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Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yeah

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Ricordate “Quelli che…” dall’omonimo album del 1975 ad opera del celebre medico-cantautore Enzo Jannacci? È una lunga canzone che su un sottofondo blues, accompagnato dal suono di un sassofono, elenca in modo disordinato e un po’ strambo i difetti e i vizi, i luoghi comuni e i costumi, le qualità e le contraddizioni dell’italiano medio: una serie di brevi, strampalate frasi che, tutte, iniziano con “Quelli che…”, come il titolo dell’album, e finiscono, poi, con l’ironico intercalare “oh, yeah”.

Ebbene, tra queste strofe bislacche spunta, tanto particolare e significativa, “Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yeah!”, davvero attuale, se consideriamo quanto oggi il Duce, nonostante tutto e, soprattutto, in barba al corrente antifascismo, tanto pretestuoso e fancazzista, sopravviva nella quotidianità politica, culturale, persino economica del nostro paese. Da tempo morto e sepolto, consegnato alla storia, Benito resta, tuttavia, vivo più che mai nel nostro presente, sino a costituire per molti una ragione di impresa, una fonte di reddito, magari un motivo di fortunate carriere.

Certo, è stato responsabile di gravi scelte politiche, terribile quella tragica della guerra al fianco dei nazisti, eppure l’Uomo della Provvidenza, così Pio XI definì il capo del Fascismo, gode tuttora della persistente memoria di quanto da lui realizzato per avviare l’Italia verso la modernità: riforma della scuola, vigente sino al 1962; sistema fiscale, impositivo più sui consumi che su salari o stipendi; innovativa rete di assistenza e tutela sociale; opere pubbliche di bonifica, irrigazione, elettrificazione e grande viabilità; edilizia residenziale popolare e introduzione urbanistica dei “piani regolatori generali”; sviluppo industriale con una crescita media annua attorno al 10%; infine, formazione della prima vera classe dirigente del Paese, dalla quale tanto attingere pure nella successiva Italia repubblicana.
Non sono un apologeta o un nostalgico di Mussolini, credo solo non possa ignorarsi, sia sulle colpe che sui meriti del Fascismo, la verità obiettiva, quale emerge dalla tanta documentazione storica disponibile.

Quindi, Benito dittatore, fucilato e, poi, a Milano esposto al pubblico ludibrio di piazzale Loreto, resta, comunque, nel giudizio degli italiani l’uomo che bruciava e brucia i tempi, l’uomo del fare che non lasciava e non lascia farsi mettere i piedi in testa da nessuno, insomma Benito è attualissimo e trasversale tra tutti “Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yeah!”, proprio come cantava Jannacci.
Potrebbe mai un regista immaginare il ritorno di Togliatti dall’aldilà con un successo di pubblico pari a quello riscosso dal film “Sono tornato”, diretto nel 2018 da Luca Miniero per raccontare l’ipotetico ritorno tra noi del Duce, interpretato da un insuperabile Massimo Popolizio? Credo proprio di no, Togliatti è stato solo un freddo burocrate del comunismo, esecutore, anche sino al tradimento, del terrore stalinista tra i compagni italiani: nessuno più lo ricorda e in un silenzio tombale è fallita la sua premiata ditta “falce e martello” in via delle Botteghe Oscure.

Mussolini resta un’icona della storia italiana, tanto da ispirare ancora tanti articoli e libri, film o spettacoli teatrali di largo successo al botteghino, ravvivando così, sempre e da destra a sinistra, il dibattito culturale sul Ventennio e la sua guida. Che, poi, siano “cazzullate” o cazzeggi “scuratiani” poco importa, tutto fa brodo e bestseller, Benito è davvero un brand, un marchio che fa campare! Eppoi, come potrebbero a sinistra, soprattutto nell’odierna difficoltà di consenso, riprendere una boccata d’ossigeno e tirare a campare senza il provvidenziale riacutizzarsi della loro cronica e pretestuosa orticaria partigiana antifascista?

Come potrebbe sempre campare il sindacato senza lo spettro del rigurgito fascista, dunque spacciando per squadrismo l’attuale avversione, anche esasperata, nei suoi confronti?
Come potrebbe l’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ostinarsi a campare e a battere cassa per i suoi happening piazzaioli senza la bufala che sia prossimo il ritorno delle camicie nere? E, ancora, quale sorte a Predappio per i ristoratori, gli albergatori, i venditori e pataccari di souvenir, insomma tutti quelli che campano sul turismo, storico e non, senza la duratura fama, buona o cattiva poco importa, del Duce?

Infine, ciliegina sulla torta, cosa mai sarebbero certi discendenti di Benito, spesso tra loro “parenti serpenti”, senza l’eredità storica di tanto personaggio che garantisce loro la gestione della visita ad offerta libera della tomba mussoliniana oppure favorisce la pubblicazione di taluni libercoli con la pretesa di fare storia con aneddoti, storielle, garbati quadretti della famiglia Mussolini oppure assicura, come è già avvenuto in passato, pure solo con la forza di tanto cognome, una carriera politica, magari insperabile sulla base di reali capacità.
L’Italia campa tuttora su Benito e, in fondo, dobbiamo riconoscere che anche soltanto inconsapevolmente siamo “Quelli che Mussolini è dentro di noi, oh yeah!”: bravo indimenticabile Jannacci!

Franco D’Emilio