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Pandemia e lavoro: il prezzo più alto è pagato dalle donne

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L’ufficio studi di Confartigianato ha promosso uno studio sull’andamento del mercato del lavoro, che evidenzia come a ottobre 2021 l’occupazione sia inferiore dello 0,8% rispetto ai livelli pre-crisi di febbraio 2020. A commentare il report il segretario di Confartigianato di Forlì Marco Valentiil dato è frutto di un calo dell’1,1% della componente femminile, diminuzione di intensità doppia rispetto a quella degli uomini (-0,6%), nonché della crisi del lavoro indipendente. Mentre gli occupati dipendenti a ottobre 2021 hanno recuperato i livelli pre-crisi (+0,7%), gli effetti della pandemia si scaricano completamente sugli indipendenti – segmento non coperto dal sistema degli ammortizzatori sociali – che a settembre 2021 ha fatto registrare una perdita di 318 mila occupati rispetto a febbraio 2020, pari al 6,1% in meno”.

In dati per genere, disponibili su base trimestrale, evidenziano che, nel terzo trimestre 2021, l’occupazione indipendente femminile scende del 7,8% rispetto allo stesso periodo del 2019, a fronte del calo del 6,1% della componente maschile. Continua Valenti “l’analisi della dinamica dell’imponibile della fatturazione elettronica per settori, che considera il peso settoriale delle imprese rosa, evidenzia che, per l’imprenditoria femminile, si combina un più pesante calo di fatturato del 2020 e un recupero meno intenso nel 2021, che colloca i ricavi delle imprese femminili a un livello di 4,4 punti inferiore rispetto alla media”.

L’analisi dei dati Istat sul fatturato dei servizi sottolinea che i settori che registrano un maggiore ritardo della ripresa – ristorazione, alloggio, servizi viaggio – sono quelli con la quota più elevata di imprenditoria femminile. Conclude il segretario “gli effetti della recessione e la ripresa in corso coinvolgono, a fine 2020, 1.336.227 imprese rosa che rappresentano il 22% del totale, di cui 218.461 artigiane. Nel corso della pandemia, alle maggiori difficoltà economiche, per le donne si somma un maggiore presenza nella attività di cura familiari. L’analisi dei dati di un recente report dell’Ocse evidenzia che la quota di genitori con lavoro di cura aggiuntivo, causato dalla chiusura di scuole, per le madri è pari al 54%, più del doppio del 25% dei padri”.