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Dante davvero alfiere del pensiero di destra

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La recente affermazione del ministro Sangiuliano che Dante sia stato il fondatore del pensiero di destra in Italia ha sollevato nel milieu della sinistra un incredibile vespaio di voci dissenzienti, di critiche, addirittura di immotivato allarme per questa sorta di scippo che avrebbe l’irreparabile conseguenza di offendere il valore e la testimonianza culturale del Sommo Poeta. Insomma, il ministro Sangiuliano l’avrebbe sparata grossa: una madornale cazzata, mossa soltanto da sbruffona ignoranza. Nuovamente patetica la nostra claudicante sinistra che tanto caparbiamente addita ancora la destra come ignorante, incolta, ma, soprattutto, insiste sul tasto che in Italia destra sia solo sinonimo di Fascismo.

Così, sempre a sinistra, voci più o meno critiche, ma composte di saputelli intellettuali sono state affiancate da altre voci, solo rozze e qualunquistiche, come la vignetta di Osho dove un giovinetto informa un Dante, mesto e pensoso, che “Gira voce che sei fascio”.
Il ministro Sangiuliano, fra l’altro persona coltissima e di grande esperienza culturale, ha voluto affermare quanto Dante sia vicino alla cultura di destra, avendone anticipato, definito e sostenuto taluni principi, valori e riferimenti, da tempo irrinunciabili per la nostra destra, che sempre coniuga la modernità in continuità con la tradizione e con la misura di un riformismo, sospinto solo da programmate priorità.

Innanzitutto, Dante è senza alcun dubbio un simbolo della nostra identità nazionale, un grande italiano, perché no un Padre della Patria. E’ stato, infatti, doppiamente una grande guida: in primo luogo, per aver sostenuto contemporaneamente l’idea di nazione e il progetto di un’istituzione sovranazionale, a suo giudizio l’Impero, come spiega nel De Monarchia, che, nel nome e nell’interesse della cristianità, fosse capace di superare gli interessi contrapposti di troppe realtà o fazioni politiche, quasi presagendo, così, l’attuale problematico rapporto tra le diverse identità nazionali entro la comunità europea; in secondo luogo, per aver compreso nel Convivio e nel De Vulgari Eloquentia il valore civile ed educativo di una lingua comune tra gli italiani, da lui identificata nella lingua volgare, l’unica in grado di abbattere la diversità linguistica dei vari territori, equiparando, fra l’altro, i ceti colti, avvezzi all’uso del latino, e i ceti popolari.

Insomma, con l’unità linguistica e il progetto di unificazione politica, a tutela di diffusi e comuni interessi, Dante è stato il primo, pur parzialmente, a mettere in discussione popolo e ordinamento giuridico ovvero due dei tre elementi, l’altro è il territorio, costitutivi dello stato moderno. In conclusione, il Sommo Poeta è stato veramente l’araldo di un primordiale “Risorgimento Italiano” e il precursore, l’avanguardia, perché no il “futurista” di nuovi percorsi letterari e politici. Ma Dante si rivela pure moderno anticipatore di un tema, ancora oggi fortemente presente nella cultura politica della destra italiana: con il suo impegno nelle vicende politiche fiorentine e della Toscana alla fine del ‘200, infatti, ribadisce come la politica, che voglia risultare credibile, coerente nella sua azione, non possa prescindere dal riferimento, soprattutto dal rispetto di ideali spirituali e morali, immarcescibili perché universalmente sentiti e, dunque, ben più duraturi delle finalità divisive, precarie di una visione materialistica della vita.

Ancora Dante si rivela moderno alfiere del pensiero di destra con la sua richiesta di una condotta “sobria e pudica” da parte della gente “nova, avara, invidiosa e superba”, proprio come, secoli più tardi, avrebbe fatto il conservatore Winston Churchill nei confronti dei notabili affaristi del suo partito e di quello laburista; ancora di più è moderno e attuale con la sua preferenza per uno stato laico, autonomo dalla Chiesa, dunque in chiaro anticipo con il cavouriano “Libera Chiesa in libero Stato”.

Da queste considerazioni si può concludere che Dante sia stato un conservatore critico della politica del suo tempo, ma, tuttavia, capace di intravedere, proporre nuovi assetti ed equilibri politici, insomma un innovatore secondo stretta necessità e attualità.
Ebbene, proprio nell’attuale contesto italiano di rapidi mutamenti sociali, politici e di incalzante progresso tecnologico, scientifico, dunque proprio in una realtà che sempre più segna la sconfitta di ideologie e politiche, ispirate ad un piatto, informe criterio di eguaglianza, Dante rappresenta bene il valore recuperato delle idealità e delle finalità del pensiero di destra, compreso il rapporto stretto tra il particolare e il generale, che bene può intendersi pure come progressione civile, sempre rispettosa della legge di natura, dal cittadino alla famiglia, alla comunità, basamento essenziale dello stato organizzato.

Franco D’Emilio