pantofole sempre in Via Palazzola. All’inizio degli anni ‘60 queste fabbriche più o meno grandi o artigianali impiegavano 700 operai, ma già nel 1965 il loro numero si era ridotto a 300 unità (F.Morgagni- La Romagna delle fabbriche). Siamo così arrivati a Via Panieri davanti alla quale la strada curva leggermente verso destra, come farà anche davanti alla seconda strada che si immette cioè via Paolo Bonoli.

Riprendiamo la nostra descrizione tornando alla parte sinistra della via. Dopo il grande giardino di cui abbiamo parlato, una casa a due piani con giardino che fa angolo con una diramazione lunga forse un centinaio di metri, da cui si accedeva al Calzaturificio Bondi che aveva l’ingresso principale su Viale V.Veneto. Qui continua la numerazione di via Orsini. Vediamo alla sua sinistra un gruppo di case rientranti dall’asse della strada e a destra case con alti muri di cui il primo è la parete laterale, lunga una quarantina di metri, della casa che si affaccia sulla via principale. Oggi è disabitata. Un tempo era fabbrica e deposito di gazzose (quelle con la pallina) e acque minerali della Ditta Ricci Cimbro. Su via Orsini la sua facciata si presenta a due piani, quattro finestre, una porta d’entrata ed un portone e uno spazio verde. Dopo questa, un’altra casa della stessa altezza, ma con tre finestre e un’entrata. La copre e sovrasta una meravigliosa e gigantesca magnolia. Il vero giardino è sul retro. Fra questa e l’ultima abitazione si apre una diramazione di proprietà private. E’ un grande spazio, che un tempo dal 1916 al 1926 ospitava il circolo ricreativo Repubblicano A. Saffi. Poi ha ospitato un deposito di legna e un verniciatore. L’edificio principale è una casa di tre piani abbastanza grande ed è l’ultima prima del l’inizio del muraglione.

Monastero o Convento delle MM di S.Domenico dette Domenicane

Qui comincia il lungo muro di cinta che dava il nome alla strada: Via Muraglione (delle Domenicane). Era il muro di cinta del Convento (o Monastero?) con al suo interno la Chiesa di S. Maria della Neve. (In tutti i testi che ho consultato viene usato indifferentemente l’uno o l’altro termine. Eppure esiste una distinzione precisa fra i due termini. Il Monastero si esclude da tutto ciò che è fuori dalle sue mura, il Convento invece interagisce con la società).

In mezzo al verde che esisteva nel lontano passato, nel XIII secolo venne eretto per le RR MM di S. Domenico, dette Domenicane. La sua chiesa fu dedicata a S.Maria della Neve. Nel 1663 il complesso fu rinnovato. Nell’agosto 1798 fu emanato l’ordine di soppressione delle monache domenicane e nel novembre divenne magazzino militare e caserma della milizia Cisalpina. Nel 1814 divenne Lazzaretto a seguito di un’epidemia di afta epizootica. Nel periodo della restaurazione   Pio VII concesse nel 1824 alle Clarisse di subentrare alle Domenicane. Tutte queste traversie però non finirono, anche dopo l’unità d’Italia. Le suore dovettero trasferirsi nel Monastero del Buon Pastore e il chiostro fu destinato ad Ospedale militare. Nel 1872 dopo trattative fra Comune e Comando del Genio, il tutto divenne Distretto Militare a cui più tardi si aggiunse la Caserma Fulcieri Paolucci di Calboli. Lo spazio di questa struttura è notevole ed ancora oggi visibile e tangibile. Da tutta quella lunga linea del Muraglione di via Orsini, si arriva a V.le Vittorio Veneto.

Questo muro era molto più alto di quello che vediamo oggi. Nelle varie operazioni edilizie è stato notevolmente abbassato, se ne intravede la vera altezza nella foto che abbiamo pubblicato. Nel Muraglione era stato aperta un’entrata dove lavorava un cromatore  (Maltoni) e all’interno del muro viveva tale Pivir che teneva cavalli. Il muro termina apparentemente, con un varco ad esedra, con due colonne, più due pilastri laterali, sormontati da  pinnacoli (ne manca uno sul pilastro di sinistra). Era un tempo uno degli accessi all’antico monastero, da via Felice Orsini. Fu restaurato in modo perfetto una ventina di anni fa grazie all’interessamento dell’allora assessore del Comune di Forlì, Gabriele Zelli, che ne impedì l’abbattimento e lo valorizzò per mantenere una valida testimonianza di quello che la zona aveva significato per la città. Da questo varco è stata aperta l’attuale via Bentivoglio (che un tempo non esisteva, essendo solo il vialetto di raccordo con la chiesa).

