La Beata Benedetta Bianchi Porro è la nuova patrona di Dovadola

Alla notizia non è stata data la giusta attenzione

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La notizia della delibera approvata dal Consiglio comunale di Dovadola che individua in Benedetta Bianchi Porro la patrona del paese, da festeggiare il 23 gennaio di ogni anno in occasione della data della morte della Beata, al posto di Sant’Andrea non ha avuto l’attenzione che merita. Non solo per gli aspetti di carattere civile che si determinano in occasione di tale ricorrenza, cioè una giornata festiva da osservare da parte di tutte le attività lavorative, ma soprattutto perché a richiedere tale cambiamento furono un centinaio di dovadolesi che firmarono una petizione. Il documento fu consegnato l’8 agosto 2020, anniversario della nascita di Benedetta, a mons. Livio Corazza, Vescovo di Forlì, e a Francesco Tassinari, sindaco di Dovadola, affinché avviassero le procedure per il cambiamento che i firmatari chiedevano.

È altresì importante sottolineare che il testo sottoscritto dai cittadini partiva dal presupposto che il 14 settembre 2019, nella Cattedrale di Forlì, Benedetta Bianchi Porro era stata dichiarata ufficialmente beata, dopo che il relativo processo, avviato il 25 gennaio 1976, aveva portato, il 23 dicembre 1993, papa Giovanni Paolo II ad emettere un primo decreto per il riconoscimento dell’eroicità delle virtù dichiarandola Venerabile. Nella petizione si sosteneva inoltre che dopo la morte di Benedetta il messaggio di speranza che la stessa aveva infuso pubblicamente, attraverso le sue testimonianze, affrontando con coraggio una terribile malattia era giunto in tutto il mondo grazie a pubblicazioni tradotte ad oggi in oltre venti lingue, compresi il giapponese, l’arabo e l’ebraico.

Nel testo venivano evidenziate inoltre le innumerevoli attività prodotte per diversi decenni da parte dalla Parrocchia di Dovadola, dalla Diocesi di Forlì-Bertinoro, dai familiari di Benedetta, da Anna Cappelli, dagli amici di Benedetta, dall’Associazione per Benedetta Bianchi Porro e dalla Fondazione a lei intitolata affinché si arrivasse alla dichiarazione di beatificazione.

Il documento sottolineava anche il fatto che, come viene evidenziato in ogni occasione In cui Benedetta è stata ricordata da importanti prelati della Chiesa, ci si trova dinnanzi ad un’esistenza affascinante che vede la grandezza umana e spirituale di una giovane donna straordinariamente dotata che ha saputo superare coraggiosamente e tradurre in chiave evangelica le condizioni più negative che possono accompagnare un individuo e segnarne inesorabilmente la vita quotidiana. Ragazza di bell’aspetto, dotata di intelligenza e ricca di personalità, ben presto verrà trasformata dalle patologie debilitanti e dal dolore insistente e incalzante, che ne deturperanno il fisico.

Tutto il suo corpo alla fine era diventato, come è stato efficacemente evidenziato da più parti, un crocifisso vivente: sordità, cecità, paralisi, insensibilità, privazione dell’olfatto e dell’odorato, afonia, quasi l’annullamento di ogni forma di comunicazione con le persone a lei care e con il resto del mondo. Questa sequenza di sofferenze e di distruzioni fisiche, porterà Benedetta ad una unione profonda con la fede nella preghiera e quindi ad esaltare con la sua eroicità l’esercizio di tutte le virtù. Se la sua vita fu tutta sotto il crescente segno della sofferenza, fu anche sotto il crescente segno della santità, di cui si accorsero le persone che l’accostavano e ricevevano da lei mirabili insegnamenti di fede e di carità.

I firmatari della petizione aggiungevano che le virtù che hanno caratterizzato la breve ma intensa vita della Beata Benedetta, segnata dalla malattia, potevano essere da esempio per le comunità di tutto il mondo alla luce dell’enorme sofferenza cui sono state sottoposte e vengono tuttora sottoposte dalla diffusione della pandemia generata dal virus Covid 19. Gli estensori e i sottoscrittori della petizione non potevano certo immaginare che una sofferenza altrettanto drammatica sarebbero stati chiamati ad affrontarla i cittadini ucraini in seguito all’invasione da parte della Russia e che in tutto il mondo si accentuassero i conflitti armati.
Proprio per questo ci si aspetta che anche da un piccolo, ma importante paese del nostro comprensorio, possa ripartire e riprendere quella attività tesa ad affratellare le persone.

Gabriele Zelli

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Ex sindaco di Dovadola, classe 1953, dal 1978 al 1985 dipendente del Comune di Dovadola. Come volontario in ambito culturale è stato dal 1979 al 1985 responsabile della programmazione del Cinema Saffi e dell'Arena Eliseo di Forlì e dal 1981 al 1985. Coordinatore del Centro Cinema e Fotografia del Comune di Forlì. Nel giugno 1985 eletto Consigliere comunale e nell'ottobre 1985 nominato Assessore comunale di Forlì con deleghe alla cultura e allo sport. Da quell'anno ha ricoperto per 24 anni consecutivi il ruolo di amministratore dello stesso Comune assolvendo per tre mandati le funzioni di Assessore e per due a quella di Presidente del Consiglio comunale. Dirigente e socio di associazioni culturali, sociali e sportive presenti in città e nel comprensorio. Promotore di iniziative a scopo benefico. E' impegnato a valorizzare il patrimonio culturale, storico e artistico di Forlì e della Romagna. A tale scopo dal 1995 ha organizzato una media di oltre 80 appuntamenti annuali, promuovendo anche interventi di recupero del patrimonio architettonico di alcuni edifici importanti o delle loro parti di pregio. Autore di saggi e volumi, collabora con settimanali, riviste locali e romagnole. Dirigente dal 1998 di Legacoop di Forlì-Cesena in qualità di Responsabile del Settore Servizi. Nel 1997 è stato insignito dell'onorificenza di Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana.

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