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Tonino Spazzoli: il piombo tedesco gli fermò il cuore ma non ne piegò l’anima

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Sulla via Ravegnana, qualche chilometro dopo il centro abitato di Coccolia, sulla destra per chi va verso Ravenna, in una piccola rientranza della sponda del fiume è collocato il cippo che ricorda Antonio Spazzoli (Coccolia di Ravenna 1899-1944), da tutti chiamato Tonino. Non è facile trovare il modo per parcheggiare e vedere da vicino il monumento che è costituito da un pilastro in cemento nella cui parte superiore è posta una scultura in bronzo raffigurante il volto sofferente del Martire, opera dello scultore Giuseppe Casalini (Faenza 1886-Forlì 1957). Sotto di essa è posta una lapide in bronzo con i caratteri dell’epigrafe in rilievo. La base è in cemento. Ai piedi del monumento è posizionato un vaso in marmo di forma trapezoidale. L’area è circondata da un muro semicircolare in mattoni rossi. A pochi passi un cartello segnala la presenza del manufatto: “Cippo T. Spazzoli medaglia d’Oro della Resistenza”.

La lapide riporta questo testo: “QUI / PIOMBO TEDESCO / FERMÒ IL CUORE / MA NON PIEGÒ L’ANIMA / DI TONINO SPAZZOLI / IMPETUOSO D’AZIONE / PUR DAVANTI / ALLA FORCA / DEL FRATELLO / E ALL’AGONIA DEL PAESE / E / NEL TORMENTO DEI CEPPI / REPUBBLICANAMENTE / IMMUTATO /19 AGOSTO 1944”.

Chi ha dettato l’epigrafe è stato in grado, con poche parole, di riassumere la vita di Tonino che in altre occasioni è stata raccontata con dovizia di elementi. Mi soffermo su un concetto riportato nella lapide e cioè che solo il piombo dei tedeschi riuscì a fermare il suo cuore, perché non c’erano riusciti facendogli vedere il corpo del giovane fratello Arturo (Forlì 1923 – Cornio di Modigliana 1944) penzolare inerme dal lampione di piazza Saffi, né con le torture che gli avevano praticato in carcere. Così come viene rimarcato dalla testimonianza delle religiose dell’ordine delle “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante”, che durante il conflitto svolgevano il proprio servizio presso il Mandamentale di Forlì: Suor Pierina Silvetti, Suor Valeriana Collini e Suor Elvira Ghirardi. Le tre suore scrissero la loro testimonianza, per ordine della Superiora Generale Suor Margherita Ricci Curbastro, il lunedì di Pasqua del 1955. Sotto il titolo “L’anno più lungo” raccontarono quanto avvenne nel 1944 all’interno delle prigioni cittadine e in particolare nel corso degli ultimi mesi di guerra.

