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Forlì decorata con la Medaglia d’argento al valor militare per attività partigiana

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Ultimo aggiornamento:

Oggi ci saranno le celebrazioni per l’anniversario della Liberazione anche se quest’anno saranno svolte in piena emergenza dettata dalla diffusione del virus Covid 19. Non mancheranno le iniziative portate avanti attraverso i mezzi della nuova tecnologia per rammentare quanto avvenne nel nostro paese durante il Secondo conflitto mondiale. Lo stesso avverrà a Forlì. Anche chi scrive ha cercato di dare un contributo a farlo raccontando fatti e personaggi dell’epoca cercando sempre di trovare un suggerimento e una spinta per affrontare le difficoltà dell’oggi e quelle in prospettiva. In questo contesto non poteva mancare la sottolineatura di uno straordinario riconoscimento ottenuto dalla Città di Forlì esattamente 45 anni fa.

Era l’8 aprile 1975 quando il sindaco Angelo Satanassi (Santa Sofia 1925 – Forlì 2011) fece affiggere manifesti in tutta la città per comunicare che Forlì era stata decorata con la Medaglia d’argento al valor militare per attività partigiana. Nei giorni successivi, il 17 aprile, sulla sommità dello scalone comunale fu collocata una lastra in bronzo con le motivazioni del prestigioso riconoscimento:
“MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE PER MERITI PARTIGIANI
COMUNE DI FORLÌ
DURANTE QUATTORDICI MESI DI DURA LOTTA CONTRO L’OPPRESSIONE TEDESCA E FASCISTA ESPRIMEVA E SOSTENEVA CORAGGIOSAMENTE LE FORMAZIONI PARTIGIANE CHE OPERARONO NELLA REGIONE CONTRO LE FORZE ARMATE NEMICHE LOGORANDOLE E RENDENDO LORO ONEROSO IL MOVIMENTO SULLE ROTABILI ROMAGNOLE E SULLA LINEA FERROVIARIA FORLI-FAENZA, COSTITUENTI IMPORTANTI ASSI DI ALIMENTAZIONE DEL LORO SFORZO OPERATIVO SUL FRONTE.
ALL’AZIONE DEI VOLONTARI ARMATI, AFFIANCAVA QUELLA, NON MENO EFFICACE, DEI LAVORATORI CHE SABOTANDO GLI IMPIANTI INDUSTRIALI IMPEDIVANO L’ATTUAZIONE DI UN LORO PREDISPOSTO TRASFERIMENTO IN GERMANIA.
IL CONTRIBUTO DI CADUTI E MARTIRI CIVILI, LE SOFFERENZE E LE DISTRUZIONI SUBITE DALLE GENTI FORLIVESI NELLA LORO OSTINATA OPPOSIZIONE ALLA SOPRAFFAZIONE NEMICA, TESTIMONIANO LA LORO ASSOLUTA DEDIZIONE AI PIÙ ALTI IDEALI DI PATRIA, LIBERTÀ E GIUSTIZIA.-
ZONA DI FORLI’, 8 SETTEMBRE 1943-NOVEMBRE 1944”.

Il testo del manifesto a firma del sindaco si concludeva con queste parole: “Forlivesi, questo alto riconoscimento del Presidente della Repubblica (era in carica dal 1971 Giovanni Leone Ndr) ci sia da stimolo per un impegno crescente nell’azione unitaria antifascista in difesa delle istituzioni democratiche, esaltando quel grande patrimonio ideale e morale con cui la nostra città partecipò alla Resistenza“.
Il conferimento sarà stato sicuramente anche motivo di orgoglio per lo stesso Angelo Satanassi avendo militato per tutto il periodo della guerra partigiana nell’Ottava Brigata Garibaldi Romagna, che operò sui territori montani delle province di Forlì, Pesato, Arezzo e Firenze.

Nel forlivese la Resistenza si svolse infatti soprattutto in montagna ed è significativo ricordare una frase di uno dei padri costituenti, Piero Calamandrei (Firenze 1889 – 1956), contenuta nel “Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza” che fece a Milano il 26 gennaio 1955, lo stesso anno in cui la frase fu riportata in una lapide collocata nell’ex Sala del Consiglio provinciale di via delle Torri 13 (ora Sala comunale “Calamandrei”). Nell’epigrafe si legge “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”.

