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Attivisti su cubi di ghiaccio con una corda al collo chiedono giustizia climatica

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Ieri in piazza Ordelaffi, ai passanti del centro storico di Forlì si è presentata una scena eloquente: due attivisti su dei blocchi di ghiaccio sotto i loro piedi con un cappio legato attorno al collo. Attorno a loro altre persone con dei cartelli in mano che si riferiscono alla conferenza mondiale per il clima attualmente in corso a Sharm el Sheik. Una metafora, quella del ghiaccio che si scioglie e il cappio, per simboleggiare la gravità dell’emergenza climatica che incombe sempre di più sull’umanità.

La Cop27 dovrebbe unire i paesi del mondo nello sforzo comune per risolvere questa emergenza. Tuttavia, come denunciano gli organizzatori, si svolge in un paese nel quale i diritti umani vengono quotidianamente ignorati e violati. Inoltre, Cop27 è sponsorizzata da Coca Cola, tutt’altro che amica del clima. “La Cop27 in Egitto è la fiera del greenwashing – sostiene Agnese Casadei, l’attivista forlivese, nel suo discorso al megafono – una strategia per ripulirsi l’immagine mentre il regime tiene incarcerati 60.000 prigionieri politici tra attivisti ambientali e per i diritti. Non ci può essere nessuna giustizia climatica senza diritti umani”.

E ancora: “Come possiamo avere azione climatica e risarcimenti per le popolazioni colpite se le persone che chiedono trasparenza e giustizia vengono incarcerate? Noi che possiamo manifestare liberamente abbiamo la responsabilità di gridare e lottare anche per chi non può farlo”. Presente accanto ai ragazzi per il clima la sezione locale di Amnesty international. Insieme chiedono subito la liberazione di Alaa Abd El-Fattah, ingiustamente incarcerato per un commento su Facebook, in sciopero della fame da mesi e ora anche in sciopero della sete da quando è iniziata la Cop.

Se il governo egiziano non farà nulla, Alaa morirà entro la fine del vertice. L’azione si inseriva nel contesto della mobilitazione globale sotto al grido FreeThemAll. Infatti, con il grido comune “FreeThemAll” ripetuto a più riprese, i presenti non hanno chiesto solo la liberazione di Alaa, bensì la liberazione di tutte le persone incarcerate con la sola colpa di voler proteggere i diritti umani o l’ambiente. Il messaggio è chiaro: la battaglia per il clima non può prescindere da quella per i diritti umani.