A proposito di Tonino scrissero: “Fu poi la volta di Spazzoli, capo del movimento di liberazione di cui si dice che si sia mangiato, prima dell’arresto, un documento importante, contenente i nomi di gran parte degli appartenenti. Furono pure incarcerate con lui la sorella e la nipote che più tardi vennero deportate in Germania. Il povero Tonino doveva stare chiuso in cella, ammanettato, senza sedersi né sdraiarsi, senza bere e senza mangiare fino a che non si fosse deciso a rivelare tutto e tutti. Era sorvegliato da due militi, alla sua cella era vietato avvicinarsi persino ai nostri agenti, solo un detenuto venne adibito alle pulizie, con incarico di ritirare il «vaso». I «vasi» erano molti alti, molto capaci, ed il detenuto due volte al giorno ritirava quello di Tonino per pulirlo e poi riportarlo. Quel vaso divenne l’unico mezzo per passare il nutrimento all’infelice ed il detenuto il ponte di collegamento fra noi e lui. Due volte al giorno preparavamo dei cordiali: due uova sbattute in brodo ristretto che la famiglia ci procurava col solito sistema. Mettevamo il cordiale in una bottiglia che facevamo sparire dentro la camicia del detenuto addetto, il quale bussava alla nostra porta, con la scusa di portare roba occorrente. Prendeva poi il vaso per pulirlo e quindi introduceva la bottiglia riportando tutto in cella. Spazzoli appena richiuso, aiutandosi con le mani ammanettate, estraeva la bottiglia, toglieva il tappo con i denti, quindi beveva tutto il contenuto rimettendo il vuoto. Con lo stesso sistema mandavamo i farmaci per tenerlo su, in maniera che nutrito e curato, trovasse forza per resistere e tacere. Così per molti giorni che sembrarono anni. Il detenuto quando veniva a prendere e riportare la bottiglia ci diceva: Sorelle noi moriremo tutti e quattro insieme! E per miracolo sfuggimmo a questa morte! Avevamo anche dei nostri agenti che favorivano i tedeschi! Intanto, nonostante le terribili battiture, Tonino rimaneva di sasso. Il giorno che fu accompagnato a vedere suo fratello Arturo, fucilato ed impiccato in Piazza Saffi, allorché gli intimarono di parlare per non fare la stessa fine, con fermezza dichiarò di non avere nulla da dire. A notte dello stesso giorno fu prelevato ed ucciso nei pressi di Coccolia. I nostri sacrifici non valsero a salvarlo!”. Fu proprio così, a nulla servirono i sacrifici delle tre religiose e degli altri che all’interno del carcere tentarono di aiutare Tonino Spazzoli, ma lui diede una dimostrazione di straordinaria abnegazione alla causa dell’antifascismo.

La Medaglia d’Oro al Valor Militare
A Tonino Spazzoli è stata conferita dallo Stato Italiano la Medaglia d’Oro al Valore Militare con le seguenti motivazioni: “Volontario della prima guerra mondiale, mutilato e pluridecorato al valor militare, fu nella guerra di Liberazione organizzatore audace, sereno e cosciente e diede vita e diresse formazioni partigiane fedeli continuatrici delle più fulgide tradizioni. I più audaci colpi di mano, i più rischiosi atti di sabotaggio, le più strenue azioni di guerriglia lo ebbero primo fra i primi, di esempio a tutti per coraggio, valore e sublime sprezzo del pericolo. Arrestato una prima volta e riuscito ad evadere si arruolava in un battaglione partigiano continuando senza sosta nella sua attività che mai dette tregua all’avversario. Caduto ancora nelle mani del nemico durante l’espletamento di una missione rischiosa affidata al suo leggendario coraggio, subiva sevizie atroci e martirii inenarrabili senza nulla rivelare che potesse tradire la causa. A compimento della sua eroica esistenza tutta dedicata alla Patria, cadeva sotto i colpi degli sgherri nemici che barbaramente lo trucidarono. Romagna, 8 settembre 1943 – Coccolia, 19 agosto 1944”.

Anche in queste motivazioni, oltre al richiamo sul ruolo avuto da Tonino Spazzoli durante la Grande Guerra, si sottolinea il suo essere un uomo d’azione. Lo fu veramente. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 fu tra i più dinamici organizzatori della Resistenza in Romagna, impegnandosi soprattutto nella produzione di stampa repubblicana clandestina, nel mettere in salvo ufficiali anglo americani fuggiti dai campi italiani di prigionia, nella raccolta di armi. Una delle attività più preziose fu l’organizzazione di un servizio informazioni con radio clandestine collegate con gli Alleati. Arrestato una prima volta, Spazzoli riuscì ad evadere e a riprendere l’attività sul Colle del Carnaio, sino a che, nei primi giorni dell’agosto del 1944, fu sorpreso durante un rientro nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Forlì con le conseguenze già raccontate.

