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Caduti ebrei del 25 aprile

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Il ripetersi degli anniversari e delle commemorazioni di eventi che hanno contribuito alla definizione di una identità di un popolo e di una nazione fa inevitabilmente correre il rischio di cadere nella ritualità o, peggio, nella retorica. Non fa eccezione il 25 aprile, festa della Liberazione, il riscatto dalla dittatura fascista e dalla alleanza con la Germania nazista che precipitò l’ Europa nella fornace della Seconda Guerra Mondiale. Per evitare riti e retorica forse non c’è niente di meglio che fare memoria del sacrificio dei più umili che persero la vita per darci una libertà che dobbiamo meritarci e rendere feconda di frutti positivi nel nostro presente di comunità nazionale. Di quanti caddero proprio in terra romagnola per la liberazione d’ Italia vogliamo ricordare coloro che appartenevano al popolo più segnato e perseguitato durante il conflitto, gli ebrei.

Una targa di fronte alla caserma dell’esercito italiano di viale Roma a Forlì ricorda il passaggio nel gennaio 1945 della Brigata Ebraica (nella foto); inquadrata nell’esercito inglese, fu costituita in Palestina da volontari ebrei e, sbarcata, in Puglia risalì la penisola fino alle Alpi combattendo. In Romagna, a Piangipane nel Ravennate, nel cimitero delle truppe del Commonwealth riposano 33 soldati della Brigata che sacrificarono la loro vita in combattimento sul fronte del Senio. Non sono gli unici in Romagna. Nel cimitero di guerra delle truppe del Commonwealth a Forlì riposa il caporale ebreo Altschul, morto a trent’anni, che apparteneva al Royal Army Service Corps dell’esercito inglese, reggimento con compiti di logistica. Poco lontano dalla sua tomba c’è quella di H. Elsner, anch’egli ebreo, uno dei Royal Engineers, il corpo dei genieri inglesi.

C’è poi una storia italiana, quella del partigiano ebreo Ismaele Sabatini al quale la mostra forlivese “Stelle Gialle. Ebrei della provincia forlivese nella notte fascista” del 2015 riservò la giusta attenzione. Era nato a Santa Sofia nel 1904, in una famiglia numerosa originaria di Arezzo tutta impegnata nella cardatura della lana. Dopo l’8 settembre 1943 decise di entrare nella VIII brigata partigiana “Garibaldi” operativa nella valle del Bidente. Contribuì a costruire con altri due compagni antifascisti, Ferrer Francini e Primo Stoppioni, la base partigiana di Valdellachiara. I feroci rastrellamenti nazifascisti dell’ aprile 1944 provocarono uno sbandamento della brigata partigiana e così Sabatini, incaricato di una missione a Firenze dove viveva una sorella, si allontanò dalla vallata. Ma proprio nella città di Dante incappò in una retata e, riconosciuto come ebreo, fu trasferito a Bologna da dove in treno fu deportato in campo di concentramento. Prima di salire sul vagone riuscì a fare cadere a terra un biglietto con l’ ultimo saluto alla madre che fu spedito per posta da un ferroviere che lo ritrovò. Ismaele Sabatini morì a Gusen, sottocampo di Mauthausen ad aprile del 1945. Esattamente76 anni fa.

Paolo Poponessi