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Nati stanchi

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Quello uscito stamattina sul Resto del Carlino, edizione di Cesena, è un articolo che racconta un fatto che meriterebbe un’attenta riflessione. I ristoranti di Gatteo Mare presenti nella piazza centrale della piccola località balneare, fulcro di molti eventi turistici, nonostante un appuntamento di grande richiamo turistico come la “Settimana del liscio”, chiuderanno i battenti. Non è una novità perché in passato e ormai da decenni, la chiusura lavorativa di molti esercizi turistici avviene più o meno in questo periodo conclamandosi di fatto poi con l’apertura delle scuole.

Quindi i discorsi che ogni tanto sentiamo fare dalla politica ma anche dai rappresentanti delle associazioni di categoria sull’opportunità di allungare la stagione e quindi di destagionalizzare, cozzano con i fatti lasciando così le lodevoli iniziative al tempo che trovano. Sono lontane infatti le stagioni in cui si chiudeva a fine settembre, scuola o non scuola. Ma la motivazione offerta da uno dei ristoratori sulla decisione di chiudere, per la precisione il proprietario del ristorante Ippocampo, è davvero originale: “siamo stanchi”.

Attenzione l’originalità non sta affatto nell’essere stanchi, perché a quasi metà settembre per chi ha fatto almeno una volta nella vita la stagione balneare come cameriere, bagnino, barista o lava pentole, essere stanco è scontato. Ma chiudere un esercizio pubblico perché il personale è stanco è un fatto originale. Il proprietario dell’Ippocampo afferma infatti che l’estate è andata bene ma lavorando molto e con personale ridotto si è arrivati a questo punto della stagione con le batterie scariche. Il personale quindi vuole interrompere il lavoro. Sulla riviera romagnola è sempre stato così e chiunque faccia la “stagione al mare” come si usa farla di solito qui, consuma le proprie energie fino all’ultima goccia di sudore.

Purtroppo a ciò si aggiunge un altro segreto di pulcinella, segreto che si sarebbe palesato nel rispondere ad eventuali e logiche curiosità, che anche ad un bambino sarebbe venute leggendo l’articolo: ma il personale lavora ininterrottamente per più di 100 giorni consecutivi senza mai fare un giorno di riposo? Perché in quel caso qualsiasi lavoro ti consumerebbe oltremodo, anche il falegname, il manovale, l’imbianchino, l’elettricista, l’idraulico, il cassiere in banca ecc. Inoltre sarebbe stato interessante sapere se quotidianamente lavora 6 ore e 40 oppure 8 o se invece lo straordinario è la regola? Perché se le ore settimanali diventano 70 o 80 è abbastanza normale che dopo 100 giorni consecutivi il personale arrivi a fine stagione “sfasciato”.

Nell’articolo viene poi menzionato un fatto che ultimamente va molto di moda e cioè la difficoltà a trovare personale stagionale, fatto che ha comportato, a detta del ristoratore, la necessità di lavorare a ranghi ridotti e quindi a lavorare di più e quindi a stancarsi logicamente di più. Anche in questo caso la curiosità è banale: qual è la paga offerta? Ieri per esempio Giancarlo Barocci, presidente dell’associazione albergatori di Cesenatico, sempre sul Carlino, si lamentava dello stesso problema causante la chiusura anticipata di molti hotel affermando che la paga fosse di 1600-1700 euro al mese. Non male come stipendio mensile ma mancano importanti informazioni per farsi un’opinione su quanto sia diventata fannullona la nostra società e cioè a quali condizioni: i 1700 euro sono tutti in busta o solo una parte ed il resto in nero quindi senza versamento di contributi?

Il Tfr a fine stagione me lo dai o te lo tieni? Per quante ore lavorative alla settimana otterrò quella paga, 36, 60 oppure 80? Per lavori qualificati come aiuto cuoco o receptionist che parla due lingue o per un tutto fare? Con o senza giorno libero? Con un contratto consono alla professionalità acquisita da diplomi o decennali esperienze lavorative oppure no? Quello che resta dopo quello che in Romagna è il segreto di pulcinella è un problema endemico che affligge la riviera da 40 anni e che coinvolge sia lavoratori che imprenditori: sfruttamento, mancanza di professionalità, perdita della fidelizzazione del personale, crescita qualitativa della nostra offerta turistica, perdita di personale locale ormai diventato una chimera, valorizzazione professionale del personale. Resta solo la stanchezza.

Giorgio Venturi