Via Bentivoglio

A questo proposito qualche mia personalissima considerazione. La scelta di questo nome mi lascia perplesso. Nulla da eccepire sulle qualità e i meriti di Paolo Bentivoglio, cieco (promotore dell’Unione Italiana Ciechi), socialista, partigiano, decorato con medaglia d’argento al valor civile; ma penso che non sia mai stato a Forlì, se non casualmente. Allora perché dedicargli proprio questa via in pieno centro, in un luogo così ricco di storia e di avvenimenti? A mio parere diversi avrebbero potuto essere i nomi da assegnare a questa nuova strada. Qualche esempio? Via del Convento o del Distretto o S.Maria della Neve, ma è vero questi sono abbastanza banali, non lo è invece una data, ma non una qualsiasi. Voglio ricordare il 19 maggio 1944 (il bombardamento: con 140 morti e circa 400 feriti, e la totale distruzione di tutto). A mio parere sarebbe stato il nome più significativo per questo luogo… e così si chiude tragicamente la storia del Convento-Distretto-Caserma.

Sempre a proposito di nomi di vie in Forlì penso con disagio a Via de Amicis che ha cambiato il nome a via Misericordia. Ma perché De Amicis? Questo era il luogo dove è vissuto ed ha operato tutta la vita da benefattore il forlivese Ferrante Orselli (1710-1766). Sulla facciata di S.Francesco Regis esiste una enorme lapide dove sono descritti tutti i suoi meriti. Una vita dedicata ai giovani abbandonati (ah, come lavorava la ruota!) ai quali oltre ad insegnare religione faceva apprendere un mestiere. Gli è stata dedicata una strada? Sì! Ma dov’è? Nella zona di Campo di Marte, che probabilmente al suo tempo era tutta verde campagna! Abbandoniamo però questo inciso odonomastico per tornare al nostro vero argomento.

La Scuola Media P. Maroncelli

Bisogna arrivare alla metà degli anni ‘60 per cominciare a parlare di demolizione dei resti del Distretto (che nel dopoguerra avevano ospitato tante famiglie di sfollati) e di costruzione di un nuovo edificio. Vincitori di un Concorso Nazionale per la costruzione di una Scuola, furono due architetti famosi allora, ma anche oggi, Luigi Pellegrin e Ciro Cicconcelli. Famosi perché idearono un modo nuovo di concepire un edificio scolastico. Infatti le loro novità si concretizzano con la realizzazione di grandi sale multiuso, di spazi flessibili e versatili, sfondamenti prospettici, gioco delle sovrapposizioni, delle trasparenze negli spazi, il tutto esaltato da bocche di luce. Non solo proprio qui a Forlì i due applicano una riflessione in chiave brutalistica sulle possibilità del cemento armato. Sì proprio lui! Che oggi rappresenta il problema più grave per l’edificio. Il calcestruzzo realizzato allora è risultato nel tempo debole e fragile. E così oggi, dopo circa sessant’anni di vita l’edificio, esteticamente ancora bello da vedersi, non è più in grado di essere usato. Dovrà pertanto essere demolito. Ahimè! Anche se questa sarà la fine predestinata di questa Scuola non dimentichiamo il ricco parco che la circonda. Piante di alto fusto e verde, verde a profusione. Sono davanti agli occhi di tutti le due gigantesche magnolie proprio davanti all’ingresso. Continuiamo però con il nostro discorso precedente.

Il muraglione non finisce qui. Continua per un breve tratto, dopo l’esedra, per poi girare a sinistra e prolungarsi in Via Daverio, dove un tempo continuava fino alla fine della strada. In questa parte di muraglione (Via Bentivoglio-Via Daverio) si apriva una Trattoria-osteria, poi un lattoniere ed un materassaio. Altri artigiani (tanti) in via Daverio. Di tutte queste attività più nulla. Siamo così arrivati alla fine della nostra Via, ma noi vogliamo anche descrivere e parlare un poco di tutte le vie che vi si affacciano.   Abbiamo cominciato con la prima a destra e cioè Via Panieri: un nome antico di mestieri.

