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Ancora i partigiani dell’Anpi, addirittura la loro Internazionale?

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Ultimo aggiornamento:

I nostalgici dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ancora cultori di un patetico, perché vetusto e anacronistico, amarcord resistenzialista antifascista, vedono o, forse, sono costretti a vedere sempre nero il futuro, soprattutto quello altrui, per giustificare ostinatamente la ragione della propria esistenza.
Naturalmente, il nero nell’ottica dell’ANPI è lo spauracchio che possa allungarsi ancora l’ombra del Ventennio ad opera di una destra sì moderna, liberalconservatrice e in doppiopetto, ma pur sempre scafata e spregiudicata, arrogante e autoritaria, dunque e, comunque, sempre identitaria di quel nemico fascista senza il quale gli obsoleti partigiani, vecchi e giovani che siano, dovrebbero solo chiudere bottega e togliere il disturbo.

Il bisogno primario dell’Anpi è un possibile nemico fascista contro il quale giustificare tutta quell’attività e promozione, solo pseudoculturale, che beneficia di annuali finanziamenti pubblici a spese del contribuente italiano. Certo, pseudoculturale poiché l’ANPI non promuove valori culturali comuni, ma solo disvalori divisivi, fuori da ogni proiezione e accettazione universale da parte di tutta la comunità. Eppoi, partigiani di cosa e perché, ancora nel 2022?

Storicamente il termine partigiano designa il resistente contro il nazifascismo, ma da tanto tempo non mi pare di vedere in giro biechi nazifascisti, tanto più perché lo stato, fra l’altro, ha tutti gli strumenti di legge per combattere ogni forma ricostitutiva di quel trascorso movimento; né credo possa, ad esempio, intendersi nazifascista il recente assalto alla CGIL solo perché la protesta di tanti cittadini incazzati si è accompagnata a quella opportunistica di frange dell’estrema destra: forse, il sindacato dovrebbe farsi un esamuccio di coscienza e interrogarsi sulle tante ragioni della sua attuale impopolarità presso i cittadini.

Suvvia, siamo seri: il partigiano, storicamente inteso, non ha ragione di esistere, è una bufala ad hoc, portatrice d’acqua alla cocciuta sinistra con tanta nostalgia antifascista.
Ancora, partigiano può dirsi l’appartenente ad un gruppo armato irregolare in lotta contro chi governi o sia ritenuto governare illegalmente il paese, ma non mi pare che nella nostra repubblica vi siano stati governi illegali, tali da giustificare una rivolta armata; inoltre, sempre lo stato ha dimostrato di saper sconfiggere la tragica vicenda del terrorismo armato di destra e di sinistra. Dunque, non resta che la più trita, lapalissiana definizione di partigiano: colui che tiene le parti di qualcuno contro altri.

E il ruolo dell’Anpi è, appunto, quello di sostenere e fiancheggiare la sinistra contro la destra, etichettando sempre quest’ultima come lievito di possibile, risorgente pericolo fascista; c’è un uso insensato, fazioso, moralmente ricattatorio della storia, immotivatamente, ripeto immotivatamente, richiamata come minaccia contro una parte politica e non come monito alla riflessione da parte di tutti noi. Tutto questo appare evidente, confermato già dalle conclusioni del 15° Congresso Nazionale ANPI, svoltosi dal 24 al 27 marzo 2015:

…L’Anpi rispetta e collabora con le istituzioni della Repubblica quali conquiste della Resistenza anche quando, a seguito di elezioni, sono governate da esponenti della destra. Si batte affinché chi governa transitoriamente – Comuni, Province, Regioni e lo Stato – operi in ottemperanza ai valori, ai princìpi e alle norme sancite dalla Costituzione e dall’ordinamento dello Stato. Quando ciò non avviene, lo si contrasta con le armi della democrazia distinguendo sempre le istituzioni da rispettare e difendere e con le quali collaborare, dalle politiche e dalle ideologie di chi le governa alle quali opporsi quando necessario”. Alla bontà dell’Anpi!

Ma non basta, i nostalgici partigiani dell’Anpi salgono anche in cattedra, spocchiosi maestri di democrazia e antifascismo al loro 16° Congresso Nazionale nel maggio 2016:
“…La verità è che a differenza di altri Paesi, l’Italia non ha ancora fatto fino in fondo i conti col fascismo. Accanto all’impegno per rinnovare profondamente lo Stato, è essenziale una forte iniziativa per incidere sulla scuola e sulla formazione dei giovani, per rendere i contenuti educativi coerenti con i valori dell’antifascismo e della Costituzione. A questo impegno bisogna aggiungere quello perché lo Stato – questo Stato – diventi realmente democratico e antifascista; un’azione che va condotta con insistenza, fermezza, con gli organi dello Stato, centrali e periferici, con i Sindaci, con i Presidenti di Regione, con tutto l’apparato pubblico”. Insistenza? Fermezza? Forte iniziativa?

Insomma, l’Anpi se la canta e se la suona, sogna ad occhi aperti, persino maestrina e badante della sinistra, per anni, dunque, giudicata vanamente, al governo del paese, di tante regioni e tante istituzioni culturali.
Adesso, con il 17° Congresso Nazionale dello scorso marzo l’Anpi ha deciso di lanciare “una nuova fase della lotta democratica e antifascista” e, ohibò, di allargare il suo orizzonte: una grande mobilitazione, quasi un’Internazionale Partigiana contro l’avanzante pericolo fascista, insito nel successo elettorale delle destre in tutta Europa.
Dunque, l’Anpi promotrice di un’odierna crociata antifascista europea, ancora di più a ragione dopo la schiacciante vittoria della destra italiana alle ultime politiche.
Si profilano, però, tempi grami per l’Anpi, di qui la decisione di chiedere fondi alla Comunità Europea per questa battaglia antifascista su tutto il vecchio continente: anche l’Anpi così nel Pnrr, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Non credo valga la pena: la nostalgia partigiana non ha futuro.

Franco D’Emilio