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Giacomo Santarelli, un architetto che ha lasciato a Forlì un segno della sua genialità

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Oggi qualcuno si è ricordato di lui. Infatti grazie al restauro del Foro Annonario si è tornati a parlare del suo ideatore e cioè di Giacomo Santarelli (1786-1859). Fino ad oggi è sempre sfuggito alla conoscenza dei più. Infatti se chiediamo ad un forlivese qualsiasi chi erano Giuseppe Missirini, Andrea Zoli, Giulio Zambianchi o Giacomo Santarelli, penso che nessuno o quasi vi sappia rispondere. Solo gli esperti di storia locale, di architettura e di urbanistica di Forlì della prima metà del XIX secolo. Nessuno si sofferma a legger le targhette che il Comune ha posto su tanti edifici. Al massimo le ruba!

La nostra città alla fine del 700 e soprattutto nella prima metà dell’800 vive un momento di radicale mutamento. Le innovazioni che vengono introdotte e realizzate, sono dovute ai cambiamenti politici che incidono sul tessuto sociale, culturale e politico. Forlì, diventando capitale del Dipartimento del Rubicone, esce dal suo centenario anonimato scalzando l’antagonista Ravenna, anche se sotto la tutela francese, vive un momento denso di insegnamenti, di esperienze che ampliano gli orizzonti. Questo nuovo contesto politico e sociale introduce l’elemento dominante per il tempo a venire: il principio della utilità pubblica. Questa esperienza creerà una nuova classe dirigente che, pur cambiando i Regimi, darà origine a quella Romagna intensamente viva da un punto di vista politico, anche nei tempi successivi. Gli insegnamenti, le occasioni che si presentano nella vita pubblica, lasciano un segno profondo, grazie anche a personaggi di spicco della cultura italiana. È sufficiente, per Forlì, ricordare Melchiorre, o come preferiva lui Melchior, Missirini, giacobino della prima ora, poi dal 1814 segretario di Antonio Canova. Già nel 1843 Melchior aveva donato i suoi beni (culturali) alla Municipalità di Forlì. Suo fratello Giuseppe Missirini (preparato negli ambienti culturali bolognesi e fiorentini), assieme ad Andrea Zoli (ispettore dei palazzi governativi e camerlengo del Cardinale Ruffo) e Giulio Zambianchi (fratello del medico Antonio) saranno i competitori di Giacomo Santarelli nell’ideazione e realizzazione di questa nuova Forlì.

Noi vogliamo parlare in particolare di Giacomo Santarelli. Nella nostra città nell’anno 2020 è stato fatto un pregevole lavoro di restauro del Foro Annonario che ha riportato in vita, non solo l’edificio, che ora possiamo ammirare così com’era nel 1840, ma anche il suo creatore. L’Ingegnere o Architetto Comunale (come si firmava) Giacomo Santarelli.
I suoi genitori Giambattista Santarelli (1761-1812) e Annunziata Masotti si sposano nel 1784 e hanno due figli. Il primo Giacomo che nasce il 13 giugno 1786 e Anton Francesco, il 21 luglio 1789.

Il primo diventerà, come abbiamo già detto, Ingegnere o Architetto Comunale, il secondo giureconsulto abilitato al patrocinio presso la Corte di Giustizia del Rubicone.
Giacomo in questo inizio di Restaurazione ha una ventina d’anni e respira quest’aria di rinnovamento inserendosi nel contesto dell’attività architettonica e urbanistica. Nella città, numerosi sono i progetti in campo, tante le idee. Non tutto si realizzerà, ma tutto è interessante perché vi sono gli elementi che caratterizzano in questo primo 800 l’edilizia pubblica di Forlì, dal rinnovo degli spazi comuni all’interesse per l’utile e il decoro.

Giacomo Santarelli partecipa attivamente a questa ventata di novità. Aderisce agli insegnamenti dei Principi d’Architettura di Francesco Milizia. Così come tutti gli altri. Intenso uso del laterizio, materiale povero, che viene riscattato dalla capacità di realizzare strutture sobrie e, soprattutto, eleganti con l’uso di terrecotte per realizzare le figure di completamento e di arricchimento delle costruzioni, vedi il Palazzo Giovannetti, vedi il Foro Annonario, vedi Luigi Righi, modenese, famoso per gli stucchi e le terrecotte che ornano tanti edifici.

Uno dei progetti per il rinnovamento urbanistico di Forlì è quello della sistemazione della piazza del nord, l’ampio spazio davanti alla porta Cotogni. Pio VII, nel 1814 al ritorno dalla prigionia in Francia si ferma a Forlì. Un gesto particolarmente significativo per la città. Si decide in suo onore di cambiare nome ai luoghi più significativi. Così Borgo Cotogni diventa Borgo Pio e Porta Cotogni, Porta Pia. La. La nuova porta, la precedente abbattuta nel 1824, su progetto di Santarelli, vedrà due corpi laterali uno come magazzino temporaneo e l’altro per la Gendarmeria. Come decoro della barriera daziaria, due colonne con sopra due leoni in pietra, oggi nell’atrio della Fiera, con i simboli del pontefice e della città.

Qui nascono anche i Giardini pubblici. La prima delibera per la loro realizzazione è del 1816, sempre in onore di Pio VII. I Giardini pubblici ebbero vari padri. Da Luigi Mirri nel 1816 ai successivi interventi di Missirini e Santarelli. È lui però che redige la soluzione finale. Sopra i quattro pilastri dell’entrata i simboli delle quattro stagioni. Purtroppo nei tempi seguenti saranno vandalizzati e come scrive nel 1913 Antonio Beltramelli …sono rimaste quattro devastazioni… (Il gregge senza pastore).

