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Polenta: dove storia e mito resistono nel tempo

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Dopo aver fornito informazioni per assaporare la conoscenza di Terra del Sole e di Bertinoro con la “Colonna degli anelli”, con questo e con altri due articoli che verranno pubblicati nei prossimi giorni suggerisco un altro itinerario per conoscere un luogo decisamente suggestivo della nostra terra, nonché ricco di storia come Polenta. Per primo si parlerà della località, poi dell’ex castello ed infine della Pieve. Nel complesso sono itinerari che si potranno ammirare passata l’emergenza coronavirus, quando si ritornerà piano piano alla normalità e ancora non sarà consentito di effettuare lunghi viaggi, men che meno all’estero. L’obiettivo è comunque quello che diventino mete turistiche abituali con una valenza nazionale non avendo nulla di meno di altri posti più reclamizzati.

Correva l’anno 1938 quando il bertinorese Luigi Gatti pubblicò la prima edizione del volume “Bertinoro. Notizie storiche”, illustrato da Pietro Novara, poi ripubblicato altre due volte nel 1968, per volere del locale Comune e della Pro Loco e nel 1991 grazie all’Accademia dei Benigni. Le prefazioni alle tre edizioni portano la firma rispettivamente di Paolo Amaducci, Aldo Spallicci e Max David.
Particolare enfasi viene data dall’autore a due capitoli della pubblicazione: quello dedicato alla “Colonna degli anelli”, di cui si è già scritto, e quello dove viene descritta la località di Polenta. Nel primo caso perché la ricollocazione sulla piazza principale del monumento ebbe un risalto nazionale. Nel secondo perché all’inaugurazione dell’erma del grande poeta Giosuè Carducci (1835-1907), posta a fianco della secolare Pieve e avvenuta il 25 settembre 1932, partecipò Benito Mussolini, capo del governo, tanto che la cerimonia “acquistò un carattere di eccezionale importanza per l’oratore che nessuno aveva designato e che nessuno avrebbe potuto designare”, così come ebbe particolare rilievo in quella circostanza il raduno carducciano la cui prima edizione risaliva al 1919.

Nel testo di Gatti, viene indicato che Polenta “dista da Bertinoro circa sei chilometri e vi si giunge lungo una strada quanto mai pittoresca, pianeggiante fino alla chiesa di Cerbiano in vista della pianura e del mare, e inerpicantesi poi sul crinale delle colline, fin quasi a toccare la cima di Conzano, ove sorge il cipresso che Carducci ripiantò il 26 ottobre 1898, “ut bonum, felix faustumque sit”, in sostituzione dell’antico che un fulmine aveva abbattuto pochi mesi prima, e che la tradizione popolare ha sempre chiamato di Francesca, poiché si vuole che la bella ma infelice Polentana sostasse sovente ai suoi piedi in dolce e romantica contemplazione“.
Nel 1944, il cipresso piantato da Carducci fu fatto saltare dai tedeschi forse perché ritenuto facile punto di riferimento per le artiglierie. Il 28 settembre 1947 fu ripiantato da Aldo Spallicci. In tale occasione fu sepolta ai suoi piedi anche una pergamena. Analoga operazione fu effettuata il settembre 1994 da Fabio Alberto Roversi Monaco, allora Rettore dell’Università di Bologna, in occasione dell’inaugurazione del Centro Universitario di Bertinoro.

Ma ritorniamo alla descrizione della strada che porta a Polenta così come dettata da Gatti: “Lasciato a sinistra il villino Rusconi che fu in antico cenobio dei Camaldolesi, passata la borgata di Collinello, l’antico Castro Cuglianelli, dopo quasi due chilometri di strada, che è una vera balconata dalla quale si abbraccia tutto il semicerchio montano, si arriva a Polenta, la frazione che tanti suggestivi ricordi di leggende, di storia e di recenti faustissimi avvenimenti hanno resa celebre ed onorata. Non staremo a ripetere, sono sempre parole di Gatti, quanto è stato detto e scritto sulla sua origine e se la famiglia dei Da Polenta abbia dato nome al luogo o se l’abbia avuto da essa. Molti e discordi sono i pareri e per quanto si siano eseguite interessanti ricerche da parte di Corrado Ricci, Silvio Bernicoli, Paolo Amaducci ed altri, nulla è emerso che ne documenti in modo preciso l’origine. Comunque è opinione dei più che la famiglia prendesse nome dal luogo. Infatti nell’atto di concessione del feudo di Bertinoro, fatto dall’Arcivescovo Giovanni a favore del primo conte Ugo degli Honesti nel 1006, vi appare già il nome di Polenta, ove è detto che il feudo si estendeva “usque ad fines Pulentae”. E così pure in altro documento del 1047, esistente nell’Archivio arcivescovile di Ravenna, Enrico III concedeva “unum castellum qui vocatur Pulenta” all’abate del convento di S. Giovanni Evangelista.

La più antica memoria – continua Gatti – che si abbia invece sulla famiglia dei Da Polenta, che come altri illustri del medioevo si vuole fosse di origine germanica e si trapiantasse a Polenta durante il periodo della Contea, risale al 1169 e precisamente a Geremia Polentano bertinorese, fatto prigioniero dai faentini mentre era accorso coi bertinoresi in aiuto di Forlì.
Il castello prima di chiamarsi Polenta, era conosciuto con il nome di Antoniano. Ciò è documentato da un diploma imperiale rinvenuto da Silvio Bernicoli e nel quale si legge “castrum unum quod vocatur Antoniano cum plebe sua sancti Donati”. È rimasta tuttora ignota la ragione del cambiamento di tale denominazione. Poco rimane dell’antico castello che fu nido a questa potentissima famiglia, che, come ricorda il marmo muratovi nel 1921 per la celebrazione dantesca, scese a covare a Ravenna, coprendo con le sue ali Cervia e altre terre“. Per la storia del castello e la descrizione di ciò che rimane rimando al prossimo testo. 

Gabriele Zelli