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A Forlì “Franza o Spagna purché se magna”

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Tempo di feste natalizie e fine anno, dunque tempo di auguri anche per la politica, magari con l’occasione di una cena o apericena, rallegrandosi per il bilancio positivo dell’impegno annuale, ormai in chiusura, e spronandosi a maggiori risultati, successi per i prossimi dodici mesi. Pure a Forlì si cena, festeggia e si levano calici, ma solo a destra e nella terra di mezzo dell’articolato, volubile, spesso permaloso centrodestra, ora poco più di un centrino da tavolino, sempre, però, molto deciso perché alto resti il prezzo del suo peso in etti per fare i 50 Kg. dell’attuale maggioranza comunale.

Quindi, cenano e libano destra e centrodestra, corroborati sia dal successo elettorale alle ultime politiche sia dalla riconquistata serenità Amministrativa comunale dopo un adeguato ritocco spartitorio del governo e del sottogoverno locale: non più piagnistei e lagnanze di qualche passerotto politico, illuso di avere artigli rapaci; sonni più tranquilli al capitano che, evitato il possibile ammutinamento della sua ciurma destrorsa e centrista, può sicuro veleggiare verso una seconda circumnavigazione comunale. Invece, non cena e non liba la sinistra forlivese con qualche annessa appendice centrista, pure in questo caso terra di mezzo: c’è poco da festeggiare, la botta alle politiche è stata pesante, quasi una pietra tombale sul precedente default alle amministrative, tanto da indurre più di un compagno forlivese, nei panni di Diogene e con la lanterna in mano, ad aggirarsi nelle vie del Cittadone alla ricerca della sinistra, appena un cane a lui fedele.

Così, destra e centrodestra forlivesi cenano soddisfatti, l’appetito, si sa, vien mangiando; al contrario, la sinistra digiuna, smagrisce, esauritosi, ormai, l’adipe di trascorsi, longevi banchetti, ovunque a piene ganasce. A destra, come raccontano foto, selfie e brevi post sui social, ogni partito o partitello, lista o listarella ha organizzato la sua cena o la sua apericena di sostenitori, eletti, fiancheggiatori opportunisti, insomma tutti assieme per ritrovarsi e ancora intendersi nelle palle degli occhi su cosa e come fare: ogni gruppetto della variegata ciurma annusa l’aria, certo che alla navigazione del capitano occorra anche e, soprattutto, ancora il vento della più piccola vela.

Ecco, quindi, ogni partito o partitello, lista o listarella con la sua cena o apericena, capitano partecipe, magari pure affiancato da qualche neoeletta sirena parlamentare. Non mancano i selfie a testimoniare l’evento, sempre tanto affabilmente introdotto da un capociurma e, poi, sottolineato dall’immancabile charme prezzemolino di una signora tutta saluti, baci e abbracci, “Oh, caro, anche tu qui”. Sono un “voyeur social” e, scorrendo tante foto, selfie di tanti e tali commensali, ne ho scoperti alcuni presenti a cene di diverso partito o partitello, lista o listarella. Insomma, voraci presenzialisti di cene politiche perché, dappertutto, dove si mangia in due si può sempre mangiare in tre o più persone? Oppure, appetito talmente insoddisfatto da stendere le gambe sotto tavoli di diverso anfitrione?

Taluni di questi sono davvero sfacciati, non solo in posa in primo piano, ma addirittura allungati o stravaccati su una seggiola con un bicchiere levato nell’euforia etilica di un brindisi alla Chi non beve con me peste lo colga, cosa, tuttavia, non tanto inopportuna in una circostanza poco dissimile dalla “Cena delle Beffe”, film del 1942 di Alessandro Blasetti con l’indimenticabile interpretazione di Amedeo Nazzari. Ma, in fondo, vogliamo proprio cercare il pelino nell’uovo o fare questione di bon ton nella cena o apericena di un partito o partitello forlivese? Aveva ragione il Guicciardini: anche a Forlì “Franza o Spagna purché se magna.”

Franco D’Emilio