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Nascita della città di Terra del Sole

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Ultimo aggiornamento:

Siamo in piena emergenza per la diffusione del Covid 19 che non accenna ad arrestarsi. Nessuno, allo stato attuale, è in grado di stabilire quando sarà possibile ritornare a una vita normale e a che prezzo. Però quel giorno arriverà. Ci auguriamo tutti nel più breve tempo possibile. In ogni caso quando si potrà riprendere a frequentare liberamente le città per un certo periodo di tempo varranno ancora delle norme cautelari, forse anche restrizioni. Infatti non sarà possibile cominciare subito a “frequentare” il mondo come si faceva liberamente fino a poco tempo fa. Ecco allora che con questo testo e con gli altri che seguiranno nei prossimi giorni suggerisco di scoprire quelli che dal punto di vista architettonico e culturale sono aspetti unici del nostro territorio, con una valenza anche a livello nazionale. Luoghi vicini ai quali, purtroppo, in passato si è data poca importanza e che solo negli ultimi anni si è capito che possono avere una forte attrazione turistica.
Inizio con Terra del Sole, la cittadella medicea alla quale Marco Viroli e chi scrive hanno dedicato una guida pubblicata da Diogene Books nel 2014, in occasione del 450° della fondazione di un luogo straordinario e suggestivo.

La nascita di Terra del Sole

In una missiva inviata il 19 settembre 1564 dal Senato di Cosimo I de’ Medici a Geri di Antonio Resaliti, commissario granducale per la Romagna, residente in Castrocaro, si legge: «Volendo l’Ill.mo et Ecc.mo signor principe di Fiorenza e Siena in questo suo governo non lasciare indietro alcuna cosa che possa universalmente giovare, ha disegnato fabbricare di nuovo una fortezza sul confino di Castro Caro verso Furlì per sicurezza di tutta quanta la sua provincia». Questo documento può essere considerato come una sorta di atto di nascita di Terra del Sole.

Ancora più utili a individuare il momento esatto della fondazione sono le altre testimonianze che riportiamo a seguire. Innanzitutto una lettera spedita a Cosimo I dall’ingegnere Giovani Camerini, datata Castrocaro, 20 dicembre 1564: «IIlustrissimo et Eccellentissimo Signor Principe avevamo fatto quanto volevamo fare circa al disegno della terra daffarsi e così commandai uno schizzo di tutto e alli 8 di Dicembre che fu venerdì e fu il giorno della Madonna disegno con zappa e pala atorno alli bordi (…) per tutto el sito della detta terra con solenne processione cò tutto il clero soldati delle bande Compagnia di battuti e missa cantata con guastar d’archibusi così etanto come dal provveditor sarà avvisato più particolarmente et così fu cosa bella sicondo loppenione del vulgo (…)».

Un’altra importante testimonianza scritta giunta a noi è quella lasciata dal provveditore Lorenzo Perini: «Illustrissimo et Eccellentissimo Signor Principe … per la mattina della Concezione a hore 18 ci partiamo di Castrocaro con la processione di preti, frati et Compagnie et il Comessario et il Capitano Marcantonio con la banda di questo loco in ordinanza e con loro marraiolj comandati di questa comunità di Castrocaro tutti con buono ordine et arrivamo al sito (…) alla nuova fabrica del Castello del Sole et cominciando da Porta fiorentina (…) et si andò baluardo per baluardo facendovi la prevista cerimonia e di poi si celebra missa solenne col Spirito santo a honor di Dio, di Maria Vergine e di tutta la celeste corte e della santissima Misericordia et noi videmmo dar signo di allagrezza sino al tempo quando il giorno avanti a quel dì medesimo fu nebbia grandissima e in quel punto quando arrivammo in sul luogo si allegrò il tempo così il sole va diffondere il suo lume quanto sin tanto che fu celebrata la messa e poi tornò la nebbia in suo ristar, e detta la messa il Sig.re Comissario in nomine di V. (vostra) I. (illustrissima) E. (eminenza) misse la prima fitta di vanga (…)».

Il granduca, profondo conoscitore di scienze esoteriche e di studi alchemici, una passione che aveva certamente ereditato dalla nonna Caterina, scelse l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione, come data per la posa della prima pietra del nuovo insediamento. La cerimonia venne officiata da Antonio Giannotti, vescovo di Forlì. Scriveva a tal proposito Corbizio Corbizi, capitano di Castrocaro: «Ricordo come alli 8 di Dicembre 1564 si cominciò a fabricare la nova Terra del Sole con processione et messa solenne in detto loco, sendo Comissario Geri Resaliti».
Per meglio comprendere le origini di Terra del Sole è necessario compiere un salto indietro nel tempo e tornare al 1394, anno in cui papa Bonifacio IX, col proposito di rimpinguare le casse della Camera Apostolica, aveva venduto per 18.000 fiorini d’oro ai Fiorentini il castello di Castrocaro e il suo contado. Le feroci dispute che ne seguirono costrinsero i Fiorentini a un ulteriore esborso di 2.000 fiorini, grazie al quale, nel 1403, entrarono finalmente in possesso del castello.

