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Angelo Masini e Giuseppe Verdi: una collaborazione che resta nella storia della lirica

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Durante le aperture domenicali del Museo Romagnolo del Teatro che si attuano grazie a un service promosso dai Clubs Lions Club e dal Leo Club si è nuovamente messo in evidenza il rapporto fra il tenore forlivese Angelo Masini e il compositore Giuseppe Verdi.
Nel Museo Romagnolo del Teatro un’intera sala è riservata ad Angelo Masini (Forlì 1844 – 1926). Vi sono conservati cimeli, documenti e fotografie del tenore che servono a rievocare la vita del grande interprete dell’opera lirica. Alcune fotografie presenti nella sala attestano il rapporto di collaborazione diretta del tenore con i grandi compositori del suo tempo, primo fra tutti Giuseppe Verdi (Le Roncole 1813 – Milano 1901), a cui Masini dovette il lancio della carriera internazionale grazie alla tournée europea della sua Messa da Requiem nel 1874.

Del maestro, che peraltro a lui pensò anche come possibile primo interprete del ruolo protagonista di Otello, si conserva un ritratto fotografico con dedica autografa. La frequentazione da parte di Masini del repertorio verdiano è ulteriormente testimoniata dal corsetto in pelle borchiata del costume di scena del personaggio del Duca di Mantova per il terzo atto di Rigoletto, riconoscibili anche in alcune foto di scena della collezione.
Di Angelo Masini, di famiglia modesta, si scoprì fin da giovanissimo la vocazione per il canto. Costruì la propria voce tenorile grazie all’insegnamento della cantante forlivese Gilda Minguzzi. Dopo il debutto, non proprio brillante, da ventitreenne, a Finale Emilia (nella “Norma” di Vincenzo Bellini), negli anni seguenti si segnalò a Bologna (nel “Dom Sébastien” di Gaetano Donizetti) e per il successo con “Aida” a Firenze nel 1874. Soprannominato il “Tenore angelico”, cantò per sedici stagioni a Mosca e per ventisette a San Pietroburgo, oltre che nei più prestigiosi teatri di molti altri paesi. L’ultima interpretazione fu nel 1905, ne “Il barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini.La voce pulitissima e il repertorio vastissimo fecero di Angelo Masini uno dei sommi tenori della sua epoca.

Universalmente riconosciuto come uno dei più importanti compositori di opere liriche Giuseppe Verdi subentrò ai protagonisti italiani del teatro musicale del primo Ottocento, come: Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini, interpretando in modo originale, seppur differente, gli elementi romantici presenti nelle sue opere. Non va annoverato solo come eminente figura del campo musicale, Verdi, infatti, simpatizzò con il movimento risorgimentale che perseguiva l’Unità d’Italia e partecipò attivamente per breve tempo anche alla vita politica; nel corso della sua lunga esistenza stabilì una posizione unica tra i suoi connazionali, divenendo un simbolo artistico profondo dell’unità del Paese. Fu così che, un mese dopo la sua morte, una solenne e sterminata processione attraversò Milano, accompagnando le sue spoglie con le note del “Va, pensiero”, il coro degli schiavi ebrei del “Nabucco”, da lui scritto circa 50 anni prima, dimostrò fino a che punto la musica di Verdi fosse stata assimilata nella coscienza nazionale.

Il rapporto tra Giuseppe Verdi e Angelo Masini fu perciò di grande rilievo per la storia della lirica e del nostro paese. Ebbe inizio verso la fine del 1874 proprio dopo il successo che il tenore ottenne interpretando “Aida”, opera composta dallo stesso Verdi nel 1871, al Pagliano di Firenze tanto che per i critici il forlivese apparve “delizioso e sublime”. Verdi cercava insistentemente un tenore per interpretare la “Messa da Requiem” in tournée e fece una scelta giusta, anche se non priva di un andamento ondivago da parte di Verdi che personalmente andò a sentire altri cantanti in diversi teatri italiani prima di convincersi che Masini fosse il tenore adatto. La “Messa da Requiem” ottenne subito un primo successo “inaudito” a Parigi nel 1875, tanto che Verdi scrisse a un amico: “La “Messa” va proprio bene in tutto e per tutto. Il quartetto dei cantanti (composto da Teresa Stolz, il soprano verdiano drammatico per eccellenza, Maria Waldmann, il mezzosoprano austriaco preferito da Verdi, Paolo Medini, apprezzato dal compositore per l’affidabilità nei grandi concerti, oltre a Masini ndr) ha guadagnato di molto perché in quest’anno abbiamo un Tenore che ha la voce deliziosa e giusta. Oh se fosse un artista! (con questa severa annotazione intendeva mettere in rilievo, come faranno molto spesso anche molti critici, il modo molto statico di Masini di stare in scena ndr)”. Poi all’amico annuncia la partenza per Londra. All’Albert Hall della capitale britannica, capace di 17.000 posti, il successo della “Messa”, sempre diretta dallo stesso Verdi, si rinnovò per quattro volte, assecondato da un coro di 1.200 voci “adeguatamente istruite”.

I giornali scrissero di un “successo splendidissimo e di esecuzione perfetta avvenuta alla presenza di 10.000 spettatori”, seppure con un incasso inferiore al previsto e Verdi manifestò la sua delusione. Eppure dal punto di vista artistico la prova fu molto apprezzata e lo sarà ancora di più a Vienna, dove lo stesso Verdi annoterà che il successo fu “migliore che altrove, e migliore di gran lunga che altrove fu l’esecuzione. Che buona orchestra e che buoni cori! e come sono elastici e si lasciano ben guidare. Un’esecuzione che nell’insieme non si risentirà mai più”.

Nei mesi e negli anni immediatamente successivi le repliche da una parte di “Aida” e dall’altra della “Messa da Requiem” si svolsero ottenendo successi “colossali” con esecuzioni “stupende” in Italia, in Francia, in Russia, tanto che alla fine di ogni spettacolo le cantanti venivano “coperte di fiori mentre ovazioni e corone subissavano Masini”.
Verdi, in quegli anni molto indaffarato anche con le rappresentazioni delle nuove versioni del “Simon Boccanegra” e del “Don Carlos” che ovunque riscuotevano successo, pensò di nuovo a Masini nell’agosto del 1882 quando si trattò di trovare un tenore giusto per interpretare la parte di Otello, l’opera tratta dalla tragedia omonima di William Shakespeare.

Gli impegni pressanti di Masini da una parte e l’indecisione di Verdi che avendo conosciuto bene il forlivese ne temeva i “malumori”, soprattutto “quando alle prove si accorgerà che le parti di Falstaff, Alice, Quikly e Ford sono molto più importanti della sua”. Difatti non se ne fece nulla, nonostante la disponibilità di Masini anche a ricoprire una parte “secondaria”, lui che ormai era sempre al centro della scena, perché impegnatissimo fra Lisbona, Mosca e San Pietroburgo.
Resta il fatto che Verdi parlò di Masini in termini entusiastici: “È la voce più divina che abbia mai sentito: è proprio come un velluto” e il tenore forlivese continuò a cantare, sempre con successo, le opere verdiane fino al momento del ritiro dalle scene nel 1905.