Mercoledì 6 marzo, alle ore 16,00, nella sala delle assemblee del Foro Boario, nel piazzale Foro Boario 7 a Forlì, per il ciclo di incontri “Personaggi extra ordinari”, promosso dall’Auser, Filippo Tadolini terrà una conferenza su: “… sulla pietra militare della città; il tenore carbonaro Giuseppe Siboni in fuga da Forlì a Copenaghen“.
Il celebre tenore forlivese Giuseppe Siboni (1780-1839), pur avendo vissuto una carriera costellata di successi, subì la persecuzione in quanto patriota e associato alla Carboneria.
Già affermato esponente del mondo lirico e protagonista di molti allestimenti di opere in vari teatri italiani ed esteri nel 1816 lasciò Napoli, dove aveva operato per circa due anni, e viaggiò in lungo e in largo per l’Europa dal 1816 al 1818, esibendosi anche a Firenze e a Bologna, e saltuariamente anche a Vienna, dove avrebbe voluto tornare stabilmente. Ma non ci riuscì.
Le autorità austriache già dal 2 dicembre 1816 avevano infatti dato incarico alla polizia imperiale di sorvegliarlo. Siboni, amico del concittadino e patriota Piero Maroncelli, apparteneva alla Carboneria, ed è possibile che tenesse i collegamenti con altri affiliati del Nord dell’Italia. Da un rapporto del quartier generale della polizia di corte, datato Vienna 6 marzo 1818, si apprende che il cantante fu espulso dal territorio dell’impero per la sua attività antiaustriaca in Italia (ebbe maggior fortuna di Maroncelli, che scontò una lunga condanna nella fortezza dello Spielberg insieme a Silvio Pellico).
Le simpatie politiche di Siboni possono sembrare in contraddizione con le circostanze della sua carriera, considerato che per tutta la vita egli si presentò come suddito fedele e devoto ovunque si recasse: ad esempio, a Vienna aveva stabilito rapporti amichevoli con il principe Giuseppe Francesco Massimiliano Lobkowitz, mecenate di Beethoven e già patrocinatore della prima esecuzione della Creazione nel 1798 (nel settembre del 1811 Siboni aveva partecipato ai lussuosissimi festeggiamenti, anche musicali, del matrimonio della figlia del nobile). Ma negli anni della Restaurazione per poter lavorare nei principali teatri d’Europa era indispensabile una conciliazione, se non una netta separazione, tra gli slanci ideali e l’adattamento alla realtà delle cose (lo stesso Beethoven non poté sottrarsi a siffatti compromessi).
Non a caso Siboni emigrò verso nord: Stoccolma prima, Copenaghen poi, la città dove si stabilì negli ultimi vent’anni di vita, ottenendo la cittadinanza danese. Vi giunse il 16 dicembre 1818, esibendosi in due concerti a corte, indi debuttò nel teatro regio il 13 gennaio 1819, ancora nella Clemenza di Tito e nella Vestale, salutato dalla critica come grande cantante e attore. Pochi giorni dopo ottenne un contratto di dieci anni come direttore della scuola di canto e del teatro, poi prolungato su base vitalizia. Lasciate le scene nello stesso anno, limitandosi negli anni successivi ad apparizioni sporadiche, ebbe per principale incarico la formazione di giovani cantanti che potessero poi esibirsi in quel teatro; ma ebbe anche responsabilità nella scelta del repertorio, che contribuì ad ampliare con opere italiane, francesi e tedesche, scegliendo drammi mai rappresentati in Danimarca e curandone pure l’allestimento. Ingresso libero.