L’Organizzazione per la Resistenza Italiana e Radio Zella
In questo contesto vale la pena ricordare che funzione ebbe l’Organizzazione per la Resistenza Italiana (O.R.I.) che si caratterizzò in particolare con l’attivazione di una radio trasmittente, chiamata “Radio Zella”, diretta da Antonio Farneti, che stabilì dei collegamenti tra le forze alleate e le formazioni partigiane. Per molti mesi la radio fu installata nell’abitazione di Virgilio Neri a Rivalta di Faenza. Nel maggio 1944 il gruppo concordò con le formazioni partigiane della zona un aviolancio sulla Faggiola. Questo fu poi sospeso a causa di improvvisi rastrellamenti tedeschi e spostato nel monte Castellaccio della Pietra Mora, avvenne il 10 giugno. Probabilmente, fu il primo aviolancio in Italia pienamente riuscito. Il 23 giugno ne fu attuato un’altro, finalmente sulla Faggiola, in accordo con la 36° Brigata Garibaldi.

L’aviolancio sul monte Lavane
Un altro aviolancio, quello sul monte Lavane, fu molto importante per i gruppi operanti nella zona. Nel corso della notte del 17 luglio del 1944 un grosso aereo da trasporto scaricò trentasei contenitori metallici contenenti armi, munizioni, bombe a mano, divise e generi alimentari. Ad attendere i rifornimenti sul monte Lavane vi erano il gruppo Corbari, i partigiani del GAP di Brisighella, guidati da Sesto Liverani “Palì” e un gruppo di partigiani della Toscana.
Il giorno successivo al lancio, che ebbe un esito positivo, i partigiani lo dedicarono interamente al recupero e al montaggio delle armi, nonché al loro trasporto. Operazioni ancora in corso il 19 luglio, quando quattro colonne di tedeschi cominciarono a risalire le pendici del monte, provenendo da San Benedetto. I partigiani erano in numero inferiore, ma in una posizione più favorevole rispetto agli attaccanti. Così riuscirono a fermare per molte ore l’avanzata dei tedeschi. In tal modo recuperarono e portarono via gran parte del materiale bellico. La fase finale dello scontro fu guidata da Adriano Casadei (Poviglio 1922 – Castrocaro Terme 1944).

La cattura di Tonino Spazzoli
Il 28 luglio 1944 fu preso dai tedeschi Alberto Grimaldi (Zanco) radiotelegrafista di Radio Zella. Sottoposto a torture parlò facendo i nomi dei componenti dell’organizzazione e il 7 agosto successivo, com’è stato già evidenziato, nella sua casa di via Mellini a Forlì fu arrestato Tonino Spazzoli. È opportuno ricordare che insieme a lui furono fermati il figlio Aroldo, il nipote Gino Casali figlio della sorella Ilaria, la sorella Italina e sua figlia Franca Ferrini. Dopo l’uccisione di Tonino e Arturo i quattro, prima tenuti prigionieri a Forlì per essere interrogati, furono inviati alle Caserme Rosse di Bologna dove riuscirono a contattare Leandro Arpinati (Civitella di Romagna 1892 – Argelato 1945), ex gerarca fascista che dapprima era stato rimosso da Mussolini dalla carica di sottosegretario al Ministero degli interni (la delega l’aveva tenuta lo stesso Duce), poi aveva assunto un ruolo di rilievo nell’ambito dell’antifascismo di matrice non comunista (vedasi i diari della figlia Giancarla Arpinati ndr).

Dalle Caserme Rosse i familiari di Spazzoli, ancora tutti assieme, furono portati all’inizio di settembre nel campo di detenzione di Fossoli in attesa del trasferimento in Germania, che avvenne in gruppi separati; prima le due donne e successivamente Aroldo e Gino Casali. Durante il viaggio nel mantovano i ragazzi riuscirono a fuggire gettandosi dal camion e aiutati da gente del posto attesero la fine della guerra nascosti nelle zone di confine tra Rovigo e Ferrara. Italina e Franca, entrambe di ventuno anni , furono invece tradotte in un campo di concentramento, da dove rientrarono solo nel 1946.

