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Il glicine dai fiori bianchi di via Leone Cobelli

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Ultimo aggiornamento:

Fino a qualche mese fa chi imboccava via Leone Cobelli da corso Garibaldi si imbatteva immediatamente su dei lunghissimi rami che, sul lato sinistro, scendevano verso la pavimentazione stradale dopo aver scavalcato l’alto muro di cinta di un antico palazzo disabitato e con i lavori di restauro fermi da oltre quindici anni.
Anche se recentemente i rami sono stati accorciati in modo selvaggio e del tutto inopinatamente la loro presenza è ancora visibile, basta alzare lo sguardo, e lo sarà ancora di più nel momento in cui saranno cresciute le foglie e sbocciati i fiori che emettono un profumo che si sente a decine di metri di distanza.

Pur non essendo possibile accedere per verificare di che pianta si tratti, alcuni esperti hanno stabilito essere un glicine che ha i fiori bianchi, a differenza degli altri dai fiori viola presenti nel centro cittadino che creano un effetto completamente diverso. La ragione non è soltanto cromatica ma è dovuta alla forma del grappolo dei fiori: allungata e più rada, molto mobile a ogni piccolo soffio di vento.
La via Leone Cobelli si caratterizza poi per il particolare andamento che ha un primo tratto tutto diritto, poi curva a destra e immediatamente dopo a sinistra per proseguire poi diritta verso la zona dei Musei San Domenico. Vi si affacciano molte abitazioni ad uso civile, diverse botteghe artigiane, alcuni studi professionali, l’edificio comunale sede degli uffici dello Sportello sociale, la cui facciata è stata utilizzata per la realizzazione di un murale di Teo Pirisi, in arte Moneyless (senza soldi) nello Street Art Festival 2018, e la Chiesina del Miracolo.

Di recente l’intera via è stata completamente ripavimentata dal Comune di Forlì sostituendo il manto di asfalto con blocchi di pietra di granito e nella zona antistante al luogo di culto il nuovo materiale è stato posato in modo da ottenere una sorta di sagrato, al cui centro è stato posto un medaglione in metallo che riporta una descrizione storica dell’evento avvenuto nel 1428.
Nel volume “Forlì. Guida alla città” di Marco Viroli e Gabriele Zelli, edito da Diogene Books nel 2012, viene dato il giusto risalto alla chiesina di via Leone Cobelli, quasi sconosciuta ai cittadini forlivesi, che si trova esattamente nel luogo dove, nella notte tra il 4 e il 5 febbraio 1428, avvenne il miracolo della Madonna del Fuoco. Al posto della chiesetta vi era la casa, adibita a scuola, del maestro Lombardino da Rio Petroso, che venne completamente distrutta da un incendio da cui tuttavia si salvò miracolosamente una xilografia su carta, rappresentante la Vergine con il Bambino, risalente alla fine del XIV secolo. Tra i testimoni dello straordinario evento pare vi sia stato anche Ugolino da Forlì, arcidiacono del Duomo, compositore e teorico della musica, a cui è attribuita l’invenzione del pentagramma. La xilografia, poi denominata “Madonna del Fuoco”, fu trasferita e conservata nel Duomo di Forlì dove, dal 1636, fu collocata in una cappella a lei dedicata.

Nella venerata immagine intorno alla Madonna si trovano otto figure di santi, in alto l’Annunciazione e la Crocifissione, in basso i dodici Apostoli con al centro una santa e la Vergine Incoronata.
La costruzione della chiesa del Miracolo, commissionata dall’ex gesuita Andrea Michelini, ebbe inizio nel 1797, su progetto dell’architetto forlimpopolese Ruffillo Righini. A causa dell’ingresso in città delle truppe napoleoniche a Forlì, i lavori subirono una immediata battuta d’arresto .
Nel 1815, la realizzazione venne ripresa sulla base del progetto elaborato dall’architetto forlivese Luigi Mirri e venne portata a termine nel 1819. L’architetto forlivese si occupò anche degli interni, evidenziando doti di valente scultore. Al termine dei lavori, dell’iniziale progetto del Righini restò solo il minuscolo campanile laterale.

La facciata, in stile neoclassico, presenta un insolito andamento semicircolare a invito. Nella lunetta collocata sopra l’ingresso si può ammirare il miracolo dell’incendio, una pittura
monocroma su muro, restaurata nel 2019 da Andrea Giunchi e Azzurra Piolanti per conto dei Club Lions: Forlì Host, Valle del Bidente, Giovanni de’ Medici, Forlì-Cesena Terre di Romagna e del Rotary Club su sollecitazione di Marco Viroli e di Gabriele Zelli. L’attribuzione dell’opera è incerta e a tale proposito sono in corso degli ulteriori approfondimenti, a partire da quelli svolti dallo studioso Alvaro Lucchi.

L’interno della chiesetta è un piccolo capolavoro di architettura neoclassica: pianta centrale con la cupola decorata a cassettoni, al centro della quale si trova un’apertura che consente l’illuminazione naturale del piccolo e suggestivo ambiente. Inizialmente le scene affrescate alle pareti da Pietro Zampighi erano quattro e rappresentavano:” La traslazione della Santa Immagine”, “Il Terremoto”, “La pioggia”, “Il sereno”. Di queste restano solo le ultime due, mentre le altre sono state coperte da lapidi commemorative.
Da segnalare che in via Leone Cobelli, al numero 11, è presente un altro glicine che svetta dal muro di un cortiletto e un altro, di notevoli dimensioni che da decenni si arrampica sulle mura di una casa privata, è visibile al numero 32.
La prossima tappa sarà dedicata ai glicini dell’ex Collegio Aeronautico.

Gabriele Zelli