L’invito di Piero Calamandrei
Perché non considerare l’invito di Calamandrei ancora valido dopo 65 anni? Nel nostro territorio si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di percorrere “Il sentiero della liberta”, un percorso che partendo da Biserno di Santa Sofia permette di godere delle bellezze ambientali e di riflettere su quanto accadde in quei luoghi durante il secondo conflitto mondiale. Ovviamente quando sarà cessato l’allarme coronavirus.
L’ideazione e la razionalizzazione del progetto è stato curato dal Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna per ricordare i tragici avvenimenti dell’aprile 1944, quando i tedeschi rastrellarono la zona per tentare di eliminare la presenza partigiana.
I dettagli dell’itinerario con le tappe e ogni altra utile informazione possono essere reperiti visionando il sito www.parcoforestecasentinesi.it, oppure quello dell”Istituto Storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Forlì-Cesena www.istoreco.it, nonché da quello del Club Alpino Italiano, che riporta anche le informazioni tecniche delle varie tappe; siti dai quali si traggono le informazioni che seguono.

Il sentiero della Libertà
Con partenza dalla croce di Biserno (Santa Sofia) il sentiero giunge a San Paolo in Alpe e da qui prosegue per Fiumari, S. Agostino, Poderone, Celle, Pian del Grado. Lungo il percorso bacheche e cartelli narrano gli eventi del tragico aprile. Si tratta di un percorso piuttosto impegnativo, consigliato agli amanti del trekking o della mountain bike. Il percorso consigliato alle scuole è quello che partendo da Biserno arriva a San Paolo in Alpe (percorribile a piedi in circa un’ora e mezza), dove sono oggi visibili i ruderi delle abitazioni e della chiesa incendiata dai tedeschi il 12 aprile 1944. Le varie tappe sono raggiungibili singolarmente anche in auto.

Passo della Calla
Punto di collegamento tra Toscana e Romagna, era di importanza strategica per il rifornimento delle truppe tedesche che combattevano a sud e per la costruzione del sistema difensivo della Linea Gotica. Nei primi mesi del 1944 nelle vicinanze del passo, sui versanti toscano e romagnolo, operavano le formazioni partigiane Faliero Pucci e il Gruppo brigate Romagna. Formazioni che nel mese di marzo, per effetto anche dei bandi di chiamata alle armi per le classi di leva e l’emanazione del decreto che comminava la pena di morte ai renitenti, raggiunsero la consistenza di oltre mille effettivi. Ai primi di aprile i tedeschi davano inizio a un massiccio rastrellamento per “ripulire” la zona dalla presenza partigiana. Le truppe tedesche della divisione “Hermann Goering”, rinforzate da reparti SS e della Guardia nazionale repubblicana, mossero contemporaneamente dai due versanti disponendosi in un quadrilatero che andava da Premilcuore a Pennabilli, Borgo San Sepolcro e Consuma, allo scopo di accerchiare le forze partigiane. Tra il 12 e il 17 aprile procedettero alla formazione di sacche all’interno delle quali operarono azioni di annientamento dei partigiani e di terrore verso le popolazioni. Secondo le fonti tedesche (e la cifra è, purtroppo, inferiore al numero reale) 289 furono le persone uccise e 115 quelle catturate. Queste ultime furono inviate nei campi di sterminio in Germania e molte non fecero ritorno. La maggioranza delle vittime erano donne, vecchi e bambini. Fragheto, Vallucciole, Partina, Castagno, Lonnano, Moggiona, furono le località del martirio della popolazione civile. Calanco, Capanne, Biserno, Monte Marino, San Paolo, Prato alle Cogne, La Calla, Monte Falterona, i luoghi dove combatterono e caddero i partigiani nel corso della impari lotta. A Stia, Spinello, Valdonetto, Val di Covile, Pian del Pero, e in decine di altri luoghi delle Valli dell’Alto Bidente avvennero fucilazioni di singoli o di gruppi partigiani. Dopo la battaglia del Passo della Calla, avvenuto sempre nell’ambito del rastrellamento, venne fucilato il partigiano Pio Campana, che già nel febbraio era stato catturato dai fascisti, condannato a morte e liberato il 17 febbraio 1944 dai gappisti con un rocambolesco assalto al carcere di Cesena.