Come abbiamo visto Forlì cambia. Oltre ai mutamenti nella Piazza del nord, ci sarà l’abbattimento nel 1827 dei portici del Borgo Pio per allargare la strada e sistemare le facciate dei numerosi palazzi prospicienti. I forlivesi non raccolsero solo firme per ottenere tutto questo, si impegnarono anche finanziariamente, come nel caso dello sferisterio, già ampiamente trattato da Gabriele Zelli.

Un altro abbattimento che cambierà l’aspetto, in questo caso della Piazza Maggiore, sarà quello dell’Arco di Rialto (1824). Era una costruzione settecentesca decorata da una parte con un orologio e la Madonna col Bambino e dall’altra con il busto del Cardinale Ludovico Merlini. Era posto fra il Palazzo Comunale e quello del Podestà. Creava però problemi alla viabilità e all’estetica per la contiguità con un Palazzo Comunale che all’inizio degli anni 20 era stato rinnovato grazie al Legato Stanislao Sanseverino. Anche in questo caso sarà presente Giacomo Santarelli. Infatti, nello stesso momento è impegnato con lo Sferisterio. Il materiale di recupero sarà usato per la costruzione dello stesso. Valore scudi 26,83 come elencato e descritto in una sua relazione dallo stesso Santarelli.
La piazza del nord viene trasformata radicalmente. Si sposta il mercato del bestiame e si procede all’abbellimento con alberi, selciatura e aiuole. Lo vediamo in questo disegno firmato dallo stesso Santarelli datato 17 febbraio 1838.

piantina dell'architetto Santarelli
Precedentemente nel 1821 Santarelli lavora al rifacimento della Sala del Consiglio nel Palazzo Comunale. Un progetto che prevede la trasformazione da rettangolare a ottagonale. Le decorazioni di tipo classico con le figure dei più importanti personaggi forlivesi.
Nel 1824 progetta il teatro in legno di Sala Gaddi. Nel 1831/34 esegue interventi nel teatro comunale per apportare modifiche al fine di realizzare una migliore visione del palcoscenico.
Nel 1833 progetta una recinzione per la colonna della Madonna in Piazza Maggiore.
Nel 1835 realizza nell’angolo Campo S. Pellegrino (poi P.zza Morgagni) con via S. Maria dei Servi (oggi O. Regnoli) il teatro che porterà il suo nome. Successivamente diventerà il politeama Ermete Novelli.

Gli anni 1837/40 lo vedono impegnato nella realizzazione del Foro Annonario. Si presenta con un ampio spazio fra i due corpi edificati sullo spazio dello scomparso convento di S. Francesco Grande. L’ingresso, come quello dei giardini pubblici, con pilastri su quattro dei quali statue a figura intera, due satiri e due sirene, non busti come nel caso precedente. A destra e a sinistra file di botteghe in numero di sette per parte. Quelle a destra sono sormontate da uno stucco rappresentante una testa di toro che ritroviamo anche sui tre archi centrali fra i pilastri che sono l’entrata verso l’esedra interna, caratterizzata frontalmente da un timpano triangolare con lo stemma di Forlì. Da ricordare oltre alle statue anche il gruppo scultoreo “Ercole e il Toro” di Apollodoro Santarelli, figlio di Giacomo. Tutte queste opere sono state distrutte.

Contemporaneamente sempre negli anni 40 lavora per la costruzione di casa Pettini-Giovannetti in Borgo S. Pietro (C.so Mazzini), un piccolo gioiello di urbanistica, vedendo che quasi di fronte a lui, all’angolo con via Fratti è stato edificato il solito mostro(7 piani) anni ‘60/70.
Il Nostro, impegnatissimo, riceve anche l’incarico dalla Direzione Nazionale del Censo di redigere il nuovo Catasto urbano. Nel 1854 presenta anche un progetto per il cimitero, che viene accettato e deliberato con tanto di spesa di 6.000 scudi. Ma non si realizzerà. Verrà soppiantato dal progetto dell’arch. Pietro Camporese di Roma.
Il suo più importante restauro negli anni 1853/57 è quello del Santuario di S. Maria delle Grazie di Fornò, edificio a pianta centrale risalente alla fine del Quattrocento. Questo per interessamento di Pio IX. Dell’edificio si occuperà a fine Ottocento il figlio di Giacomo, Antonio.

Giacomo scompare il 2 maggio 1859. È sepolto nella tomba scolpita dal figlio Apollodoro nel Monumentale, arcata n° 9.
Questa la famiglia di Giacomo Santarelli: in prime nozze sposa Anna Facchinei Mercuriali. Non hanno figli. Sposa successivamente Maddalena Baroncelli dalla quale avrà quattro figli: Antonio( 1832-1920) ispettore agli scavi e monumenti, direttore della Pinacoteca e dei musei civici di Forlì, segretario comunale fino al 1880. Apelle (1833-1919) prima militare e successivamente assistente del fratello Antonio. Insieme saranno fra i fondatori e benefattori dell’Asilo Infantile che porta il loro nome Apollodoro (1836-1908) valente scultore e Giuseppe (1839-1877) ufficiale dell’esercito.
La famiglia ha abitato in un palazzo di tre piani in Borgo Pio (C.so della Repubblica) di fronte a Via Cignani. La casa fu venduta dopo la morte di Antonio, non essendoci discendenti, perché tutti i beni della famiglia erano stati destinati come eredità all’Asilo Infantile dedicato al loro nome.

Agostino Bernucci