Non ci sono molte notizie del periodo di prigionia delle due ragazze perché hanno sempre mantenuto un assoluto riserbo in proposito. Le uniche notizie sono state raccolte in tempi recenti da Tonino Spazzoli, nipote del partigiano, parlando con Adele Ceccarelli, figlia della partigiana Tina Gori (Forlì 1900 – 1947). Dopo un primo periodo furono assegnate al servizio in casa di un ufficiale delle SS che le trattava come schiave per esempio limitando il cibo a quanto necessario per la sopravvivenza. Solo due gli episodi avvenuti durante la prigionia di cui si ha notizia. Il primo accadde dopo una cena di gala a casa dell’ufficiale. A fine serata quando Italina e Franca chiesero di potere mangiare qualcosa degli avanzi della cena furono allontanate col frustino e il cibo rimasto dato ai dobermann del tedesco. Il secondo episodio raccontato avviene al momento della liberazione quando Franca per sfogarsi rompe tutte le suppellettili e le stoviglie della casa. Rientrarono a Forlì nel 1946, Franca pesava 40 chili.

Associazione e archivio “Tonino e Arturo Spazzoli”
Nel 2017 è stata costituita l’Associazione “Tonino e Arturo Spazzoli”. Nel corso della presentazione, avvenuta nel novembre di quell’anno, sono stati illustrati anche il Progetto Archivio Documentale legato alle esperienze dei due patrioti e il sito internet www.fratellispazzoli.it che funge sia da portale di accesso all’archivio, sia da strumento conoscitivo e didattico con contenuti di storia, ricerca, formazione e valorizzazione dei principi democratici della trafila patriottica che lega Risorgimento, Resistenza e Repubblica.
Tutte iniziative che vanno sostenute e incentivate perché occorre continuare ad approfondire il ruolo di Tonino Spazzoli, che fu protagonista della trafila antifascista fortemente improntata ai valori patriottici che lo vide attivo insieme al fratello Arturo, molto più giovane di lui, in una rete clandestina della quale facevano parte esponenti del mondo mazziniano, azionista e socialista, militari e uomini dell’arditismo, in stretto collegamento con gli Alleati. Il giovane Arturo fu inquadrato come agente dell’Oss, il servizio segreto americano.

La loro tragica fine, avvenuta fra il 18 e il 19 agosto 1944 insieme a Adirano Casadei, Silvio Corbari e Iris Versari, partigiani di un gruppo autonomo con il quale avevano collaborato in diverse azioni fra cui la missione “Radio Zella”, è divenuta uno dei simboli forlivesi della Lotta di Liberazione nella città di Forlì. Fra le imprese alle quali collaborarono i Fratelli Spazzoli spicca il salvataggio dei Generali Inglesi che dall’Appennino dell’alto Bidente furono portati oltre le linee del fronte, nel sud Italia; così come sta emergendo la collaborazione che garantirono in chiave di assistenza, protezione, salvataggio e scambio di informazioni che offrì aiuto a un numero elevato di prigionieri britannici e americani. Il valore dei Fratelli Spazzoli è testimonianza di un mondo della Resistenza impregnato di passione civile e senso del dovere, che tanto ha contribuito a dare dignità all’Italia, anche agli occhi delle forze alleate e del mondo democratico.

Un valore forgiato dal massimo sacrificio che è fondamento della Repubblica Italiana e della sua Costituzione. Tutto ciò è importante ribadirlo in previsione dell’anniversario della Liberazione che avverrà in un periodo in cui l’intero paese sta combattendo un’altra fondamentale battaglia, quella contro il proliferare del virus Covid19. Mai come in questi giorni si è parlato di dignità delle persone, di solidarietà, di passione civile, di senso del dovere che sono e dovrebbero essere alla base di una nazione come la nostra.

Gabriele Zelli