San Paolo in Alpe
Nell’aprile 1944 la località fu scelta dal Comando del Gruppo brigate Romagna per destinarvi gli aviolanci Alleati di armi, vestiario, denaro e viveri per i partigiani. Alla fine di marzo il Comitato provinciale di liberazione nazionale fece pervenire al Comando brigate la comunicazione che era tempo di preparare il campo di lancio e le segnalazioni luminose per essere visibili agli aerei alleati. La terza brigata (in via di formazione) del Gruppo Romagna venne inviata a presidiare il campo di lancio da eventuali attacchi o rastrellamenti. Ai primi di aprile Radio Londra trasmise il messaggio convenzionale “Le ciliegie sono mature”. Nella notte fra il 4 e il 5 e in quella tra il 7 e l’8 si ebbero due lanci di 52 e 54 pistole mitragliatrici, 150 bombe a mano, alcuni quintali di esplosivo, ordigni per guastatori, indumenti, viveri e due milioni per il finanziamento della brigata e del Comitato di liberazione nazionale. Le operazioni di rastrellamento in corso resero difficoltosa la distribuzione del materiale ai partigiani che non poterono così usufruire appieno degli scarsi aiuti giunti fino a quel momento. La vigilanza al campo venne rinforzata in attesa di nuovi lanci. La mattina del 12 aprile 1944 il “campo di lancio” venne attaccato dai mortai e dalle truppe tedesche. Dopo una giornata di combattimenti, la sera del 12 aprile, San Paolo in Alpe venne occupato dai tedeschi che infrante le resistenze partigiane sul crinale di Biserno poterono attaccare anche da quel lato costringendo i partigiani alla ritirata nella retrostante foresta. Raggiunto quello che era il loro obiettivo nella zona vi bruciarono la chiesa e le abitazioni civili.

Celle
In questa località nella giornata dell’11 aprile 1944 si scontrarono ripetutamente gruppi partigiani e forze tedesche impegnate in una delle azioni per “ripulire” la zona a ridosso della Linea Gotica dalla presenza partigiana e terrorizzare la popolazione al fine di indurla a collaborare con le forze di occupazione.

Pian del Grado
Qui nel gennaio-febbraio del 1944 si insediò la formazione partigiana che verrà poi denominata 8° Brigata Garibaldi “Romagna”, in quel momento consistente di oltre 200 partigiani inquadrati in cinque compagnie di 33 uomini ciascuna e un plotone guastatori. Numerosi erano gli stranieri: 20 sovietici, 14 sloveni, alcuni cechi, tedeschi e polacchi e anche ufficiali inglesi che furono aiutati a raggiungere le zone liberate. La formazione partigiana aveva avuto origine dai gruppi costituitisi immediatamente dopo l’8 settembre 1943 a San Paolo di Cusercoli – poi spostatosi in Val di Chiara – e a Pieve di Rivoschio e unificatisi per effetto dei rastrellamenti tedeschi. Nel dicembre il gruppo così formatosi si portò a Collinaccia, nel Comune di Galeata, dove si diede un unico comando e si rafforzò con l’arrivo di partigiani ravennati. Successivamente la formazione si spostò a Poggio La Lastra quindi a Pian del Grado. Alla fine di febbraio raggiunse il Corniolo dove costituì un “dipartimento partigiano”, in marzo si collocò a Strabattenza e infine raggiunse il Fumaiolo. Qui entrò in contatto con le truppe tedesche della divisione “Hermann Goering” impegnate a dare inizio all’azione di rastrellamento dei partigiani operanti a ridosso della Linea Gotica. La formazione in quel momento forte di quasi mille uomini suddivisi in tre brigate, uscì dal rastrellamento completamente scompaginata e con gravi perdite. A partire dal mese di maggio la brigata che nel frattempo aveva assunto la denominazione di 8° Brigata Garibaldi Romagna venne riorganizzata secondo criteri atti a impedire che nuovi e prevedibili rastrellamenti potessero distruggerla. Il territorio partigiano venne diviso in due ampie zone in ciascuna delle quali operavano due battaglioni con ampia autonomia decisionale per gli aspetti logistici e militari. Il Comando, a partire dal mese di giugno, fissò la propria sede a Pieve di Rivoschio. Gli effettivi da 150 nel mese di maggio raggiunsero i 600 in luglio. Nei mesi di luglio, agosto, settembre si susseguirono i rastrellamenti tedeschi e nonostante l’impiego massiccio di truppe provenienti anche dal vicino fronte di guerra non riuscirono a disgregare la brigata né a spezzare – nonostante i numerosi ed efferati eccidi attuati – il legame con la popolazione. Nel mese di settembre parte della formazione partigiana si unì agli Alleati giunti a San Piero in Bagno. I rapporti con gli Alleati non furono facili. I partigiani rifiutarono di sciogliere la brigata e vollero essere inseriti nel dispositivo militare alleato per continuare a combattere sino alla liberazione di Forlì. Il comando si insediò a San Piero in Bagno e i 4 battaglioni si schierarono sulla linea del fronte e parteciparono alla liberazione dei principali Comuni delle vallate.