Nel 1537 Cosimo I divenne duca di Toscana e di conseguenza proprietario anche di Castrocaro. Il giovane de’ Medici era convinto che la frontiera romagnola dovesse essere maggiormente difesa dalla minaccia incombente che rappresentavano le truppe dello Stato Pontificio. Fino ad allora il confine ovest era stato difeso in prima battuta da Dovadola con la sua rocca e la murata quindi dalla fortezza di Castrocaro. Ma l’avvento delle armi da fuoco aveva reso necessario il rimodernamento di quest’ultima che restava comunque antiquata, concepita com’era stata per una difesa basata sulle armi da lancio e da getto.
Cosimo ambiva a che la nuova città divenisse una fortezza inespugnabile a presidio dei confini nordorientali del Granducato di Toscana. Nella sua grandezza e modernità doveva rappresentare una vera e propria dimostrazione di potenza agli occhi del papato che governava la contigua Romagna. Era infine strettamente necessario creare una stazione di dazio, a quei tempi inesistente, per riscuotere tasse sulle importazioni e sulle esportazioni dei prodotti che transitavano da quelle terre. Nelle intenzioni di Cosimo la nuova fortezza non doveva perciò essere un semplice presidio militare ma doveva divenire una vera e propria cittadella fortificata di moderna concezione, la capitale amministrativa e giudiziaria della nuova Provincia della Romagna Fiorentina, nonché la sede del vescovado.

Per la progettazione del nuovo insediamento, il granduca, profondo conoscitore d’ingegneria militare, mise a frutto la propria esperienza di soldato e di principe e decise che avrebbe fatto edificare “una nuova terra, con procinto di mura, sue porte et propugnacoli, in sito buono et molto conforme alle sue intenzioni”. Per questo coinvolse in tempi diversi, tutti i suoi migliori e fidati architetti: Giovanni Camerini, Baldassarre Lanci, Simone Genga e Bernardo Buontalenti.
Inizialmente il tecnico incaricato alla stesura del progetto fu Giovanni Camerini che, per adempiere al mandato ricevuto, si trasferì direttamente a Castrocaro. Ma Camerini si spense il 5 maggio 1570 e non riuscì a vedere il completamento di Terra del Sole. La direzione dei lavori venne allora affidata all’architetto urbinate Baldassarre Lanci, già progettista per conto di Cosimo I di numerose architetture militari, tra cui la fortezza di Siena, molto simile nella struttura a quella di Terra del Sole. Ma nel 1571, prima di portare a termine la costruzione della città fortezza romagnola, anche il Lanci morì. A prenderne il posto fu il nipote, Simone Genga, il quale seguì i lavori sino a che, nel 1578, non vennero ultimati.

Nel frattempo, nel 1574, anche Cosimo I aveva lasciato la vita terrena senza vedere il compimento della piazzaforte che aveva voluto con tanta passione e determinatezza.
Fino a pochi decenni fa il progetto della città fortezza era comunemente ascritto al fiorentino Bernardo Buontalenti, architetto, scultore, pittore ingegnere militare, il quale, nel 1569, fu effettivamente a Terra del Sole, ma solo per ispezionare i lavori e provvedere ad arginare il letto del fiume Montone che scorre a poca distanza dalle mura. La tradizionale attribuzione al Buontalenti fu messa in dubbio da monsignor Enzo Donatini, già parroco di Terra del Sole, storico e grande studioso della Romagna.

È certo che notevole rilevanza nella realizzazione del progetto della piazzaforte l’ebbe Simone Genga. Per conto del granduca, nel 1565, il Genga aveva già lavorato con Giovanni Camerini nella progettazione del Sasso di Simone, altra città fortificata che si trovava sulle montagne dell’Appennino riminese e che sorgeva su un enorme blocco di roccia calcarea che si erge verso il cielo con la forma di un parallelepipedo regolare. A testimonianza di quest’altro ambizioso insediamento restano oggi solo una strada lastricata e alcuni ruderi.
L’area su cui doveva sorgere Terra del Sole era da sempre considerata ostile all’insediamento urbano. Il fiume Montone vi scorreva poco distante e spesso causava disastrose alluvioni. In più, essendo la zona sotto il controllo dei banditi, molto complicata ne risultava la sua gestione amministrativa. La superficie su cui edificare la città venne comunque scelta sulla base di diversi motivi legati alla convenienza. Innanzitutto in quella zona vi era grande abbondanza di acqua, utile ad irrigare i terrapieni coltivati posti all’interno che potevano garantire una sufficiente produzione alimentare anche in previsione di lunghi periodi d’assedio. La presenza di acqua nel sottosuolo non avrebbe inoltre permesso ai nemici di scavare gallerie per minare le mura. Le acque poi potevano essere convogliate nel fossato di cinta ed essere utilizzate come ulteriore strumento di difesa della nuova città fortezza.

Come già i suoi predecessori, il granduca era costantemente angosciato dal pericolo di carestie che spesso affliggevano la Toscana. A dimostrazione di questo si ricordi che suo nonno, Giovanni il Popolano, aveva conosciuto Caterina Sforza proprio nel corso di una trattativa per l’acquisto di una partita di grano romagnolo che doveva servire a sfamare la Toscana. Ora, per ovviare a possibili necessità del Granducato, Cosimo I avrebbe potuto fare direttamente incetta del prezioso bene alimentare nella fertile Romagna.
Con la creazione di Terra del Sole, avrebbe poi potuto custodirlo in un enorme granaio mediceo, posto all’interno delle mura di un moderno castello fortificato.
Per esercitare il controllo sull’abbondante produzione del territorio romagnolo, la nuova città sarebbe diventata sede di un importante mercato agricolo. Oltre all’approvvigionamento di grano per il Granducato, la città fortezza avrebbe inoltre garantito il controllo del sale proveniente dalle vicine saline di Cervia.
L’adiacente Rocca di Montepoggiolo costituiva infine una preziosa torre di scorta, dal momento che la nuova fortezza sarebbe sorta a fondo valle. Per questo a Montepoggiolo venne collocata una campana sulla cima del mastio. Sarebbe stata utilizzata dalle vedette per suonare l’allarme in caso di avvistamento nemico o di un più generico pericolo.

Gabriele Zelli