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Il 75° anniversario della Liberazione

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Ultimo aggiornamento:

Fra pochi giorni ricorrerà il 75° l’anniversario della Liberazione. Fu infatti il 25 aprile 1945 che Sandro Pertini proclamò lo sciopero generale e l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti. Lo fece a Milano, leggendo alla radio questo breve testo: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire“.

In questo modo il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) – il cui comando aveva sede nel capoluogo lombardo ed era composto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini, Leo Valiani, Rodolfo Morandi, Giustino Arpesani e Achille Marazza – indicò a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari della Libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate.
Parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano”.

Tutta l’Italia settentrionale fu liberata entro il 1° maggio: Bologna (il 21 aprile), Genova (il 23 aprile) e Venezia (il 28 aprile). La Liberazione mise così fine a vent’anni di dittatura fascista e a cinque anni di guerra. La data del 25 aprile simbolicamente rappresenta il culmine della fase militare della Resistenza e l’avvio effettivo di una fase di governo da parte dei suoi rappresentanti che porterà prima al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, e poi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.

Il termine effettivo della guerra sul territorio italiano, con la resa definitiva delle forze nazifasciste all’esercito alleato, si ebbe solo il 3 maggio, come stabilito formalmente dai rappresentanti delle forze in campo durante la cosiddetta resa di Caserta firmata il 29 aprile 1945: tali date segnano anche la fine del ventennio fascista.
Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il re Umberto II, allora principe e luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale che recitava: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo il 27 maggio 1949, con la legge 260 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”), essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale.

La liberazione della zona nord di Forlì nel 1944
Il passaggio del fronte nei quartieri della zona nord di Forlì avvenne diversi mesi prima rispetto al nord Italia e precisamente durante gli ultimi mesi del 1944. Fu un evento drammatico e distruttivo che segnò la vita delle persone e l’aspetto del territorio perché la guerra entrò letteralmente dentro ogni casa, nessuna esclusa.
Lo scorso anno, in occasione del 75° anniversario, l’Unità Pastorale formata dalle parrocchie di Barisano, Malmissole, Poggio, Roncadello e San Giorgio, insieme ai Comitati di Quartiere corrispondenti, ha voluto attuare un progetto per sottolineare l’importanza della ricorrenza.
Nell’occasione è stato pubblicato un volume: “1944: il passaggio del fronte. Dai diari e dalle memorie dei parroci di Barisano, Malmissole, Poggio, Roncadello, San Giorgio” a cura di don Nino Nicotera, Mario Proli e Gabriele Zelli, nonché allestita una mostra fotografica avente lo stesso titolo del libro.

La pubblicazione riporta, fra l’altro, le parti del diario che vanno dal mese di settembre 1944 alla fine di quell’anno redatte quotidianamente da don Carlo Zoli, parroco di San Giorgio, dalle quali si può desumere la drammaticità e la violenza, nonché le distruzioni e le morti, che caratterizzano quel periodo. Sono state pubblicate inoltre alcune foto, del tutto inedite, scattate dallo stesso parroco che rappresentano una testimonianza efficace per descrivere la situazione vissuta nella località in quel periodo.

Il film-documentario “1944. Noi c’eravamo”
Inoltre il fotoreporter Fabio Blaco ha raccolto le testimonianze di 14 residenti nei luoghi citati che hanno ricordato la loro esperienza giovanile, prima a contatto con l’esercito tedesco in ritirata e successivamente con i soldati delle formazioni alleate che avevano liberato definitivamente il territorio il 13 novembre 1944 (da ciò il nome assegnato alla via che da Roncadello conduce a Villafranca ndr). Con un abile montaggio, inframmezzato di immagini riprese dall’alto, lo stesso Blaco ha realizzato un film-documentario “1944: Noi c’eravamo”, lungo una quarantina di minuti.

Il libro, il film-documentario e la mostra sono stati presentati in sei iniziative pubbliche facendo registrare ogni volta un’ottima partecipazione di pubblico a testimonianza del fatto che quelle tragiche vicende dal punto di vista temporale sono ormai lontane ma ancora oggi sono in grado di suscitare interesse, desiderio di conoscere, di approfondire, mentre in coloro che hanno vissuto il periodo, anche se allora erano adolescenti o giovanissimi, fa scaturire il desiderio di raccontare affinché resti una memoria viva e certa.
Con l’attuazione del progetto appena descritto si è riusciti a dare del Secondo conflitto mondiale un’immagine complessiva, mai parziale o di parte, mettendo in risalto tutti gli aspetti: dalla paura al gesto di eroismo, dalla fame alla miseria, dall’umanità che in alcuni casi i soldati tedeschi hanno dimostrato alla ferocia più totale, dalla “ricchezza” dei soldati alleati che dispensavano ai bambini cioccolato e altri prodotti mai visti alla ruvidezza con la quale abbattevano edifici che avevano subito danni e che nessuno in quel frangente poteva reclamare per usare il materiale per la sistemazione delle strade rese impercorribili dalla pioggia e dal continuo andirivieni di mezzi pesanti, dal sacrificio di giovani partigiani e di altrettanto giovani staffette alle uccisioni per vendetta di un paio di appartenenti al passato regime.

Continuare ad approfondire la conoscenza della storia
Successivamente il comitato promotore, che vedeva rappresentati l’Unità parrocchiale e i quartieri citati, oltre ad alcuni esperti di storia locale, ha stabilito di proseguire il lavoro di ricerca, un impegno quanto mai necessario per raccontare altre sfaccettature di quel periodo: in particolare lo sfollamento dalle città, costantemente sotto la minaccia dei bombardieri, verso le campagne, oppure il ritorno dei reduci o di chi era sopravvissuto ai campi di concentramento tedeschi.
La proliferazione del Covid 19 e la situazione di blocco di gran parte delle attività ha messo momentaneamente in quarantena anche questa ipotesi di lavoro. Ma solo momentaneamente!

Gabriele Zelli