Biserno
In questa zona il 12 aprile 1944 dodici partigiani appartenenti alle brigate Garibaldi sacrificarono la vita per consentire ai compagni di tentare di sottrarsi al rastrellamento tedesco. In previsione dell’attacco alleato alla Linea Gustav il Comando tedesco decise di ripulire della presenza partigiana la zona della Linea Gotica attraversata da vie di collegamento di importanza strategica per il rifornimento e la ritirata delle truppe impegnate al fronte. Ai primi dell’aprile 1944 la divisione “Hermann Goering” rinforzata da reparti di SS e della Guardia nazionale repubblicana iniziò il rastrellamento. I tentativi partigiani di sottrarsi all’accerchiamento, dovuto al contemporaneo procedere delle truppe dalle Marche, dalla Toscana e dal Forlivese, fallirono nonostante i sanguinosi combattimenti sostenuti il 6 e 7 aprile 1944 alle pendici del Monte Fumaiolo, il più duro a Calanco vicino a Fragheto località sulla quale si abbattè il terrore tedesco e 33 abitanti vennero uccisi. Anche i partigiani feriti ricoverati nell’infermeria di Capanne vennero scoperti e trucidati dai fascisti. Dopo i combattimenti le formazioni partigiane furono costrette a rientrare nelle zone di partenza: Ridracoli, Poggio La Lastra, Strabattenza, Biserno.
La mattina del 12 aprile 1944 una colonna tedesca della forza di un battaglione si attestò sulla statale S.Sofia-Corniolo con obiettivo il crinale dei monti Biserno-San Paolo tenuto da due compagnie partigiane. Loro compito era quello di ritardare l’avanzata tedesca per dar modo alle restanti formazioni di sottrarsi al rastrellamento. Posizionate le armi pesanti i tedeschi aprirono il fuoco e procedettero poi a piedi lungo gli anfratti del crinale. La battaglia si accese cruenta e i tedeschi vi ebbero diverse perdite. Conquistate posizioni più avanzate grazie alla collaborazione di una spia che li condusse per sentieri a loro sconosciuti, i tedeschi presero a spazzare il crinale con l’artiglieria decimando i partigiani che furono attaccati anche alle spalle. Chi era sopravvissuto si sganciò, in dodici rimasero sul terreno della battaglia.

Corniolo
In questa località i partigiani romagnoli, provenienti da Pian del Grado e dalle zone circostanti, rese inagibili e prive di mezzi di sostentamento dalle straordinarie e abbondanti nevicate cadute dal 10 al 15 febbraio 1944, vi organizzarono una “zona libera” poi denominata Distretto partigiano. Con l’organizzazione della “zona libera” i partigiani si prefiggevano lo scopo di propagandare i principi della lotta partigiana, garantirsi i mezzi di sostentamento e la sicurezza, ottenendo al contempo il sostegno della popolazione, alla quale fu assicurato il regolare svolgimento della vita cittadina, del servizio postale e il funzionamento dell’asilo. I contadini vennero invitati a vendere il grano e il bestiame al Comando partigiano a un prezzo doppio di quello praticato dagli ammassi fascisti, la ripartizione dei prodotti tra mezzadri e proprietari venne stabilita in una quota molto favorevole ai mezzadri, furono riscosse le tasse secondo criteri equanimi e erogate somme alle famiglie più disagiate. Ai primi di marzo ritornata agibile la strada Santa Sofia-Campigna e perciò insostenibile la posizione tenuta, i partigiani lasciarono il Corniolo e si spostarono a Strabattenza.
Chi conosce le zone e le località sopra ricordate sa che sono caratterizzate da un paesaggio di grande valore ambientale da valorizzare, per chi non vi ha mai messo piede un motivo in più per conoscere questa fascia di territorio del nostro Appennino. Per tutti l’incentivo deve essere anche quello di ripercorrere un periodo doloroso della nostra storia ma anche carico di prospettive di futuro. E guardare in avanti in positivo che è sempre un ottimo stimolo per superare le difficoltà del momento.

Gabriele Zelli