Davvero tutti molto bravi, oggi pomeriggio alla Sala San Luigi, coordinati da Sergio Barberio per riscoprire un’altra tessera del ’44 forlivese: la storia di una famiglia austriaca di origine ebraica, i Laufer, che dopo anni di peripezie approdano in città. Pochi mesi li separano dalla libertà. Ma il clima è pesante: rastrellamenti, interrogatori, esecuzioni. Dove andare? I Laufer incontrano un prete, don Garbin, il salesiano da poco parroco di S. Biagio, che li protegge, insieme a molti altri. Essi ricambiano, a loro volta contribuendo al salvataggio di persone catturate nel fosco autunno del nazifascismo forlivese.
Un frammento di bene in mezzo al male assoluto. La storia riaffiora più di 70 anni dopo: ed oggi il bambino di allora, Bruno Laufer, era fra noi, accompagnato dalla nuora, la formidabile Noemi Di Segni. Una bomba d’aereo tedesca distruggerà l’antica S. Biagio, nel dicembre ’44, a liberazione avvenuta. Se ne andrà un pezzo importante dell’arte rinascimentale. Ma resterà la “basilica maggiore”, quella edificata dall’amore e dalla solidarietà di don Garbin e dei salesiani. Morale: la Shoah non è stata solo Auschwitz e le camere a gas. Ha toccato anche noi, si è insinuata nelle nostre strade, è entrata nelle nostre case, è stata da sempre parte della nostra storia. Meglio ricordare. Sempre. Parole di Noemi Di Segni.