Via Panieri

Anche questa negli anni ‘60,’70 era ricca di presenze artigianali. E’ sufficiente ricordare il saldatore Gagin, poi un verniciatore e un carrozzaio. Tutte attività scomparse. Il mio referente del passato l’Ing. Arch. Comunale Giacomo Santarelli mi rende edotto su un fatto di cronaca del 3 novembre 1857 in cui: «un certo Zavoli detto Merlina abitante in via Panieri si è fatto lecito di appropriarsi un pezzo di terra a ridosso del Convento delle RRMM di S. Domenico…. …di m. 36 per 6… elevandolo di 0,70 cm dal piano stradale con cingerlo di siepe formandovi in parte un vivaio di frutti e coltivando il restante ad ortaggi. Essendo questo resedio di proprietà Comunale….viene invitato il detto Zavoli ad estirpare la siepe e piante…abbassare il rialzo di terra…, nel termine di giorni tre dal dì della intimazione o vedersi eseguire il tutto ex ufficio… senz’altro avviso». Come nota di cronaca di quel tempo antico mi appare interessante. Mi sarebbe piaciuto sentire il parere di Zavoli!

Santarelli

Via Borghetto Chiuso

Continuiamo il nostro cammino verso Corso Mazzini, così subito dopo la prima casa di via Panieri, dove fino ad una decina di anni fa c’era una vendita di prodotti per la lavorazione del maiale (prima Bargossi Battista poi Carlo Mosconi), incontriamo un borghetto che sul fondo della parte rettilinea presenta una finta torre medioevale con merli, che ancora oggi attira curiosi. E’ un borghetto oggi chiamato chiuso mentre nel passato era Borghetto Paradiso. Senza vie d’uscita, se non pedonali, sia verso via Panieri sia verso Via Bonoli. Anni e anni fa nella prima porta a destra lavorava un tornitore. Subito dopo questo, tutte abitazioni restaurate che hanno restituito dignità alla strada. A metà esisteva anche un’osteria. Nel passato c’erano anche due case di tolleranza chiaramente oggi scomparse.

Via Paolo Bonoli

Subito dopo, sempre a destra, incontriamo la via, un tempo Via Domenicane fino alla fine dell’800, poi Arnaldo da Brescia e dai primi anni del 900, Paolo Bonoli. Qui al n° 24, oggi 19, morì il 21 febbraio 1907 il forlivese Achille Sansovini nato  il 18 settembre 1830. Di lui abbiamo trattato nell’articolo intitolato a suo nome. Imitatore della pittura antica ed incisore presso l’Officina Nazionale delle Carte Valori, le imitazioni di Sansovini dei grandi del 400 e del 500 furono giudicate per originali o riproduzioni degli autori stessi. Morì in estrema povertà.

Via Francesco Daverio

A sinistra abbiamo questa via che raggiunge Viale Vittorio Veneto. Sulla sua sinistra abbiamo per quasi la metà della sua lunghezza ancora i resti del Muraglione. Nel passato era chiamata Via Casette Scrittori, perché questa famiglia vi possedeva diverse case. Questo nome è rimasto fino all’inizio del ‘900. Andando indietro nel tempo troviamo che Giulio Scrittori Ragionato (ragioniere) Comunale e Marianna Pantoli sua moglie, il 6 dicembre 1806 dichiarano la nascita di un maschio  di nome Enrico, purtroppo il 18/12/1806 perdono un altro figlio di due anni e mezzo di nome Giovanni. Abitano in Borgo San Pietro numero centosedici. Sono nomi che si ripetono perché nel 1868 vivevano Giovanni (eletto nel 1864 nel Consiglio Comunale) ed Enrico Scrittori fu Giulio. Un cognome questo oggi forse scomparso.

La via Orsini continua così restringendosi fino a Corso Mazzini. Sulla sinistra l’unica attività esistente è un negozio di modellismo. Molti anni fa al suo posto c’era un grande magazzino di articoli per biciclette. Sulla parte destra solo case di abitazione, un negozio di toelettatura per cani e un negozio di sartoria gestito da un ivoriano ( chiuderà?). Abbiamo quindi visto che è una via senza edifici di particolare rilievo. Né palazzi signorili o nobiliari, ma solo case più o meno grandi. Questo piccolo frammento di centro storico appare oggi desertificato. Nessuna attività! E dire come abbiamo visto che negli anni passati era densamente vissuto artigianalmente parlando. E’ però diventata una strada di tutto rispetto perché gli edifici sono stati ristrutturati e si presentano nel modo migliore. Il ricordo della strada con le case di tolleranza è scomparso o è rimasto solamente nella memoria delle persone molto, ma molto anziane. Oggi si parla solo, come abbiamo detto, della futura scomparsa della Scuola media Piero Maroncelli. Speriamo di vedere cosa nascerà dalle sue rovine, come l’Araba Fenice, un’altra scuola?

Agostino Bernucci