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Il trascinamento

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Ultimo aggiornamento:

Una decina di giorni fa, precisamente il 22 agosto, vennero effettuati i prelievi su tutte le 98 acque di balneazione dell’Emilia-Romagna, secondo quanto previsto dal calendario regionale. I risultati delle analisi evidenziarono il superamento dei limiti normativi del parametro Escherichia coli e/o enterococchi intestinali in 3 specchi d’acqua del Comune di Rimini. Arpae attraverso un comunicato sul suo sito web informò che il superamento dei parametri era probabilmente dovuto ad un fenomeno che generò un effetto-trascinamento del carico batterico, causato dalla forte perturbazione meteo che interessò la zona in quel fine settimana. Una spiegazione che i giornali riportarono pari pari ma senza spiegare doverosamente ai lettori, in parole semplici, cosa volesse dire.

Leggere che i batteri fecali furono trascinati dalla perturbazione atmosferica lascia ignote le cause dell’inquinamento, sebbene siano strutturali e non trascendentali. Se giornalisticamente le spieghi poi c’è il concreto rischio che il lettore ottenga informazioni, no meglio lasciarlo in coma assistito e soprattutto non innervosire gli operatori turistici. Eppure quello che è accaduto quei giorni, in una stagione balneare accade centinaia di volte, durante il resto dell’anno poi ancor di più. Oggi per esempio, la situazione è identica a quella del 19 agosto con una piccola ma determinante differenza: le piogge di stanotte hanno causato l’apertura degli scolmatori fognari là dove presenti, i liquami sono finiti nei fiumi-canali e quindi in mare e di conseguenza sono scattate le automatiche chiusure della balneazione per 18 ore, attualmente in 6 specchi d’acqua balneabili riminesi.

Misure preventive adottate come allora dai sindaci, ma rispetto al recente passato ci sarà una grossa differenza. Non essendoci in previsione nei prossimi giorni le analisi di routine, il famoso trascinamento di batteri fecali in altre acque di balneazione non potrà eventualmente essere rilevato, di conseguenza “microscopio non vede balneazione non duole”. Però i pericoli per la salute pubblica e per l’ambiente marino restano immutati.
Le piogge non sono la causa dell’inquinamento microbiologico ma solo il mezzo di trasporto dei liquami fognari, le responsabilità delle chiusure temporanee della balneazione sono quindi le decine di scolmatori fognari che si aprono, ed essendo strutturali e propedeutici alla tenuta della rete fognaria unica sono di fatto un problema politico non atmosferico.

Negli ultimi anni il numero delle aperture degli scolmatori durante l’arco della stagione balneare ha quasi sempre superato quota 100, da notare poi che al di fuori di quei 3 mesi non vengono conteggiate nonostante gli sversamenti di liquami avvengano in seguito alle piogge, tutto l’anno con le conseguenze inevitabili per l’ambiente marino. Eutrofizzazione in primis. La chiusura automatica della balneazione in seguito all’apertura degli scolmatori che solo a Rimini interessano 10 specchi d’acqua, sono in totale sulla costa 18 e sono sempre firmate dai sindaci, i quali però ogni volta che si sforano i limiti delle loro acque cadono dalle nuvole quando va bene. Quando va male minano la credibilità di Arpae divulgando sui media le loro contro analisi, ovviamente entro i limiti di legge come ha fatto recentemente il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad. Oppure quando attaccano Legambiente sui giornali locali quando Goletta Verde rileva inquinamento nelle foci dei fiumi romagnoli mentre la citano contro Arpae come prova di salubrità delle loro acque, quando le analisi “ambientaliste” risultano idonee.

Quindi non si può mettere in dubbio l’operato di Arpae perché il metodo di controllo è perfetto? Non migliorabile? Ma figuriamoci. Giusto per fare un paio di appunti a questo sistema di controllo certamente imperfetto che però se migliorato rileverebbe molto più inquinamento microbiologico di quanto accade ora, quindi più chiusure della balneazione e più tutela della salute dei bagnanti ma anche un danno di immagine ed economico mastodontico. Sempre che ci sia ancora la possibilità di sputtanarlo ulteriormente. Una cosa però è certa, la realtà analitica dei fatti ci obbligherebbe a risolvere il problema, e cioè la fognatura unica dai costi però milionari e dai tempi lunghissimi. Incluso i paesi dell’entroterra altrimenti non conta nulla farlo solo in costa a causa del “trascinamento” via fiumi.

Le date fisse di prelievo fissate ad inizio stagione hanno a che fare più con la stregoneria che con la scienza, fanno sì che il rilevamento degli inquinanti dipenda dal caso, è certo però che lontani temporalmente dalle piogge non rileveranno mai gli inquinanti microbiologici. Se piove per 3 volte nei primi 15 giorni del mese, il pericolo per la salute pubblica non potrà essere rilevato se il prelievo è stato stabilito ad inizio estate per il 27, temporalmente lontano dalle scolmature fognarie in mare. Fare i prelievi dopo le piogge e negli specchi d’acqua adiacenti ai fiumi, torrenti, canali farebbe rilevare l’inquinamento microbiologico con una certa puntualità, ma la realtà documentale sarebbe poi un disastro dal punto di vista turistico.

Fino a pochi anni fa si facevano 2 campionamenti al mese, oggi solo uno. In almeno l’80% degli specchi d’acqua romagnoli lontani diversi chilometri dalle foci non è mai stato rilevato alcun inquinamento, dunque in questi casi basterebbe un prelievo a stagione. Nelle zone invece interessate da foci, la logica aristotelica imporrebbe di intensificare i controlli sulla base di una semplice metafora: se vuoi trovare i funghi li devi cercare dove crescono e dopo la pioggia.

Giorgio Venturi